Racconto. Le mie vite future
Cerco un’immagine di futuro che sia da film. E non mi basta. Ogni volta che accendo l’OPSIS vengo proiettato in un futuro che è ragionevolmente possibile, ma che non mi appaga mai. Forse perché, da quando la rete è diventata la nostra realtà ipotetica, non riusciamo più ad accettare la realtà concreta. Sin dall’era dei primi dispositivi fotografici, dell’alta definizione, abbiamo abituato i nostri sensi ad andare ben oltre la perfezione della natura, ben oltre noi stessi. Ed ogni volta che utilizziamo l’OPSIS per vivere la nostra ennesima esistenza non ci rendiamo conto di nulla. Almeno finché non usciamo di casa e ci troviamo di fronte a quegli orribili colori sbiaditi. Dove abito io, ogni giorno, verso le dieci del mattino, si materializza l’autostrada che da Nouv-Lyon porta al cratere Mandel’shtam. La chiamano “la cicatrice”, un termine che indicava il segno che rimaneva sulla pelle dopo aver subìto alcuni traum