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Frankenstein, o l'umanità allo specchio

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  Come si fa a dire ancora qualcosa su un classico citato e recensito da chiunque? Non ho una risposta, ma posso dire come una rilettura di Frankenstein abbia generato in me queste tre considerazioni in ordine sparso.   1. «Tu sei il creatore, ma io sono il padrone! » Il romanzo in questione è uno specchio in cui l’umanità si riflette: Frankenstein svela la paura del creatore di fronte alla propria opera, un tema ancora attuale, in un tempo in cui le innovazioni tecnologiche sembrano sfuggire al controllo degli ideatori. Ogni invenzione porta con sé il peso di una responsabilità, più o meno grave a seconda del grado di irreversibilità del cambiamento. Victor afferma di essere «il responsabile di mali irreversibili» e di vivere una sincera angoscia al pensiero che la creatura – che definisce «il mostro» – avrebbe potuto compiere enormi misfatti.   2. Il padre di Victor definisce «inutile ciarpame» il trattato di magia De occulta philosophia libri III dell’alchimista Corneli

Salomè nelle arti fino a Jung

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  Salomè era una principessa ebrea, figlia di Erode II e di Erodiade. Nipote di Erode il Grande e figliastra di Erode Antipa, compare nel Nuovo Testamento, dove non viene nominata esplicitamente, e in un passaggio delle Antichità giudaiche (Libro XVIII, Capitolo 5,4) di Flavio Giuseppe. Secondo quest’ultimo, fu prima sposata a uno zio e poi a un cugino, che la rese regina dell’Armenia Minore dopo il 34 d.C.   Le fonti antiche   Nel Vangelo di Marco , emerge che Erodiade nutrisse rancori nei confronti di Giovanni Battista, per aver affermato che il suo matrimonio fosse illegale. La figlia della principessa aveva danzato per Erode Antipa in occasione del suo compleanno, e l’uomo rimase talmente ammaliato da dire: « Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fino alla metà del mio regno. » Confrontatasi con la madre, la donna chiese su un piatto la testa di Giovanni. Il re ne fu dispiaciuto, ma volle mantenere la promessa e mandò un boia a decapitare l’uomo. Il Vangelo di Matteo c

Lord Dunsany e le meraviglie di uomini, eroi e divinità. Parte I

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Il diciottesimo barone di Dunsany nacque a Londra nel 1878, ma venne presto chiamato nell’Irlanda dei suoi antenati. Personalità dalle mille sfaccettature, era appassionato di scacchi, tanto da creare una propria variante del gioco e da inviare enigmi al The Times di Londra; amava la caccia e in giovinezza fu campione di tiro irlandese. Difendeva i diritti degli animali, perlomeno dei cani, opponendosi al taglio della coda allora consueto. Sostenne o presiedette diverse associazioni scacchistiche, culturali, sportive e sociali, tra cui i club di cricket e lo scoutismo. Era una figura ben inserita nel proprio ambiente, con molteplici interessi e la partecipazione a realtà rispettabili come la Royal Geographical Society. Dunsany ricevette un’alta formazione, in luoghi come l’Eton College e il Royal Military College. La sua carriera militare fu lunga e appassionata: prestò regolare servizio fino al 1901, quando venne confermato elettore per i Rappresentanti dei Pari per l’Irlanda alla

Conoscere e capire il Libro Rosso di Jung

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  Scritto tra il 1913 e il 1930, il Liber Novus (o Libro Rosso ) di Carl Gustav Jung è un’opera difficile da definire. Non era stata pensata per la pubblicazione, benché Jung avesse curato l’originale nei minimi particolari, dall’ottima rilegatura alla qualità della carta, fino ai pregevoli disegni, perlopiù nello stile delle miniature dei manoscritti medievali o dei mandala indù. Perché il doppio nome? Il volume nasce da un manoscritto in folio, rilegato in pelle rossa, che Jung aveva titolato Liber Novus . Accessibile al pubblico dal 2009, grazie alla collaborazione degli eredi, venne pubblicato da W. W. Norton in traduzione inglese, con tre appendici e oltre 1.500 note editoriali. Nella Reader’s Edition del 2012, vengono omesse le riproduzioni in facsimile del manoscritto calligrafico originale e l’edizione, che include il testo completo, presenta un’introduzione e le note di Sonu Shamdasani.   L’originale si sviluppò a partire dai Libri Neri , taccuini scritti nel periodo

La tragedia matematica in Stella Maris di Cormac McCarthy

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  Alcuni hanno definito The Passenger e Stella Maris come un dittico, ma a ben guardare ciò è vero fino a un certo punto. Le due storie condividono elementi in comune, a livello di trama, ma lo stile è in parte diverso e le due storie possono essere lette in maniera indipendente l’una dall’altra. Né Stella Maris completa o risolve dubbi e perplessità emersi in The Passenger . E va bene così.   Il libro è scandito dai sette dialoghi tra lo psichiatra Robert Cohen e la paziente Alicia Western (il cui vero nome era Alice, poi cambiato tramite documenti falsi), la quale ha scelto volontariamente di entrare nell’istituto psichiatrico Stella Maris, a Black River Falls, Wisconsin. Nel 1972, a vent’anni, Alicia vi entra per la terza volta. In precedenza, le era stata diagnosticata una schizofrenia paranoide, caratterizzata da ripetuti tentativi di suicidio e da vive allucinazioni (su tutte, il Talidomide Kid e, infine, l’Arcathron). La diagnosi non rinchiude Alicia in un’etichetta,

La torre di Bae Myung-hoon

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  Copertina di Lucrezia Viperina per ADD Editore, nell'edizione del 2022 Bae Myung-Hoon, classe 1978, è uno degli scrittori di fantascienza più famosi della Corea del Sud, con molteplici romanzi e raccolte di racconti all’attivo. La torre è un’opera risalente al 2009, edita in Italia da ADD nel 2022, con la traduzione di Lia Iovenitti. Il libro appartiene a quel filone narrativo ambientato in poderosi edifici-mondo, che trova dei precursori in The World Inside  (1971) di Robert Silverberg e in High-Rise (1975) di J. G. Ballard. Come in quest’ultimo caso, siamo di fronte a un romanzo sociale, benché il libro di Myung-hoon sia una raccolta di racconti con un’ambientazione condivisa e alcuni collegamenti minori. Nella sua torre, denominata Beanstalk, si trovano quelle atmosfere a cui ci siamo abituati, solo di recente, con serie tv come Squid Game e film come Parasite e Everything Everywhere All at Once (che però è una storia di cinesi immigrati e non di coreani). Vi è infatti un