Impronte di classici I

 

Sir John Lavery, Alice (1919)

La rubrica Impronte di classici si propone di commentare i classici della letteratura.

Non si tratta di recensioni, bensì di impressioni, utili a fornire un rapido sguardo d’insieme sulle opere e ad evidenziarne alcuni aspetti. L’obiettivo è offrire ai lettori una sintesi ed eventualmente sollecitarne o disincentivarne la lettura.

Nella rubrica di oggi parlo di cinque libri: Paradise Lost di J. Milton, Aphorisms di O. Wilde, White Fang di J. London, The Colour Out of Space di H. P. Lovecraft, The Doors of Perception di A. Huxley.

Per queste e altre impressioni di classici – e non solo – mi trovate anche su Goodreads (qui).

 

John Milton, Paradise Lost (Paradiso perduto, 1667)

 

Gustave Doré, La caduta di Lucifero (1866)

Opera capitale della letteratura inglese, il Paradiso perduto ha diverse chiavi di lettura, a partire dalla doppia analisi letteraria e teologica.

Nel primo caso, la scrittura di Milton è innovativa per il suo tempo; lo stile è influenzato dalla letteratura greco-latina, italiana e non solo, con inevitabili riferimenti biblici. Il tema stesso è una novità: per quanto la vicenda sia già nota a chiunque, Milton riesce a tenere desta l’attenzione, con aneddoti, curiosità, particolari che restituiscono la grande immaginazione di questo scrittore (in questo senso, la traversata di Satana nel Caos è magistrale). D’altra parte, è anche possibile un’analisi teologica e qui il lettore interessato potrà trovarsi d’accordo o meno con la prospettiva miltoniana.

L’opera è divisa in dodici libri, il cui contenuto è ben distinto e funzionale alle intenzioni dell’autore: l’azione serrata si alterna ai momenti meditativi, e benché vi siano parti meno ispirate o didascaliche, la poesia di Milton raggiunge vette rare nella letteratura mondiale, dalle ampie parti descrittive alle fulminee sentenze.

 

Oscar Wilde, Aphorisms (Aforismi, 1901)

 

Napoleon Sarony, Oscar Wilde disteso con 'Poems' (1882)
 

Wilde morì nel 1900; un anno dopo, l’esecutore testamentario Robert Ross diede alle stampe la raccolta Aphorisms, firmata con il nome Sebastian Melmoth, uno pseudonimo utilizzato proprio da Wilde. La storia travagliata delle varie edizioni di questi aforismi meriterebbe un’analisi a parte e riguarderebbe non solo aspetti filologici e di autenticità, ma anche gli opportunismi di chi volle guadagnare su questi componimenti.

Oscar Wilde li scrisse nel corso di tutta l’esistenza e rappresentano oggi la sua più nota forma espressiva, purtroppo ripresa e abusata sui social per la sua modernità, fatta di colpi di scena, brevità e distinzione sociale.

L’autore dipinge uno spaccato della propria epoca in maniera ironica, talvolta sarcastica, altre giocosa. Non risulta tuttavia mai davvero eversivo, perlomeno negli esiti, forse consapevole del fatto che una società cambi nelle forme, ma non muti mai nella propria essenza, in questo caso aristocratico-borghese.

Egli – il dandy – veste l’abito del mattatore, ma anche del beffeggiatore di corti e di salotti; ma alla fine la società assorbe la sua diversità e la fa rientrare nei canoni, fino alla più recente commercializzazione. E allo scrittore acuto, ironico e arguto si affianca quello decadente, disilluso e profondamente sepolcrale.

 

Jack London, White Fang (Zanna Bianca, 1906)

 

Illustrazione dell'opera di Charles Livingston Bull (1906)
 

Uno di quei classici ingiustamente relegato a narrativa per l’infanzia. Zanna Bianca è una lettura per tutte le età, da leggere se possibile nell’edizione integrale.

L’analisi compiuta da Jack London si estende dall’umano al regno animale e viceversa, inserendo il primo all’interno di una natura che già all’epoca cominciava ad essere vista come estranea. Immersi nel profondo Nord, in un ambiente ostile e selvaggio, uomini e animali si trovano a lottare per la sopravvivenza, ad apprezzare le piccole gioie – guadagnate o concesse dalla natura – e a riscoprire la semplicità dei sentimenti.

Le descrizioni di Zanna Bianca, esteriori ed emotive, restituiscono un’immagine non stereotipata, fortemente sentita dallo scrittore, e risulta essere forse la più bella storia scritta fino ad allora con protagonista un animale. In certi aspetti superiore anche al Moby Dick di Melville.

 

H. P. Lovecraft, The Colour Out of Space (Il colore venuto dallo spazio, 1927)

 

Illustrazione dell'opera di Ludvik Skopalik (2012)

Ho letto Lovecraft sia in italiano che in inglese e ho riscontrato sempre lo stesso problema, forse condiviso da altri suoi lettori. Da un lato, si resta affascinati dall’immaginazione inconsueta di questo scrittore, dall’incredibile numero di idee, spesso seminali per generi come l’horror e la fantascienza. Dall’altro, uno stile di scrittura particolare, senza compromessi, che può piacere o essere detestato.

Anche nel caso del racconto The Colour Out of Space è facile apprezzare le descrizioni degli ambienti, le parti che adottano una prosa poetica (che risultano le più ispirate) e l’affastellamento di idee nuove e suggestioni. Ma molte, forse troppe pagine sono arricchite da uno stile tardo-barocco, ibrido, che alla lunga appesantisce il testo senza restituire almeno il senso di una funzione.

 

Aldous Huxley, The Doors of Perception (Le porte della percezione, 1954)

 

La copertina della prima edizione inglese, ad opera di John Woodcock

Un libro fondamentale per conoscere il pensiero di Huxley, da affiancare alla lettura di un altro suo saggio, La filosofia perenne.

Benché sia stato scritto oltre mezzo secolo fa, è un saggio che presenta ancora interessanti analisi, sia soggettive che oggettive (queste ultime riprese da studi dell’epoca). Risulta inoltre un documento importantissimo per comprendere più a fondo la cultura hippie, che da questi due testi prese grande ispirazione.

In merito allo stile, Huxley si distingue sempre per chiarezza e sinteticità, tratti ancora più apprezzabili di fronte a un argomento che nelle parti scientifiche potrebbe risultare sterile a un lettore comune.


Nota: per il successivo episodio della rubrica, si veda qui. Su questo blog si trova anche la rubrica Letture commerciali, dedicata alle impressioni riguardanti i libri di successo pubblicati dal 2000 ad oggi (qui il primo post).

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