Lord Dunsany e le meraviglie di uomini, eroi e divinità. Parte I



Il diciottesimo barone di Dunsany nacque a Londra nel 1878, ma venne presto chiamato nell’Irlanda dei suoi antenati. Personalità dalle mille sfaccettature, era appassionato di scacchi, tanto da creare una propria variante del gioco e da inviare enigmi al
The Times di Londra; amava la caccia e in giovinezza fu campione di tiro irlandese. Difendeva i diritti degli animali, perlomeno dei cani, opponendosi al taglio della coda allora consueto. Sostenne o presiedette diverse associazioni scacchistiche, culturali, sportive e sociali, tra cui i club di cricket e lo scoutismo. Era una figura ben inserita nel proprio ambiente, con molteplici interessi e la partecipazione a realtà rispettabili come la Royal Geographical Society.

Dunsany ricevette un’alta formazione, in luoghi come l’Eton College e il Royal Military College. La sua carriera militare fu lunga e appassionata: prestò regolare servizio fino al 1901, quando venne confermato elettore per i Rappresentanti dei Pari per l’Irlanda alla House of Lords. Due anni prima, alla morte del padre, ne aveva ereditato il titolo. Tornò a imbracciare le armi, come sottotenente nelle Coldstream Guards, durante la seconda guerra boera; fu volontario nella prima guerra mondiale e venne nominato capitano dei Royal Inniskilling Fusiliers. Durante il conflitto, allo scoppio della Rivolta di Pasqua del 1916, si recò a Dublino, dove venne ferito da un proiettile che si conficcò nel cranio. L’Irlanda, ancora una volta, lo richiamava a sé, con un ammonimento.

Nella seconda fase della Grande Guerra, fece l’istruttore e scrisse materiale di propaganda per il War Office con una sezione dell’aMI7. Ormai in età avanzata, si arruolò, nella seconda guerra mondiale, nella Irish Army Reserve e nella British Home Guard, le forze di difesa locali dei due Paesi. Nel corso della guerra d’indipendenza irlandese, Dunsany venne accusato di aver violato il provvedimento sul ripristino dell’ordine in Irlanda: la corte marziale lo processò nel 1921, giudicandolo colpevole per le armi e le munizioni detenute e costringendolo a pagare 25 sterline per non finire in prigione.

 

Dunsany fu prima di tutto un grande lettore, in possesso di una ricca biblioteca familiare. E fu un sostenitore di compagnie teatrali, anche piccole e locali, come a Sevenoaks. Negli anni, divenne membro di importanti società come la Royal Society of Literature e la Authors’ Society, che presiedette al pari della Shakespeare Reading Society, quest’ultima dal 1938 alla morte.

Venne coinvolto indirettamente nel revival letterario irlandese, data la sua amicizia con Lady Gregory e W. B. Yeats (che curò una sua raccolta di opere nel 1912) e al sostegno dell’Abbey Theatre. Divenne membro dell’Accademia irlandese di lettere, fondata proprio da Yeats, e il suo contributo alle lettere venne riconosciuto con una laurea ad honorem dal Trinity College di Dublino. Aveva inoltre contatti con altri intellettuali, tra cui George Bernard Shaw, H. G. Wells e Rudyard Kipling.

La sua carriera letteraria iniziò alla fine degli anni Novanta dell’Ottocento. La prima raccolta di racconti, The Gods of Pegāna, venne pubblicata a sue spese e Dunsany guadagnava una commissione sulle vendite. Le prime opere erano ambientate nel mondo di Pegāna, rappresentato dalla mano di Sidney Sime fino al 1922. La raccolta di racconti The Book of Wonder (1912) fu un passo in avanti significativo rispetto ai primi racconti forse più ingenui. Compare infatti una sottile autoironia, che verrà in seguito consacrata dal personaggio di Jorkens. La raccolta del 1912 segnò anche un deciso passaggio agli scritti teatrali. Dunsany si occupò anche di rappresentazioni da camera e di produzioni radiofoniche, sempre alla ricerca delle migliori potenzialità di una determinata forma di scrittura. Non rinunciò nemmeno alla creazione di poesie, forse la parte meno considerata della sua produzione.

In merito ai romanzi, Dunsany li sviluppò negli anni Venti. Il primo fu Don Rodriguez: Chronicles of Shadow Valley (1922), a cui seguirono The King of Elfland’s Daughter (1924) e The Charwoman’s Shadow (1926), che torna all’ambiente spagnolo e allo stile leggero del primo romanzo.

 

Nel 1919, si segnala il primo tour letterario negli Usa. Fu in questa occasione che conobbe H. P. Lovecraft, il quale rimase molto influenzato dai suoi scritti. Ci furono ulteriori viaggi fino agli anni Cinquanta, in particolare in California. Dunsany si dedicò anche all’insegnamento. Nel 1940, venne nominato professore di inglese all’Università di Atene, poi svolse un ruolo analogo a Istanbul. Fu evacuato l’anno successivo, a causa dell’invasione nazista della Grecia: sia il viaggio di andata che quello di ritorno costituirono una rocambolesca avventura, raccontata nella lunga poesia A Journey, in 5 Cantos. Nel secondo dopoguerra, visitò meno spesso l’Irlanda e trascorse le sue giornate nel Kent, alla Dunstall Priory, e a Londra.

Dunsany fu uno scrittore prolifico, con decine di libri pubblicati in vita, dalla narrativa alla saggistica. Il culmine della sua carriera è rintracciabile negli anni Dieci. La sua eredità letteraria lo rende uno dei padri, o, meglio, dei nonni del genere fantasy.

Lord Dunsany, ovvero Edward John Moreton Drax Plunkett, si spense nel 1957 a Dublino, all’età di settantanove anni. L’Irlanda, infine, si era impadronita del suo scrittore, colpito non in un’eroica battaglia, ma da una più prosaica appendicite.

L’eredità letteraria venne gestita dalla moglie, Lady Beatrice Child Villiers, con la quale ebbe il loro unico figlio, Randal. La donna sosteneva la sua attività di scrittore; leggeva e selezionava le opere migliori per la pubblicazione e contribuiva alla battitura dei manoscritti. Curò, per esempio, la raccolta retrospettiva di racconti del 1954. Lady Beatrice raccontò che il marito fosse solito scrivere racconti seduto su un vecchio cappello spiegazzato e si narra che, quando il cappello venne rubato da un visitatore, non scrisse più che bozze. Un bel racconto, degno di tante avventure ironiche dei suoi personaggi immaginari. Dunsany scriveva con una penna d’oca che aveva creato, ma le idee giungevano spesso alla mente da attività animate come la caccia. La sua fu una vita attiva, che si rispecchia del tutto tra le pagine, in cui la realtà è sostituita dalla fantasia, e non perde mai il suo legame vitale, talvolta problematico, con l’esistenza quotidiana.

 

Le influenze di Lord Dunsany riflettono la sua mentalità curiosa e anche l’estrazione sociale. Studiò greco e latino, appassionandosi alle storie degli dèi e provando pietà per il modo in cui erano stati dimenticati.

In giovinezza, lesse con assiduità la Bibbia di Re Giacomo, il cui stile emerge soprattutto nelle opere di argomento cosmogonico. Nella biblioteca del castello secolare, si trovava un’ampia collezione di opere classiche e di enciclopedie, ma non mancavano documenti parlamentari e i più recenti libri illustrati vittoriani. Sembra che anche un racconto del padre, ambientato nell’antico Egitto, contribuì al suo interesse per gli scenari esotici. In tal senso, fu importante la lettura delle opere di Kipling ambientate in India, ma anche lo spettacolo teatrale The Darling of the Gods (1902), scritto da David Belasco e John Luther Long e collocato in un Giappone immaginario. L’idea di una terra remota e inesplorata si rafforza poi con la lettura di The Well at the World’s End (1896) di William Morris. Non meno importanti, infine, le fiabe dei fratelli Grimm e le opere di Hans Christian Andersen e di Edgar Allan Poe.

Nella vita di Dunsany, tuttavia, non c’erano soltanto le opere di fantasia o le ispirazioni derivate dalle sue attività. Egli era un appassionato di musica, tanto da intitolare una sua opera teatrale The Seventh Symphony, in onore dell’omonima sinfonia di Beethoven. Il compositore torna peraltro in uno degli ultimi racconti con il personaggio di Jorkens, in cui si fa riferimento alla decima sinfonia mai completata.

 

È infine complesso ricostruire la fitta rete di scrittori che, a loro volta, vennero influenzati da Dunsany. Tra questi c’è di certo Lovecraft: il suo “Ciclo dei Sogni”, la cosmogonia e la figura del dio Azathoth sono tutti in debito con Dunsany, tanto da far scrivere al Solitario di Providence: «Ci sono i miei pezzi di “Poe” e i miei pezzi di “Dunsany”, ma, ahimé, dove sono i miei pezzi di Lovecraft?» (Lettera a Elizabeth Toldridge, 8 marzo 1929)

Proprio nella corrispondenza con Lovecraft, un altro scrittore, Robert E. Howard, autore del ciclo di Conan il Barbaro, citava Dunsany tra i suoi scrittori preferiti. Un altro ammiratore fu Clark Ashton Smith, come si può notare, per esempio, nelle opere del ciclo di Iperborea.

Il rapporto con J. R. R. Tolkien mi sembra invece di reciprocità. Pare che Tolkien regalò a Clyde S. Kilby una copia di The Book of Wonder quando questi si preparava a collaborare allo sviluppo dell’edizione del Silmarillion degli anni Sessanta. Tolkien dava importanza soprattutto ai racconti Chu-Bu e Sheemish e The Distressing Tale of Thangobrind the Jeweller.

In tempi più recenti, l’influenza di Dunsany si trova, per esempio, nelle opere del regista Guillermo del Toro e dello scrittore e fumettista Neil Gaiman.

Sul piano della critica letteraria, Jorge Luis Borges ebbe un occhio di riguardo per la sua opera, includendo il racconto The Idle City nell’Antología de la Literatura Fantástica (1940) e citando il testo Carcassonne, nel saggio Kafka e i suoi precursori, come una storia che presagiva o affiancava i temi dello scrittore ceco.

Arthur C. Clarke, autore del ciclo di Odissea nello spazio, mantenne con Dunsany una corrispondenza epistolare dal 1944 al 1956: venne influenzato dallo scrittore e scrisse saggi sulle sue opere. Rimanendo alla saggistica, Ursula K. Le Guin scrisse From Elfland to Poughkeepsie, un’analisi sullo stile nel fantasy, in cui l’autrice sottolinea come i giovani scrittori tentino invano di imitare Dunsany nelle loro prime opere del genere.


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