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Salomè nelle arti fino a Jung

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  Salomè era una principessa ebrea, figlia di Erode II e di Erodiade. Nipote di Erode il Grande e figliastra di Erode Antipa, compare nel Nuovo Testamento, dove non viene nominata esplicitamente, e in un passaggio delle Antichità giudaiche (Libro XVIII, Capitolo 5,4) di Flavio Giuseppe. Secondo quest’ultimo, fu prima sposata a uno zio e poi a un cugino, che la rese regina dell’Armenia Minore dopo il 34 d.C.   Le fonti antiche   Nel Vangelo di Marco , emerge che Erodiade nutrisse rancori nei confronti di Giovanni Battista, per aver affermato che il suo matrimonio fosse illegale. La figlia della principessa aveva danzato per Erode Antipa in occasione del suo compleanno, e l’uomo rimase talmente ammaliato da dire: « Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fino alla metà del mio regno. » Confrontatasi con la madre, la donna chiese su un piatto la testa di Giovanni. Il re ne fu dispiaciuto, ma volle mantenere la promessa e mandò un boia a decapitare l’uomo. Il Vangelo di Matteo c

Abraxas dallo Gnosticismo a Jung

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  Nel sistema dello gnostico Basilide, la parola Abraxas, o Abrasax, viene applicata al Grande Arconte ( megas archon ), il prìncipe delle 365 sfere ( ouranoi ), che corrisponde al valore numerico delle sette lettere greche che compongono il nome ( ΑΒΡΑΣΑΞ ), secondo le regole dell’isosefia: Α = 1; Β = 2; Ρ = 100; Α = 1; Σ = 200; Α = 1; Ξ = 60. Basilide visse nel II secolo d.C. e diede vita a un culto gnostico correlato all’adorazione di un dio solare. Egli considerava Abraxas la divinità suprema, fonte delle emanazioni divine, tuttavia, a causa della segretezza dei basilidiani e della censura a cui furono sottoposti con il Concilio di Nicea, oggi è diventata un’entità sfuggente. Le speculazioni fanno di Abraxas un dio egizio, o un demone. L’umanista Claudio Salmasio non fornì le prove di questa attribuzione egizia, mentre il teologo Johann Joachim Bellermann lo riteneva un composto delle parole abrak e sax , che significherebbero “la parola onorevole e sacra”. Altri hanno propo

La lunga marcia del proibizionismo statunitense

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  Il 17 gennaio 1920, entrava in vigore negli Stati Uniti il XVIII Emendamento alla Costituzione, che vietava di vendere, importare e produrre bevande che avessero un tasso alcolico superiore allo 0,5%. Era iniziata l’era del proibizionismo, che riguardava non solo gli Stati Uniti, ma, in forme più o meno severe, anche nazioni come il Canada, la Gran Bretagna e i Paesi scandinavi.     Prodromi   La piaga dell’alcolismo imperversava negli Stati Uniti almeno dalla prima metà dell’Ottocento. Senza particolari distinzioni di età o di ceto sociale, sia donne che uomini bevevano in media più di altre parti del mondo. In alcune città, esisteva una vera e propria pausa alcolica dei lavoratori, il “grog time”, sancita dalle campane delle 11 del mattino e delle 4 del pomeriggio. La drinking culture è un insieme di comportamenti sociali e di tradizioni che riguardano il consumo di bevande alcoliche per motivi ricreativi. L’esempio statunitense offre molte informazioni agli studiosi,

Lord Dunsany e le meraviglie di uomini, eroi e divinità. Parte I

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Lord Dunsany Il diciottesimo barone di Dunsany nacque a Londra nel 1878, ma venne presto chiamato nell’Irlanda dei suoi antenati. Personalità dalle mille sfaccettature, era appassionato di scacchi, tanto da creare una propria variante del gioco e da inviare enigmi al The Times di Londra; amava la caccia e in giovinezza fu campione di tiro irlandese. Difendeva i diritti degli animali, perlomeno dei cani, opponendosi al taglio della coda allora consueto. Sostenne o presiedette diverse associazioni scacchistiche, culturali, sportive e sociali, tra cui i club di cricket e lo scoutismo. Era una figura ben inserita nel proprio ambiente, con molteplici interessi e la partecipazione a realtà rispettabili come la Royal Geographical Society. Dunsany ricevette un’alta formazione, in luoghi come l’Eton College e il Royal Military College. La sua carriera militare fu lunga e appassionata: prestò regolare servizio fino al 1901, quando venne confermato elettore per i Rappresentanti dei Pari per l’

Conoscere e capire il Libro Rosso di Jung

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  Scritto tra il 1913 e il 1930, il Liber Novus (o Libro Rosso ) di Carl Gustav Jung è un’opera difficile da definire. Non era stata pensata per la pubblicazione, benché Jung avesse curato l’originale nei minimi particolari, dall’ottima rilegatura alla qualità della carta, fino ai pregevoli disegni, perlopiù nello stile delle miniature dei manoscritti medievali o dei mandala indù. Perché il doppio nome? Il volume nasce da un manoscritto in folio, rilegato in pelle rossa, che Jung aveva titolato Liber Novus . Accessibile al pubblico dal 2009, grazie alla collaborazione degli eredi, venne pubblicato da W. W. Norton in traduzione inglese, con tre appendici e oltre 1.500 note editoriali. Nella Reader’s Edition del 2012, vengono omesse le riproduzioni in facsimile del manoscritto calligrafico originale e l’edizione, che include il testo completo, presenta un’introduzione e le note di Sonu Shamdasani.   L’originale si sviluppò a partire dai Libri Neri , taccuini scritti nel periodo