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Visualizzazione dei post da aprile, 2014

Oculus. Il paranormale che non si rinnova

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Da gennaio, dopo Carrie , attendevo un film che potesse risollevare le sorti dell’horror, dal momento che questo genere si è ormai rinchiuso nelle possessioni più o meno demoniache, scopiazzando qua e là i modelli del passato e creando una sintesi deludente. Oculus , purtroppo, non è escluso da questo quadro d’insieme. Tralasciamo il continuo salto temporale tra passato e presente dei due fratelli, proposto in maniera fin troppo sequenziale, senza svelare nulla che lo spettatore già non sappia: è tutta colpa dello specchio. Un vecchio, vecchissimo specchio comprato da uno sviluppatore di software, tale Alan Russell, che invece di riempire il proprio studio con qualche cosa che si addica al suo lavoro, decide di darsi all’antiquariato. De gustibus. Andiamo oltre. Assistiamo, nel corso della pellicola, ad una trasformazione del padre (o meglio ancora, della madre), sulla scia del cambiamento di carattere di Jack Torrance i

Racconto. Le mie vite future

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Cerco un’immagine di futuro che sia da film. E non mi basta. Ogni volta che accendo l’OPSIS vengo proiettato in un futuro che è ragionevolmente possibile, ma che non mi appaga mai. Forse perché, da quando la rete è diventata la nostra realtà ipotetica, non riusciamo più ad accettare la realtà concreta. Sin dall’era dei primi dispositivi fotografici, dell’alta definizione, abbiamo abituato i nostri sensi ad andare ben oltre la perfezione della natura, ben oltre noi stessi. Ed ogni volta che utilizziamo l’OPSIS per vivere la nostra ennesima esistenza non ci rendiamo conto di nulla. Almeno finché non usciamo di casa e ci troviamo di fronte a quegli orribili colori sbiaditi. Dove abito io, ogni giorno, verso le dieci del mattino, si materializza l’autostrada che da Nouv-Lyon porta al cratere Mandel’shtam. La chiamano “la cicatrice”, un termine che indicava il segno che rimaneva sulla pelle dopo aver subìto alcuni traum