Le streghe di Salem. Una nuova fase per Rob Zombie


Le streghe di Salem è un film del 2012, scritto e diretto da Rob Zombie. Dopo un certo silenzio, ritorna il tema delle streghe, che in questo stesso periodo è affrontato anche in un altro film, Hansel & Gretel - Cacciatori di streghe.



La protagonista, Heidi, è interpretata da Sheri Moon Zombie, moglie del regista, secondo un metodo già collaudato da La casa dei 1000 corpi. Ogni cosa ruota intorno ad Heidi, una dj rocker che vive a Salem. Un giorno arriva un disco al vinile alla radio in cui lavora, un disco che contiene una traccia che traumatizza Heidi e la conduce giorno dopo giorno in un mondo ultraterreno.
La presunta band del vinile viene rinominata “Lords of Salem” e, dopo aver ottenuto un discreto successo in città, i Lords invitano i loro fans ad un concerto… davvero particolare.

Il film è ricco di simboli, alcuni usuali, come la presenza del Baphomet e della capra cavalcata da Heidi, altri meno, come il simbolo usato dalle streghe di Salem o la presenza di figure umanoidi forse riconducibili a Satana stesso.
Da notare anche un altro particolare curioso, interpretabile come meglio si preferisce. Mi riferisco al momento in cui sono presenti le trentadue vittime nude (tutte donne), disposte a piramide, una piramide al cui vertice spicca la figura di Heidi, nella forma di una sorta di Madonna in versione madre del figlio di Satana.



Le streghe di Salem è un film diverso per Rob Zombie; si va oltre opere quali La casa del diavolo e Halloween - The Beginning: qui sono presenti riferimenti ad alcuni grandi del cinema horror (e non solo), come il Roman Polanski di Rosemary’s Baby, di cui tra l’altro si richiama in parte la tematica.

Certo, siamo ancora lontani da quei livelli, ma la strada pare chiaramente indicata: simbologia accertata o ricreata, preferenza per le scene che creano tensione rispetto all’azione nuda e cruda, il fantastico che si mescola al reale senza discontinuità.

Per non parlare delle scene apertamente sessuali, che colpiscono in certi momenti, che contribuiscono a spiazzare chi guarda e a metterlo in contatto con corpi fisicamente belli e brutti, entrambi uniti da una sola parola: dannazione.
Anche la musica contribuisce al crescente tormento di Heidi, con quelle poche note ripetute in modo metodico e ostinato, che si alternano ad alcune canzoni rock scelte con cura magistrale, come Venus in Furs dei Velvet Underground.

Aspetto importante, che ricollega ai grandi registi del Novecento, è la presenza della musica classica, che sacralizza ciò che sta avvenendo, ed è posta in continuità con la musica rock e metal tipica di questo film.



Infine, bisogna elogiare le riprese precise, curate nel minimo dettaglio, che fanno pensare, rimandano a mille collegamenti e lasciano lo spettatore in mezzo ad un oceano di immagini sconvolgenti, persino volutamente fuori luogo, che ricordano in certi momenti alcuni azzardi cinematografici alla Quentin Tarantino.

A questo punto, se uno si aspetta un horror violento, come al solito tendente allo splatter, rimarrà deluso, mentre se cerca la tensione, quella – per intenderci – che ha dato eterno successo a The Shining o Rosemary’s Baby, potrà rimanerne interessato. Ripeto, la strada è lunga, ma ben tracciata.

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