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Westworld. Un commento alla seconda stagione

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La prima stagione di Westworld era quasi un’opera a sé, un lunghissimo film dai molteplici risvolti esistenziali, che però apriva le porte a nuovi scenari e a nuove questioni che nel peggiore dei casi possono dirsi filosofiche e altrimenti, di nuovo, esistenziali. Il sottotitolo della seconda stagione, invece, era non a caso The Door , dopo che la serie aveva sviscerato il significato del labirinto in molte sue implicazioni, non solo culturali e citazioniste (che sarebbe forse poca cosa), ma soprattutto simboliche. Nel secondo episodio, emblematica è la doppia visione, iniziale e finale, della metropoli notturna e del cantiere in costruzione nel deserto di giorno. Per utilizzare e reinterpretare la terminologia di William, si tratta di un’immagine speculare del desiderio dell’Uomo e della macchina, quest’ultima riflesso di un desiderio “primitivo” e “panico” di vivere, che non conosce limiti e sentimenti decadenti. Ma in tutto questo, il confronto – che è di nece...