Il codice di vita di Jeff Bezos

 


Secondo appuntamento della rubrica Sistema e potere (RSEP), una selezione di saggi, biografie e studi incentrati sui temi della ricchezza e del potere. Si indaga come le società odierne li gestiscano nei propri sistemi e come ciò interagisca con la globalizzazione in senso positivo e negativo.

La rubrica propone ai lettori compendi e analisi di opere scritte su questi argomenti da parte di economisti, politici, miliardari, scienziati, sociologi e intellettuali in generale.

L’obiettivo è sensibilizzare le persone sui pericoli dei cambiamenti climatici, sul crescente divario tra ricchi e poveri, sulle disuguaglianze alimentate dalla grande finanza. Lo scopo, però, è anche mostrare alcune possibili soluzioni a questi e altri problemi.


Introduzione


Questo è il secondo post su un libro scritto da un miliardario, dopo il saggio sul clima di Bill Gates (che trovate spiegato qui). In questo caso farò una sorta di compendio di Inventa & sogna. Il mio codice di vita di Jeff Bezos, pubblicato in Italia da Sperling & Kupfer (2021, titolo originale: Invent and Wander. The Collected Writings of Jeff Bezos). Non dirò ovviamente ogni particolare, per cui si rimanda alla lettura integrale dell’opera. Perché dunque questa attenzione per i libri scritti da miliardari? L’idea è che dovremmo tenerci informati su quello che pensano – o che vogliono far trasparire su di loro – le persone più potenti del mondo. Le loro scelte influenzano le vite di milioni, talvolta miliardi di individui: perché non chiedersi quali princìpi li guidino in tali decisioni?

 

La prefazione dell’opera biografica è del noto giornalista e scrittore Walter Isaacson, già autore nel 2011 di una biografia autorizzata di Steve Jobs. La prefazione assume troppo i contorni di un panegirico di Bezos, per essere creduta fino in fondo, e si basa quasi interamente sul testo dell’imprenditore. Isaacson unisce in un unico filo conduttore Leonardo da Vinci, Einstein, Jobs e Bezos, quali interpreti della necessità di unire arte e scienza per poter trasformare la tecnologia in qualcosa che faccia emozionare l’essere umano [p. 2].

Il testo prosegue rievocando gli inizi di Amazon, con Jeff e l’allora moglie, MacKenzie Scott, che si occupavano dello smistamento degli ordini, dell’imballaggio e della consegna all’ufficio postale. Nel descrivere la preparazione dei pacchi, in ginocchio, viene rievocato l’ambiente del garage, che è ormai divenuto un topos nel racconto delle vite dei miliardari formatisi nel secondo Novecento (tra cui lo stesso Bill Gates) [p. 13].

Isaacson individua infine i cinque insegnamenti di Bezos che ritiene più importanti: l’attenzione per il lungo termine (che non tiene troppo in considerazione le reazioni immediate di Wall Street e si concentra soprattutto sul free cash flow, il flusso di cassa disponibile per azione); la concentrazione costante e appassionata sul cliente; il rifiuto per le presentazioni in PowerPoint e basate sulle slide (in favore di un promemoria-racconto da leggere in silenzio a ogni riunione dei dirigenti); l’interesse per le decisioni davvero importanti (prenderne poche in un anno, ma di grande peso); l’assunzione delle persone giuste.

 

Lettere agli azionisti. La storia di Amazon vista da Amazon


Il saggio dell’imprenditore è poi suddiviso in due parti. La prima è intitolata Lettere agli azionisti e ripropone esattamente le lettere annuali agli azionisti, dal 1997 al 2019, nelle quali è possibile notare la progressiva espansione dell’azienda, pur in un testo che risulta spesso ridondante da leggere per la ripetitività dei contenuti.

Nel 1997, Bezos definì internet un «World Wide Wait, una sala d’aspetto planetaria», in cui i consumatori erano in attesa di qualcosa di nuovo [p. 38]. Egli riconobbe subito che l’opportunità di crescita della sua azienda non fosse limitata dalla dimensione del mercato, dal momento che la tecnologia migliorava a un ritmo eccezionale. Un’occasione senza precedenti, che si apriva a cambiamenti come il collegamento permanente, che nelle sue previsioni avrebbe stimolato lo shopping online da casa e non solo da ufficio [p. 57].

Amazon aveva l’obiettivo di offrire la novità di cui gli utenti della rete erano in attesa (spesso inconscia), a partire dalla vendita dei libri. Già allora la selezione di titoli era molto maggiore di quella dei negozi tradizionali e il sito, user friendly, permetteva un acquisto a ogni ora. Forse fa strano pensare a questi servizi alla fine degli anni Novanta, almeno qui in Italia, dove non erano per niente diffusi, eppure la storia di Amazon trova qui le sue radici.

Nei risultati salienti del 1998, le vendite erano incrementate del 313% rispetto all’anno precedente, per un totale di 610 milioni di dollari; gli account erano aumentati del 300% dall’anno precedente, per un totale di 6,2 milioni; il nuovo mercato del Regno Unito e della Germania aveva portato ad Amazon il 25% delle vendite nel quarto trimestre dell’anno [p. 43].

Uno dei punti fissi di Bezos era (ed è) «costruire l’azienda più clientecentrica al mondo» [p. 45]. Negli obiettivi per il 1999, egli segnalava: l’implemento della capacità distributiva e dei sistemi; la promessa del brand, ovvero la promozione e la fidelizzazione; l’ampliamento dell’offerta di prodotti e servizi; la solidità della squadra e dei processi decisionali [pp. 47-48].

 

Il 2000 fu un anno complicato: la lettera agli azionisti cominciava con un significativo «Ahia», poiché – a causa dello scoppio della bolla speculativa delle Dot-com – le azioni dell’azienda erano scese di oltre l’80% rispetto all’anno precedente. Eppure Amazon si trovava in una posizione di forza, perché vari parametri erano in crescita, tra cui le vendite e l’utile lordo, incrementato in un anno del 125% [p. 58].

Nel 2001, l’azienda continuò a ridurre i prezzi di prodotti come i libri, spalmando i costi fissi su una base più vasta di vendite, riducendo i costi per unità [p. 63]. La differenza con le librerie tradizionali era notevole. Nel 2002, Amazon raccolse i dati sui prezzi dei cento titoli più venduti in alcuni negozi di Seattle e di New York. Il risultato era che il costo complessivo dei cento best seller di quei negozi era di 1.561 dollari, contro i 1.195 di Amazon, per un risparmio del 23%. Solo in tre casi i negozi esaminati avevano prezzi inferiori al sito e subito l’azienda li abbassò [p. 72].

Nel 2006, Bezos parlò dello sviluppo di nuovi business: i nuovi investimenti dovevano prospettare un rendimento come quello a cui aspiravano i primi investitori di Amazon. Inoltre, doveva esserci la certezza che il nuovo business diventasse di rilievo nell’azienda, per cui si doveva cercare un settore del mercato servito in modo insufficiente, così da fare la differenza sostanziale [p. 88]. P. es., non aveva senso aprire punti vendita tradizionali, perché il settore della vendita al dettaglio tradizionale era già ottimamente servito e non c’era margine per «costruire un’esperienza di shopping davvero distintiva per il cliente» [p. 89]. Diverso il discorso per Amazon Web Services (AWS), un nuovo business dell’azienda indirizzato a una clientela in crescita, quella degli sviluppatori di software.

Molto interessante la lettera del 2007, poiché il 19 novembre era stato presentato Kindle. L’obiettivo iniziale era di migliorare il libro fisico, fino a quando il libro stesso sparì: «Tutto svanisce, lasciando soltanto il mondo dell’autore» è la spiegazione, quasi uno slogan, per convincere su questo passaggio epocale [p. 93]. Bezos elencò anche altri vantaggi rispetto al libro cartaceo: l’immediata ricerca online di termini sconosciuti; il cambiamento della dimensione dei caratteri; la disponibilità immediata dei titoli; il fatto di non uscire mai fuori catalogo o di esaurirsi. A conclusione, la sintesi: «Noi umani ci evolviamo insieme ai nostri strumenti. Li cambiamo, e loro cambiano noi» [p. 94]. Erano quelli gli anni in cui, oltretutto, Bezos cominciò a definire se stesso e i suoi dipendenti dei “missionari” e non dei “mercenari”, cominciando a offrire un’immagine di sé più filantropica e moralmente apprezzabile.

 

Dalla lettura della lettera del 2010, si può notare anche un progressivo interesse per l’analisi più tecnica dell’operato dell’azienda, sia in àmbito finanziario che nel settore informatico. Il linguaggio cambia gradualmente e diviene sempre più specifico: «Aprite a caso un manuale di architettura del software e ci troverete ben pochi pattern di software complessi che noi non applichiamo» [p. 106]. E l’architettura orientata ai servizi (o SOA, Service-Oriented Architecture) è la base concettuale delle tecnologie di Amazon. Anni prima del 2010, i sistemi impiegati non erano però più gestibili con le soluzioni in commercio e per questo l’azienda implementò la ricerca interna, divenendo pioniera di alcuni sistemi di archiviazione [p. 109].

Ecco allora che la lettera del 2011 fu dedicata al potere dell’invenzione. Nella stessa, Bezos citò alcuni esempi di venditori esterni che, sfruttando la piattaforma di Amazon, riuscirono a incrementare le vendite. Per non parlare degli autori che elogiavano Kindle Direct Publishing (KDP): «Sono io a decidere l’indirizzo della mia carriera e Amazon è come un partner. Loro capiscono il settore e hanno cambiato in meglio il volto dell’editoria […]»; «Nel giro di appena un anno ho raggiunto guadagni mensili sufficienti a lasciare l’impiego con cui mi mantenevo per dedicarmi a tempo pieno alla scrittura!»; «In poco più di un anno ho venduto quasi 250.000 copie attraverso Kindle, e ho scambiato i vecchi sogni con sogni più grandi e migliori» [p. 113]. Questi sono solo alcuni dei commenti di autori KDP inseriti nella lettera. Il vantaggio di KDP fu molteplice: permise di conservare il copyright e i diritti derivati; consentì di gestirsi in autonomia i tempi di pubblicazione; garantì royalty oltre il 70%; offrì l’accesso a una maggiore varietà di scrittori.

Secondo Bezos, l’innovazione portata da AWS, FBA (Fulfillment by Amazon) e KDP aveva dato vita a piattaforme self-service, che snellivano i processi di accesso e di distribuzione delle risorse tanto per gli sviluppatori e gli imprenditori, quanto per i clienti, gli autori e i lettori. [p. 115]

 

La lettera del 2013 fu molto dettagliata, segno che quell’anno rappresentò un notevole salto di qualità per l’azienda. Bezos ne propose un tour virtuale [pp. 123-140]: analizzò servizi come Prime; Prime Instant Video; Fire TV; il settore legato ad autori e lettori (KDP, ma non solo); Audible; Amazon Game Studios; Amazon Appstore; l’espansione di Amazon Fashion; AWS; la crescita di FBA di oltre il 65% rispetto all’anno precedente, servizio che permise ai venditori di avvalersi della rete logistica di Amazon; l’implementazione di Login and Pay with Amazon, servizio pensato per permettere ai clienti di collegarsi a un sito utilizzando le credenziali dell’account Amazon; la creazione del pulsante Mayday, per garantire una migliore assistenza tecnica da dispositivo, con la comparsa di un tecnico Amazon.

L’azienda iniziò anche a occuparsi del business alimentare, riservando ai soci Prime Fresh la possibilità di ordinare la spesa con consegna in giornata, etc.

Sul fronte dei dipendenti, invece, si elogiò il Career Choice, un programma per l’empowerment dei dipendenti, con cui Amazon anticipava il 95% delle spese scolastiche dei dipendenti che si iscrivevano a corsi in settori molto richiesti, come l’infermieristica; per non parlare poi dell’assunzione sistematica dei veterani.

Riguardo agli esperimenti e alla logistica: il programma Kaizen, parola giapponese per “miglioramento costante”, fu un’innovazione logistica in cui i dipendenti erano chiamati a lavorare in piccoli gruppi, per razionalizzare i processi e ridurre inefficienze e sprechi. Ci fu anche un’implementazione delle consegne rapide, adeguandosi alle opportunità e alle infrastrutture dei territori (anche extra-statunitensi). Per concludere, si attuarono sperimentazioni per migliorare l’indice di gradimento dei servizi alla clientela e si ampliò, infine, il campus urbano del quartier generale di Seattle.

L’interesse per l’ambiente e la filantropia prevedeva: l’espansione del programma Frustration-Free Packaging, ovvero la lotta agli imballaggi con filo di ferro e alle custodie di plastica, nonché la creazione di imballaggi semplici da aprire; il lancio di Amazon Smile, un sistema per permettere al cliente di sostenere l’associazione di beneficienza che desiderava ogni volta che si faceva un acquisto.

Alla fine di un anno così prospero, nella lettera del 2013, Bezos poteva concludere per l’ennesima volta che Amazon fosse ancora al Day 1.

 

Nel 2014, AWS registrò una rapidissima crescita: il sistema di archiviazione su cloud on demand con pagamento al consumo e le risorse di calcolo ridussero i tempi per avviare una nuova attività. Così nacquero aziende come Pinterest, Dropbox e Airbnb, che utilizzavano da tempo i servizi AWS [p. 148], mentre aziende già esistenti come Netflix scelsero di trasferire tutte le applicazioni proprio su AWS [p. 164].

Nel 2015, ci furono più dettagli relativi alla sostenibilità ambientale: due anni prima, Amazon aveva annunciato l’intenzione di impiegare solo energia sostenibile in tutta l’infrastruttura globale di AWS; nel 2015 aveva raggiunto circa il 40%.

Sull’onda del successo, nella lettera del 2016 Bezos invitava gli azionisti a opporsi alla mentalità da Day 2. L’iniziale ufficio Amazon dell’imprenditore si trovava in un edificio chiamato Day 1 e, cambiando sede, volle mantenere quel tema: «Il Day 2 è la stasi. Seguita dall’irrilevanza. Seguita da un inesorabile, doloroso declino. Seguito dalla morte. Ecco perché per noi sarà sempre il Day 1» [p. 170]. L’azienda che cresce e diviene più complessa tende – secondo Bezos – ad accontentarsi di surrogati: in quel caso, essa si trova nella fase del Day 2. Discorso simile quando un’azienda si concentra solo sul miglioramento dei processi, perdendo di vista l’obiettivo per cui quei processi erano nati [p. 172].

Non a caso, la lettera del 2017 elencava il modo per costruire una cultura di standard elevati, al fine di mantenere un’azienda viva e vitale, non succube dei processi, bensì innovativa e propositiva. Per l’imprenditore, gli standard elevati non sarebbero innati, ma insegnabili per la loro contagiosità. Inoltre, essi sarebbero specifici per settore, non universali, per cui ogni ambito dovrebbe sviluppare i propri. E il discorso proseguiva con esempi sui vantaggi dell’eccellenza e sulla capacità di riconoscere uno standard elevato, per poi parlare, a livello pratico, dei traguardi recenti dell’impresa. Uno su tutti, la diffusione sempre più capillare di Alexa [p. 186].

 

Nella lettera del 2018, continuava la parte descrittiva e auto-celebrativa delle qualità necessarie a far crescere aziende come Amazon, a partire dalla curiosità unita all’intuizione; dal potere di divagare, non affidandosi soltanto ai dati empirici; dalla capacità di apprendere dai fallimenti. E a proposito di immaginazione, Bezos descrisse i progressi di Amazon Go, “negozi tecnologici” che permettevano di evitare le file alla cassa, grazie all’invenzione di nuovi algoritmi di visione artificiale e alla capacità di combinare le immagini provenienti da centinaia di videocamere coordinate. Il tutto reso impercettibile, affinché l’esperienza di acquisto apparisse magica. In questo modo, Amazon si inseriva nella vendita al dettaglio con quella innovazione maggiore, offerta dalla tecnologia, che anni prima non era ancora stata realizzata [pp. 200-201].

La crescita dell’azienda era tale che, già nel 2017, il salario minimo era stato fissato a 15 dollari l’ora per tutti i dipendenti, anche gli stagionali, in ogni parte degli Stati Uniti. E Bezos sfidava i principali concorrenti a fare altrettanto [p. 203].

La lettera del 2019 è infine l’ultima riportata nel libro. Qui vale la pena segnalare l’espansione di AWS, di cui Bezos sottolineava l’utilità nella lotta alla pandemia. Si indicò come AWS non fosse più utilizzato solo da aziende e start-up, ma anche dalla rete scolastica e lavorativa, dalle reti ospedaliere e persino dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) [p. 209].

Oltre al Covid-19, Bezos diede infine molto spazio al tema della lotta ai cambiamenti climatici. Nel 2018, Amazon aveva cofinanziato Climate Pledge insieme a Christiana Figueres, ex responsabile ONU per il cambiamento climatico e fondatrice di Global Optimism. L’impegno di Amazon per il clima fu di riuscire a impiegare l’80% di energie rinnovabili per rispondere al fabbisogno aziendale entro il 2024 e il 100% entro il 2030, per quanto un team stesse già lavorando a ridurre quest’ultima data al 2025 [pp. 212-213].

 

Vita e lavoro


La seconda parte del libro è intitolata Vita e lavoro e raccoglie alcuni testi e pensieri di Bezos pubblicati o espressi nel corso della sua carriera imprenditoriale. Si tratta della parte meno tecnica e più sentimentale e, nonostante le continue ripetizioni (ci sono episodi di vita raccontati anche più di tre volte), è la parte più interessante per comprendere, almeno parzialmente, i sentimenti che muovono il suo agire.

Jeff Bezos nacque ad Albuquerque, nel New Mexico, nel 1964: sua madre rimase incinta quando andava ancora alle superiori e scoppiò uno scandalo, che suo nonno arginò, riuscendo a evitare che la figlia fosse espulsa da scuola. Il padre di cui parla Bezos non è quello biologico, ma è un uomo, Mike, immigrato cubano arrivato negli Stati Uniti nel corso dell’operazione Pedro Pan [pp. 221-222].

Dopo i primi studi, Bezos si iscrisse a Princeton, poiché aspirava a divenire fisico teorico. Ci fu però una battuta d’arresto quando, studiando meccanica quantistica, si trovò di fronte a un’equazione molto difficile. Lui e il suo compagno di stanza si impegnarono per ore, invano; poi chiesero a uno dei ragazzi più bravi di Princeton, che la risolse in poco tempo. Fu a quel punto che Bezos comprese, dopo un esame di coscienza, che non sarebbe diventato un fisico teorico. Non perché non fosse possibile, ma perché voleva lasciare un’impronta e si rese conto che in quel settore non gli era possibile. Si iscrisse così a ingegneria elettronica e informatica [pp. 223-224].

Seguono gli aneddoti sul nonno materno, che ne restituiscono la figura di un saggio. Un giorno, il giovane Jeff fece piangere la nonna, perché era riuscito a calcolare quanto tempo in meno avrebbe vissuto la donna continuando a fumare a quel ritmo. Il nonno lo prese da parte e gli disse semplicemente: «Jeff, un giorno capirai che essere buoni è più difficile che essere intelligenti» [p. 226].

 

Bezos concepì l’idea di Amazon quando vide una statistica secondo cui l’impiego del web stava crescendo del 2.300% l’anno: una crescita che non aveva mai letto in alcun settore. Si licenziò da un ottimo lavoro e insieme alla moglie di allora, MacKenzie, cominciò l’avventura [p. 227].

Alla data del 6 luglio 2020, il valore di Amazon era salito a 1,44 trilioni di dollari e la quota di Bezos era dell’11%. Con ironia dice: «[…] non ho mai aspirato al titolo di “uomo più ricco del mondo”. Mi andava benissimo anche il secondo posto» [p. 239]. A suo dire, ciò che più conta per lui è di essere ricordato come inventore, imprenditore o padre. Alcuni dei segreti del suo successo: pensare con due o tre anni d’anticipo sulla concorrenza; non dare troppo peso alle reazioni immediate di Wall Street; prendere poche decisioni all’anno, p. es. tre, ma di qualità [p. 243].

Sicuramente, una delle scelte più decisive nella sua fortuna fu la creazione di AWS, di cui ho indicato alcuni sviluppi nella storia dell’azienda. Nel testo, però, Bezos evidenzia anche i pericoli di un mondo di dati conservato in un cloud, a causa dell’hackeraggio: «[…] non so proprio come sarà possibile tutelare la sicurezza di una società connessa a Internet. […] tutti portiamo sempre il cellulare in tasca, e dubito che la sua onnipresenza sia destinata a tramontare. E quel cellulare è completamente controllato dal software, compresi i microfoni multipli di cui è dotato» [p. 249]. Questo è quanto sottolinea Bezos, e certo non rassicura, ma se lui stesso – che ha un interesse commerciale nel settore – lo sottolinea, significa che sia consapevole di come il problema non sia affatto risolvibile una volta per tutte; non ora perlomeno.

L’imprenditore ricorda solo una piccola soluzione proposta dall’azienda, ovvero la creazione del pulsante mute per Alexa, che spegne la ricezione di Echo. Ed è impossibile che quel microfono, a differenza dei cellulari, si attivi quando viene premuto il pulsante, perché si rifà a un circuito analogico e non è quindi possibile accenderlo in remoto con l’hackeraggio [p. 250].

 

Il gruppo Amazon è però ancora più vasto. Il business di Bezos si è esteso al mondo della cultura e dell’intrattenimento in senso stretto, prima con l’acquisizione del Washington Post (2013), poi con quella della Metro Goldwyn Mayer (MGM, 2021).

Ovviamente, nelle parole dell’imprenditore, l’acquisizione del Washington Post si traduce nell’ennesima opera missionaria, per salvare lo storico giornale della capitale del Paese più importante del mondo [p. 254]. Il piano di rilancio del giornale si basò sul fatto che la distribuzione fosse regalata da Internet: «Dovevamo passare da un modello di business in cui guadagnavi molto da un numero relativamente ristretto di lettori a un modello in cui guadagnavi una piccola quota per lettore, ma potevi allargare all’infinito il numero di abbonati» [p. 254]. E il giornale tornò redditizio. Bezos afferma ancora oggi di non influenzare in alcun modo il lavoro della redazione del Washington Post, tuttavia non è facile capire fino a che punto si possa parlare di un giornalismo (del tutto) indipendente, quando la proprietà di un giornale sia nelle mani di una delle persone più ricche e influenti al mondo.

Per rimanere sul fronte degli interessi nazionali statunitensi, Bezos affronta anche il tema spinoso del rapporto tra aziende private, tecnologie e Difesa. Per l’imprenditore, le aziende hi-tech dovrebbero collaborare con la Difesa per non mettere in pericolo il Paese, e ciò va perseguito perché c’è una verità: «E la verità è che noi siamo i buoni. Di questo sono davvero convinto. […] Tutti vogliamo essere dalla parte della civiltà. […] Volete la libertà? Volete la democrazia? Perché questi grandi princìpi sono superiori a ogni contrasto. Perciò è a questo che dobbiamo tornare» [p. 257].

Un argomento che forse è meno ideologico di quanto si pensi e più legato agli interessi economici. È una battaglia vista p. es. nel 2021: il Dipartimento della Difesa statunitense deve assegnare un contratto, denominato Jedi (Joint Enterprise Defense Infrastructure), per la fornitura e la gestione dei servizi di cloud computing del Pentagono. Il progetto da dieci miliardi in dieci anni era stato già assegnato a Microsoft nel 2019, ma Amazon aprì subito un contenzioso, fondato sull’ipotesi che la scelta del tribunale fosse stata condizionata dall’interesse di Donald Trump a danneggiare Bezos. La disputa ha così aperto alla possibilità di allargare il progetto a più aziende, sia perché il procedimento legale rallenterebbe l’avanzamento del progetto stesso, sia perché l’accordo finanziario sarebbe troppo grande per affidarlo a un’unica azienda. Per ulteriori dettagli sul tema, vi consiglio questo articolo su Wired.it.

Giornali, case di produzione cinematografica, appalti per la Difesa. Tutto ciò evoca il tema del controllo governativo sulle grandi aziende multinazionali. Pensando all’argomento, sembra di rievocare la seconda metà dell’Ottocento, con trust e holding che stabilirono monopoli (nelle ferrovie, nell’estrazione di petrolio, etc.), che richiesero molti decenni di politiche anti-trust per essere smantellati.

Bezos afferma che il controllo governativo non sia un fatto personale e che ogni grande istituzione o società vada sorvegliata. L’imprenditore ribadisce però che solo alcune grandi aziende siano capaci di creare un certo tipo di valore e che quindi il business non vada demonizzato: «In tutti i quadri normativi che riesco a immaginare, i clienti chiederanno comunque prezzi più bassi, consegne più rapide, un’ampia selezione da cui scegliere» [p. 267].

 

L’opera di Jeff Bezos è un (auto)elogio del gruppo Amazon, oltre che un’esaltazione morale di sé attraverso aneddoti ed episodi semi-leggendari degni di un santo in versione hi-tech. In questo quadro celebrativo, bisogna indagare attraverso altre fonti quanta verità vi sia nelle affermazioni dell’imprenditore. Ma limitiamoci qui a concludere il compendio del libro in esame, dove non può mancare un crescendo finale relativo alla filantropia, poiché: «Il mio obiettivo è regalare il mio patrimonio. Ancora non so in quale misura, perché intendo anche investirne una grossa parte in Blue Origin» [p. 277].

Nel 2018, fu lanciato il Bezos Day One Fund, con l’impegno di stanziare due miliardi di dollari per finanziare le società no profit che si occupano delle famiglie rimaste senza dimora (Day 1 Families Fund) e per creare asili no profit per le comunità a basso reddito (Day 1 Academies Fund). Nel costruire nuove scuole, il «cliente sarà il bambino» e, dato che l’affermazione può dar vita a forti critiche, aggiunge: «Saremo scientifici nel limite del possibile, ma, quando necessario, useremo il cuore e l’intuizione» [p. 277].

Accanto al fondo, Amazon ha partecipato ad altre iniziative di beneficienza. Bezos ricorda la donazione di 100 milioni di dollari alla rete Mary’s Place, un’associazione no profit che si occupa dei senzatetto, offrendo inoltre più di mille ore di lavoro gratuito da parte di un team di avvocati di Amazon [pp. 305-306]. Con il programma globale Future Engineer, infine, l’azienda si è occupata dell’istruzione e dell’avviamento professionale di giovani appartenenti a comunità disagiate, formandoli nel settore informatico [p. 306].

 

Riguardo alla lotta ai cambiamenti climatici, ho già citato il Climate Pledge, lanciato da Amazon nel settembre 2019: un impegno a realizzare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi con dieci anni d’anticipo. Il tema si lega, per Bezos, alla corsa allo spazio. Secondo l’imprenditore, con la crescita dell’umanità la Terra è diventata stretta e le sue risorse non sono illimitate: «Io voglio andare nello spazio per proteggere il nostro pianeta» [p. 280]. La fondazione della sua società aerospaziale, Blue Origin, richiama nel nome proprio il nostro pianeta azzurro.

Egli ritiene che l’essere umano impieghi troppa energia e che questo valore sia destinato a crescere, a tal punto che nemmeno con il passaggio totale alle energie rinnovabili sarebbe realistico pensare a una soluzione [p. 281]. Bezos non pensa nemmeno che sia sufficiente migliorare l’efficienza degli strumenti a disposizione, perché proprio tale miglioramento porta a un utilizzo maggiore di quella stessa energia [p. 282].

Proseguendo di questo passo, l’unica prospettiva che egli vede è il razionamento, a meno che, appunto, non ci trasferissimo altrove nel sistema solare, accedendo a risorse potenzialmente illimitate [p. 282]. Per questo Bezos sta promuovendo il turismo spaziale, sebbene non sia del tutto chiaro come ciò si rapporti a uno sfruttamento delle risorse energetiche extra-terrestri.

Il veicolo New Glenn è stato progettato con lo scopo di garantire prezzi (relativamente) contenuti, affidabilità e lanci puntuali, proprio perché uno dei grandi problemi dei lanci è che questi tendano spesso a essere rimandati di settimane o mesi, anche a causa di un piccolo guasto. L’elemento forse centrale, e che riduce i costi, è però il fatto di poter reimpiegare gran parte del veicolo per i lanci successivi [p. 289].

Oltre al turismo in sé, l’obiettivo è di poter raggiungere la Luna per sfruttarne le risorse. Mancando però le infrastrutture sul satellite naturale, l’idea di Bezos è di impiegare un veicolo, chiamato Blue Moon, che possa portare 3,6 tonnellate di carico (o 6,5 nella sua variante), sfruttando un suo sistema di gru per il sollevamento dei carichi. Una prospettiva che ha già attirato molti clienti, interessati in particolare a fare ricerche scientifiche [pp. 290-291].

 

In definitiva, il libro di Jeff Bezos rappresenta una sorta di mitologia di un imprenditore di successo, che vuole unire la praticità e il raziocinio alla morale e al cuore. Molte sono le pagine suggestive e il testo è utile anche per riepilogare la storia di una grande multinazionale dalla prospettiva di chi l’ha ideata e fatta progredire. A ogni pagina, tuttavia, si avverte l’esigenza di approfondire alcuni temi attraverso altre fonti, per comprendere meglio le reali conseguenze di tutte le attività citate, sia a livello economico e finanziario, che ambientale e sociale.


Nota: per il precedente episodio della rubrica, si veda qui. Si tratta di un approfondimento sul pensiero di un altro miliardario dei nostri tempi, Bill Gates.

Per il successivo episodio della rubrica, si veda qui: è un approfondimento su un saggio del politico e scrittore statunitense Robert B. Reich, che critica l'attuale sistema che regola la società, fondato sulla finanza.

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