Post

Visualizzazione dei post da dicembre, 2021

Don't Look Up. Cronaca di una morte annunciata

Immagine
  Partiamo dal presupposto che adoro i film catastrofici e che ne ho visti a non finire. Con Don’t Look Up , diretto da Adam McKay, siamo di fronte a un caso di catastrofismo mescolato alla comicità, sul modello de Il dottor Stranamore (1964). Una comicità corrosiva, che definirei 'rassegnata' e che i personaggi si trovano a esprimere in modo quasi involontario. Ho trovato un’affinità con gli ultimi due libri che ho pubblicato, proprio su questo punto, benché in chiave drammatica. Da tanto tempo sono infatti sorpreso dalla leggerezza e dalla superficialità con cui l’umanità affronta i grandi temi, sia come specie che come singolo individuo. L’unica parola che calza a pennello per definire le azioni umane in risposta alle crisi è ‘stupidità’. Che nasce da diversi fattori, come una scarsa coscienza civica, una debole educazione, un marcato egoismo alimentato dalla società dei consumi, la sempreverde sete di potere. Don’t Look Up esce in un momento storico particolare, in c

Spontaneità e visibilità sui social

Immagine
  La recente lettura di un manuale di comunicazione creativa, citato in nota, mi ha spinto a prendere in considerazione alcuni aspetti della comunicazione sui social, e non solo.   Un punto centrale del manuale riguarda la ricerca del target emotivo. L’obiettivo è comprendere che cosa provi e pensi il potenziale cliente (19). In altre parole, non risulta importante ciò che la persona sia, ma l’immagine di quello che vorrebbe essere (23-24). La gratificazione del cliente è necessaria affinché segua con partecipazione, consumi e diventi dipendente da un prodotto, sia esso una persona brandizzata, un’idea o un oggetto fisico. Individuare il target emotivo è quindi un passo imprescindibile per poter sviluppare una comunicazione efficace. Nel modello proposto dal manuale, però, il prodotto finisce per adeguarsi al cliente: si riscrive il messaggio, smussandone gli angoli, ritagliandolo su misura sul cliente, fino a quando viene meno qualsiasi mismatch tra la propria opinione e quella degl

Qual è l'album più compiuto di Fabrizio De André?

Immagine
Premessa fondamentale. Nelle storie del mio IG, mi sono messo alla ricerca dell’album più riuscito di Fabrizio De André, ascoltando anche altre opinioni. Suggerivo di restringere il campo almeno a sette dischi, riportati di seguito. Dal confronto ho appurato due cose: la prima è che tutti hanno convenuto su uno dei sette selezionati; la seconda è che la maggioranza abbia indicato  Non al denaro non all’amore né al cielo  come preferito. Pur non avendo alcun valore statistico, questa è stata la mia esperienza. Ora, in estrema sintesi, dirò la mia e utilizzerò una valanga di più per provare a definire il migliore album del cantautore genovese, per quanto ciò possa valere al netto di una carriera incredibile, in cui a contare sono anche molteplici singoli.   Partiamo da Rimini (1978). Il più nostalgico. Album riuscito, sebbene sia anche quello con meno innovazioni strumentali e con un legame interno dei testi più fragile. Tale aspetto è ben esemplificato dal brano Zirichiltaggia (