Tutto ciò che sappiamo su Robert Johnson

Per chi volesse leggere qualcosa su Robert Johnson mentre ne ascolta le canzoni, in questo video da YouTube sono riunite tutte le sue canzoni, rimasterizzate in occasione del centenario dalla nascita di Johnson: link


1935 circa, una delle tre foto verificate a noi note

Biografia


Robert Leroy Johnson nasce a Hazlehurst, capoluogo della contea di Copiah, Mississippi, probabilmente l’8 maggio 1911. La sua nascita è frutto di una relazione extraconiugale della madre Julia Dodds (ottobre 1874-/) con Noah Johnson (dicembre 1884-/), in seguito all’abbandono del marito Charles Dodds Jr. (febbraio 1865-/) per un’altra donna.
Il marito era un proprietario terriero e produttore di mobili, con cui lei ebbe dieci figli, ma Charles fu costretto a lasciare Hazlehurst in seguito a un litigio con un proprietario terriero bianco.
Anche Julia lasciò la città con Robert, ma dopo due anni lo mandò a vivere a Memphis con il marito, che aveva cambiato il proprio nome in Charles Spencer. Intorno al 1919, Robert si ricongiunse alla madre in un’area tra Tunica e Robinsonville, sul Delta del Mississippi.

Il nuovo marito di Julia era conosciuto come Dusty Willis, ed era 24 anni più giovane di lei. Robert era ricordato da alcuni abitanti come "Little Robert Dusty" (Il Piccolo Dusty Robert), ma era registrato alla Tunica’s Indian Creek School come Robert Spencer. Nel censimento del 1920 viene inserito proprio con quel nome, con residenza a Lucas, Arkansas, insieme a Will e Julia Willis.
Tra il 1924 e il 1927 frequenta la scuola, e la qualità della sua firma sul certificato di matrimonio suggerisce che era relativamente ben educato per un ragazzo del suo ambiente. Un amico di scuola, Willie Coffee, ha affermato in un’intervista che Robert Johnson sapeva già suonare l’armonica e lo scacciapensieri. Infatti, come molti altri bluesmen del periodo, la musica fu parte integrante della sua vita fin da giovane e, grazie al fratello, imparò a suonare l’armonica a bocca prima, e la chitarra poi.

Dopo la scuola passò un breve periodo a Memphis. Adottò il cognome del suo padre naturale, firmandosi come Robert Johnson sul certificato di matrimonio con la sedicenne Virgnia Travis (febbraio 1929), morta l’anno seguente durante il parto.
Secondo alcuni parenti sopravvissuti di Virginia, intervistati dal ricercatore blues Robert “Mack” McCormick, la morte di Virginia era stata una punizione divina per la scelta di Robert di cantare canzoni profane, note per “vendere il proprio spirito al Diavolo”. McCormick crede che Johnson stesso accettò la frase come una descrizione della sua decisione di abbandonare la vita sedentaria di un marito e agricoltore, per diventare un musicista blues a tempo pieno.

Quando si sposò, Johnson si era trasferito a Robinsonville, ma in seguito al lutto inizia a peregrinare per le città del Mississippi. In questi spostamenti pare che egli divenga sempre più un bevitore e un donnaiolo. In questo periodo, il musicista Son House si spostò a Robinsonville dove viveva il suo partner musicale, Willie Brown. In tarda età, House ricorda Johnson come un “ragazzino” che suonava bene l’armonica ma era imbarazzante alla chitarra.

Inizialmente, pare che Johnson lasciò Robinsonville per cercare il padre naturale, nell’area intorno a Martinsville, vicino alla sua città natale Hazlehurts. Qui perfezionò lo stile musicale di Son House ed imparò altri stili da Isaiah “Ike” Zinnerman. Quando Johnson ricomparve a Robinsonville, aveva acquisito una tecnica chitarrista che aveva del miracoloso. House venne intervistato al tempo in cui la leggenda del patto tra Johnson e il diavolo era ben conosciuta tra i ricercatori blues, e le sue risposte equivoche vennero prese come conferme.

Mentre viveva a Martinsville, Johnson ebbe un figlio da Vergie Mae Smith. Nel maggio 1931 sposò inoltre Caletta Craft, trasferendosi nel villaggio di Copiah County. Nel 1932, la coppia mosse a Clarksdale sul Delta, dove la moglie Caletta si ammalò. Johnson la abbandonò per una carriera da vagabondo musicista itinerante: ormai, la crescente passione per la musica lo portava sempre più lontano dalla moglie, tanto da mettere fine anche a questo secondo matrimonio (un po’ come aveva fatto a suo tempo il padre, con la sostanziale differenza che “l’altra donna”, in questo caso, era la musica).


Dal 1932 fino alla sua morte nel 1938, Johnson si muove di frequente tra grandi città quali Memphis, Tennessee e Helena, Arkansas e città più piccole del Delta del Mississippi e dell’Arkansas. Il compagno e musicista blues Johnny Shines lo accompagnò a Chicago, Texas, New York, Canada, Kentucky e Indiana. Henry Townsend condivise con lui un ingaggio a St Louis. In molte zone Johnson stette con membri della sua famiglia estesa o con amiche. Non si sposò ancora ma ebbe alcune relazioni a lungo termine con donne dalle quali tornava periodicamente. Una di queste era Estella Coleman, la madre del musicista blues Robert Lockwood, Jr. Mentre in altri luoghi stette con una donna sedotta alla sua prima performance, usando nomi differenti in diversi luoghi (fino ad assumere almeno otto cognomi distinti).

Si susseguono le registrazioni e le peregrinazioni fino ad arrivare al 16 agosto 1938, a Greenwood, Mississippi, giorno in cui Robert Johnson, a soli 27 anni, perde la vita. Dal certificato di morte (certificato) non emerge alcuna causa specifica per il decesso, facendo notare che per qualche ragione (sconosciuta) nessun medico ha avuto modo di curarlo durante l’agonia.

La vicenda riguardo alla morte


Dice Greil Marcus, giornalista musicale: «Morì nel mistero: qualcuno ricorda che fu pugnalato, altri che fu avvelenato; che morì in ginocchio, sulle sue mani, abbaiando come un cane; che la sua morte aveva qualcosa a che fare con la magia nera.»

A questo punto iniziano le leggende, le storie, le supposizioni divenute verità. Due grandi musicisti, Sonny Boy Williamson II e David Honeyboy Edwards, attestano che la notte del 13 agosto 1938 Robert Johnson stava suonando con loro, come ogni sabato sera da un paio di settimane, al Three Forks, un locale a 15 miglia (24 km) da Greenwood. Pare che Johnson avesse una storia con la moglie del gestore del locale, il quale, consapevole del fatto, continuava a contattarlo lo stesso (si trattava di soldi?). Fatto sta che, sempre secondo il racconto di Sonny Boy, durante la serata, complici l’alcol e l’atmosfera di grande eccitazione, gli atteggiamenti dei due furono spudorati se non imbarazzanti, tanto da attirare la rabbia del barman.

Durante una pausa Johnson ricevette una bottiglia da mezza pinta di whisky senza tappo, ma Sonny Boy gliela fece cadere, ammonendolo sul fatto che non era prudente bere da una bottiglia aperta. Ma il chitarrista si infuriò e bevve lo stesso una seconda bottiglia che gli era stata data comunque senza tappo. Poco dopo, in stato confusionale, se ne andò dal locale, accompagnato a casa di un amico, dove poche ore più tardi iniziò a delirare a causa dell’avvelenamento. Qui morì il martedì successivo, dopo due giorni di agonia. Morto dunque (misteriosamente?) all’età di soli 27 anni, è entrato a far parte per primo del Club 27, insieme ad altri grandi come Jimi Hendrix.

Il musicologo Robert "Mack" McCormick sostiene persino di aver rintracciato l’uomo che ha ucciso Johnson, e di aver ottenuto una confessione da lui in un colloquio personale, rifiutandosi però di rivelare il nome dell’uomo.

Alcuni studiosi hanno individuato nella stricnina il veleno che ha ucciso Johnson, sebbene non tutti siano concordi. Tom Graves, nel suo libroCrossroads: La vita e la fortuna della leggenda del blues Robert Johnson (The Life and Afterlife of Blues Legend Robert Johnson), si basa su testimonianze di esperti tossicologi nel sostenere che la stricnina ha un caratteristico odore e gusto che non può essere mascherato, anche nel forte liquore. Graves sostiene inoltre che una notevole quantità di stricnina è fatale al primo ingerimento, e che la morte per avvelenamento si sarebbe verificata in poche ore, non giorni. Nello stesso periodo, anche David “Honeyboy” Edwards ha osservato che la morte fu troppo lunga perché si trattasse di stricnina.


Anche riguardo all'ubicazione della tomba ci sono incertezze. Tre sono le pietre tombali nei dintorni di Greenwood con il nome di Robert Johnson. Una nel cimitero della Chiesa Missionaria Battista di Mount Zion a Morgan City, Mississippi, poco distante da Greenwood. Lì c'è un grande obelisco, posto nel 1990 su una lapide preesistente, con incisi tutti i titoli dei blues di Robert Johnson. L'opera è stata pagata dalla Columbia Records e da privati del Mont Zion Memorial Fund, e gli ultimi studi considerano questo come il sito più attendibile per la sua tomba.

La seconda piccola lapide reca la scritta Resting in the Blues, situata nel cimitero di Payne Chapel, vicino a Quito, Mississippi.
Infine la terza lapide si trova sotto un enorme albero nel cimitero della Little Zion Church a nord di Greenwood, lungo la Money Road, ed è stata restaurata dalla Sony Music.




La lapide posta al cimitero di Payne Chapel, vicino a Quito, Mississippi


Il patto con il Diavolo: Johnson nel folklore

Oltre alla vicenda della morte, vi è anche una famosissima leggenda, alimentata dallo stesso bluesman, secondo cui egli avrebbe stretto un patto con il diavolo, vendendogli l’anima in cambio di una straordinaria capacità chitarristica. Ma come ha potuto nascere e alimentarsi una simile storia? Innanzitutto sorprendeva la sua tecnica, basata sul fingerpicking e su complesse strutture chitarristiche, poi la voce e il contenuto dei suoi testi, spesso improvvisati, che narrano di spettri e demoni, se non direttamente del patto demoniaco. Ma non bastò questo…

Alcuni musicisti che lo conobbero concordano nel dire che inizialmente Johnson avesse difficoltà a suonare la chitarra, poi, quando la moglie morì ed iniziò a vagare per il Mississippi, si ripresentò l’anno seguente dotato di una straordinaria bravura ed espressività. Un altro aneddoto tramanda che egli fosse capace di riprodurre qualsiasi melodia ascoltasse (dalla radio o in un locale affollato, anche senza porvi attenzione).

Per spiegare il rapido cambiamento, secondo le voci di allora, a mezzanotte, in un crocevia desolato, avvenne un incontro tra Johnson e un uomo in nero, che gli avrebbe proposto lo scambio. Dal punto di vista dei più razionali, invece, l’episodio si spiega così: durante quell’anno di peregrinazioni, Robert Johnson aveva incontrato un misterioso bluesman di nome Ike Zimmerman, che gli aveva fatto da maestro. Recentemente sembra che la figura di Zimmerman sia stata un po' "smitizzata": comunque sia, finora si è guardato a questo personaggio come ad una figura misteriosa, nota solo per l’abitudine di suonare nei cimiteri, tra le tombe, e per questo additata quale emissario del demonio.

Una recente ricerca dello studioso blues Bruce Conforth, presente nel magazine Living Blues, fa un po’ di chiarezza in questa storia. Johnson e Ike Zimmerman si allenavano nei pressi di un cimitero di notte perché era tranquillo e nessuno li avrebbe disturbati. Tuttavia non si tratta del cimitero di Hazlehurst - come si era creduto finora – ma di quello vicino a Beauregard. Pare infatti che Zimmerman vivesse in quel luogo, come testimoniano il suo nome (reale) riportato a verbale sul censimento della famiglia fin dai primi anni dell’Ottocento, oppure la sua security card, il certificato di morte riportato dalla previdenza sociale, e persino il programma del funerale e la testimonianza delle figlie.

In precedenza, però, esisteva già almeno un’altra storia riguardante un crocevia e un patto col diavolo. Ne parla, per esempio, un altro chitarrista del Delta Blues, Tommy Johnson (1896-1956, il cognome non indica una parentela nota), che canta:

«Vai dove [...] c’è un incrocio [...]. Un grande uomo nero arriverà e prenderà la tua chitarra e l’accorderà. Quando Satana ti ridarà la chitarra, tu potrai suonarla meglio di chiunque altro, e Satana possederà la tua anima lasciandoti esausto in ginocchio.»

Nelle comunità afro-americane del Sud la storia dell’incrocio dove poter vendere l’anima al diavolo aveva un’origine antica, risalente alle tradizioni del folklore africano. Si credeva infatti che il dio Esu fosse posto a guardia dell’incrocio, e veniva visto come punto di contatto tra l’uomo e la divinità, fungendo da intermediario. È curioso in questo senso osservare l’analogia con certe credenze derivate dallo gnosticismo, che individuano nel diavolo un essere intermedio a contatto con il mondo materiale (e quindi anche con l’uomo) e con il mondo ultraterreno. Non a caso quando i neri vennero a contatto con il cristianesimo, gli dèi pagani, tra cui Esu (sebbene alcuni parlano di un’errata interpretazione), vennero identificati nel diavolo.


Ma non è tutto. Altri ricercatori, tra cui Tom Graves, affermano che il diavolo possa avere un’altra origine nella cultura popolare africana, rintracciabile nel dio truffatore Legba, sebbene lo stesso Graves ritenga che la connessione con le divinità africane sia debole. Probabilmente Johnson, come molti, era impregnato di una cultura popolare di cui egli stesso non conosceva esattamente le origini. Il cosiddetto Papa Legba non è altro che un Loa (spirito mediatore tra l’uomo e il dio supremo) presente nel vudù Haitiano. Legba viene appunto evocato nelle cerimonie come mediatore, ed è il primo ad essere evocato, poiché senza il suo permesso non possono essere aperte e chiuse le porte dell’aldilà.

Il folkorista Harry M. Hyatt fece una ricerca dal 1935 al 1939 nel sud degli Stati Uniti, quando ancora gli afro-americani nati nel XIX secolo o ai primi del XX dicevano che sia loro che chiunque altro “avevano venduto il loro spirito al diavolo al crocevia”. Ma nella loro testa queste persone intendevano dire un’altra cosa. Si parla infatti di “spiritual crossroads”, ovvero di un crocevia spirituale, un punto in cui sei obbligato ad affidarti alla benevolenza della divinità per poter andare oltre.

Da parte sua, Robert Johnson riprende queste antiche leggende e anzi le alimenta, tanto da cantare: «I got to keep movin', blues falling down like hail. And the day keeps on worryin' me... there's a hell hound on my trail.»

«Devo correre, il blues viene giù come grandine. La luce del giorno continua a tormentarmi... c'è un emissario infernale sulle mie tracce.» (daHellhound On My Trail)
La sofferenza, il timore della dannazione e la ricerca di un amico che lo possa salvare dal demonio (che altro non è che il male stesso) ritorna anche in Cross Road Blues:

I went to the crossroads, fell down on my knees

Asked the Lord above, have mercy,
Save your poor Bob if you please.
Hmm, standing at the crossroads, I tried to flag a ride
Standing at the crossroads, I tried to flag a ride
Ain’t nobody seems to know me, everybody pass me by.
Hmm, the sun goin’ down boys, dark gon’ catch me here,
Eeeeh, dark gon’ catch me here,
I’ haven’t got no lovin’ sweet woman
that loves and feels my care.
You can run, you can run tell my friend poor Willie Brown
You can run tell my friend poor Willie Brown
Lord, that I’m standin’ at the crossroads,
I believe I’m sinking down.

(“Sono andato al crocevia, sono caduto in ginocchio/ ho chiesto al Signore lassù, abbi pietà, risparmia il povero Bob, ti prego./ Me ne stavo al crocevia, cercavo qualcuno che mi desse un passaggio/ sembra che nessuno mi riconosca, tutti mi passano davanti./ Il sole sta calando, gente, il buio mi sorprenderà qui/ senza una dolce donnina piena d’amore che comprenda la mia angoscia./ Puoi correre a dire al mio amico, il povero Willie Brown/ che me ne sto al crocevia, credo che non resisterò a lungo”).


Vale la pena a questo punto fare una breve riflessione. Cross Road Blues è antecedente (registrata in novembre 1936) a Hellhound On My Trail(registrata in giugno 1937). Le due canzoni sono collegate da un’angoscia di fondo, ma mentre nella prima c’è ancora la speranza della redenzione, nella seconda il chitarrista ormai intuisce che la fine si sta avvicinando. Nella seconda canzone, infatti, tutto sembra perduto, l’unica possibilità è la fuga dal male, una fuga che si rivelerà vana e senza alcuna speranza. Inoltre non è un caso se la maggior parte delle canzoni e spettacoli di Johnson “cupi e introspettivi” provengono dalla sua seconda sessione di registrazione, cioè in un periodo in cui il chitarrista era sempre più vicino alla sua morte.


Ma esiste il crocevia di cui parla Johnson? In sintesi alcuni l’hanno individuato a Dockery, Hazlehurst e Beauregard, ma ci sono delle attrazioni turistiche chiamate appunto The Crossroads sia a Clarcksdale che a Memphis. E non è finita qui. Anche gli abitanti di Rosedale, Mississippi rivendicano che il patto di Johnson avvenne all’intersezione delle autostrade 1 e 8 nella loro città, mentre il film Crossroads (1986) venne girato in un’altra città ancora, ovvero a Beulah, Mississippi. Lo storico blues Steve Cheseborough, come a voler chiudere la questione, scrive infine che forse è impossibile determinare di quale incrocio stesse parlando Johnson, dal momento che lui “era un giovane vagabondo”.


Il Delta Blues


Prima di poter parlare delle registrazioni, è utile inquadrare meglio l’ambiente in cui il chitarrista di esibiva. Robert Johnson è una delle più grandi espressioni del cosiddetto Delta Blues, che – per i meno pratici – è uno dei primi stili di musica blues, nato e sviluppatosi tra la fine dell’Ottocento e i primi tre decenni del Novecento. Il genere prende il nome dal delta del fiume Mississippi, una regione degli Stati Uniti che si estende da Memphis nel nord, a Vicksburg nel sud, col fiume Mississippi a ovest, e lo Yazoo river a est.

Gli strumenti più usati sono la chitarra e l’armonica, mentre lo stile vocale passa dall’introspettivo al passionale, dal tono sofferente a quello allegro. Il Delta Blues non è tuttavia legato solo ad una regione geografica, ma si estende anche al di fuori del Mississippi, caratterizzando un vero e proprio genere musicale, che darà origine ad altri stili di blues come il Chicago Blues ed il Detroit Blues. Per intenderci, a parte Robert Johnson, alcuni (e ripeto alcuni) dei grandi musicisti del Delta Blues furono John Lee Hooker, Muddy Waters, lo stesso Sonny Boy Williamson II, Big Joe Williams, etc.

Le incisioni e le 29 tracce


Negli ultimi anni, alcuni appassionati di blues hanno messo in discussione le reali tonalità di voce di Johnson e la velocità di esecuzione, che sarebbe stata aumentata (volutamente o meno), di circa il 20%. In tal caso il risultato sarebbe che la reale voce di Johnson risulterebbe meno acuta di come è giunta a noi. A sostegno di questa tesi, vi è un’analisi stilistica: per eseguire i brani di Johnson, infatti, il chitarrista avrebbe dovuto usare in molti pezzi un capotasto al quarto tasto, compiendo nell’esecuzione posizioni chitarristicamente scomode, soprattutto per i modelli di chitarra che pare suonasse. Possiamo dunque credere nelle straordinarie capacità di Johnson, oppure all’efficacia del patto col diavolo, oppure ad entrambe le cose, ciascuno a suo modo, considerando però che il consorzio OKeh/Vocalion, che pubblicò originariamente il materiale, era noto per la sua prassi di aumentare il numero di giri al minuto delle sue incisioni (dai 78 agli 81), per rendere i brani più moderni e aggressivi. Tuttavia, ad oggi le fonti originali delle registrazioni sono andate perdute, perciò non è possibile verificare se i tecnici del suono siano intervenuti in questo senso.


Ma veniamo alle canzoni. Dicevamo appunto che sono rimaste 29 tracce, più tredici alternate takes (versioni alternative di una stessa canzone), scartate all’epoca perché considerate meno riuscite rispetto alle versioni pubblicate sui 78 giri, per un totale di 42 registrazioni note.

H.C. Speirs, un negoziante di dischi di Jackson, capitale dello Stato del Mississippi, introdusse Robert Johnson ad Ernie Oertle, un famoso scopritore di talenti per la Arc, che organizzò per lui alcune registrazioni. In cinque sessioni, fra il novembre 1936 e il giugno 1937, vennero incise le 29 tracce. Le sessioni di registrazione furono cinque: le prime tre comprendono le tracce 1-16 e vennero effettuate a San Antonio, Texas, nel novembre 1936, mentre le ultime due comprendono le tracce 17-29 effettuate a Dallas, Texas, nel giugno 1937.
In particolare le prime otto tracce vennero registrate lunedì 23 novembre 1936, la 9 giovedì 26, la 10-16 venerdì 27, mentre le 17-19 sono di sabato 19 giugno 1937, le 20-29 di domenica 20 giugno (questo per chi volesse divertirsi con i numeri).

La prima sessione di registrazione fu tenuta il 23 novembre 1936 nella stanza 414 del Gunter Hotel a San Antonio, dove la Brunswick Records aveva posto un momentaneo studio di registrazione. Nei seguenti tre giorni di registrazione, Johnson suonò sedici canzoni, e registrò tracce alternative per molte di queste. Secondo una testimonianza Johnson si esibì di fronte al muro, e questa viene citata come una prova che lui era una persona timida e un artista riservato. Ry Cooder ipotizza che Johnson ha suonato di fronte a un angolo per migliorare il suono della chitarra, una tecnica che lui chiama “angolo di carico” (corner loading). Le prime canzoni ad apparire furono Terraplane Blues e Last Fair Deal Gone DownTerraplane Blues ebbe un discreto successo regionale, vendendo 5000 copie.


Il suo compenso fu piuttosto misero, perché venne pagato dai dieci ai quindici dollari per ogni canzone. Tra le tre sessioni di San Antonio e le due di Dallas, Robert Johnson venne arrestato per vagabondaggio e gettato in cella. Alla stazione di polizia, un poliziotto lo picchiò e gli ruppe la chitarra. Per non rischiare ulteriori abusi, chiamò il suo produttore, che verificò la storia del bluesman e gli pagò la cauzione. Apparentemente questo incidente ebbe poco effetto su Johnson, ma dopo aver registrato Cross Road Blues ed altre canzoni nei giorni seguenti, lasciò San Antonio e riprese il suo stile di vita vagabondo.


Dunque nel 1937 Johnson arrivò a Dallas, Texas, per un’altra sessione di registrazione in uno studio improvvisato al Vitagraph (Warner Brothers) Building, 508 Park Avenue, dove la Brunswick Record Corporation era collocata al terzo piano. Undici registrazioni vennero rilasciate da questa sessione entro l’anno seguente. Johnson fece due tracce della maggior parte di queste canzoni. Grazie a questo, c’è la possibilità di comparare differenti performance di una singola canzone, il che è difficile per altri musicisti blues di quel tempo e luogo.

È emblematico che nel 1938, John H. Hammond, produttore della Columbia Records e proprietario di alcune registrazioni di Johnson, voleva che il bluesman suonasse al famoso concerto From Spirituals to Swing al Carnegie Hall a New York. Tuttavia, nell’apprendere la morte dell'artista, Hammond lo sostituì con Big Bill Broonzy, sebbene vennero suonati ancora dal palco due registrazioni di Johnson.

Questo è l’elenco delle canzoni e tra parentesi sono segnate il numero di versioni alternative che ci sono giunte per quella canzone (se non c’è un numero tra parentesi significa ovviamente che c’è un’unica versione rimasta):


1) Kindhearted Woman Blues (2)

2) I Believe I'll Dust My Broom
3) Sweet Home Chicago
4) Rambling On My Mind (2)
5) When You Got a Good Friend (2)
6) Come On In My Kitchen (2)
7) Terraplane Blues
8) Phonograph Blues (2)
9) 32-20 Blues
10) They're Red Hot
11) Dead Shrimp Blues
12) Cross Road Blues (2)
13) Walking Blues
14) Last Fair Deal Gone Down
15) Preaching Blues (Up Jumped the Devil)
16) If I Had Possession Over Judgment Day
17) Stones in My Passway
18) I'm a Steady Rollin' Man
19) From Four Till Late
20) Hellhound On My Trail
21) Little Queen of Spades (2)
22) Malted Milk
23) Drunken Hearted Man Take (2)
24) Me And The Devil Blues (2)
25) Stop Breakin' Down Blues (2)
26) Traveling Riverside Blues (2)
27) Honeymoon Blues
28) Love In Vain Blues (2)
29) Milkcow's Calf Blues Take (2)

A differenza degli altri musicisti del Delta, Johnson aveva assorbito l’idea di montare una canzone composta per i tre minuti di un lato di un 78 giri. La prima canzone registrata, Kind Hearted Woman Blues, era parte di un ciclo di spin-offs e canzoni di risposta che iniziavano con Mean Mistreater Mama (1934) di Leroy Carr. Secondo il musicista e storico della musica Elijah Wald, questa canzone era “la più complessa musicalmente nel ciclo”. In effetti Kind Hearted Woman Blues, a differenza delle altre canzoni del tempo in stile Delta, ha somiglianze con lo stile di Chicago o St. Louis, che ha un arrangiamento musicale abbondantemente pieno e vario.

They’re Red Hot mostra che Johnson era a suo agio anche con lo swing o il ragtime dell’uptown, con un suono simile a quello della jazz band Harlem Hamfats. Ma Elijah Wald afferma che nessuna casa discografica stava cercando quel genere di musica nel Mississippi, anche se “lui avrebbe potuto fare molte più canzoni in questo stile, se i produttori lo avessero voluto.”


Le registrazioni di Johnson vennero rilasciate su diverse etichette: Milkcow’s Calf Blues dalla Perfect Records (a sinistra), Love in Vain Blues dalla Vocalion Records (al centro), e I Believe I’ll Dust My Broom dalla Conqueror Records (in basso)


Robert Johnson insieme all’amico musicista Johnny Shines. La foto è stata autenticata nel 2013


Alcune voci su Robert Johnson

«A un profano, le registrazioni di Johnson possono suonare come il lamento di un altro polveroso musicista Delta. Ma un ascolto attento rivela che Johnson era un revisionista a quei tempi… l’anima vocale torturata di Johnson e il suono ansioso della sua chitarra non si trovano nei blues da campo di cotone dei suoi contemporanei.»

(Marc Meyers, Wall Street Journal)

Un importante aspetto della voce di Johnson era l’uso della microtonalità:

«… nella tradizione africana e afro-americana, c’è la consuetudine dello strumento parlante, a partire dai tamburi, fino alla performance con le sei corde e il collo di bottiglia come slide; divenne una seconda voce competitiva… o una voce complementare nella performance.»
(Bill Ferris, American Public Media: The Story with Dick Gordon)

Alcuni musicisti hanno conosciuto Johnson in contesti diversi: il musicista Shines viaggiò molto insieme a lui; Lockwood lo conosceva quale partner della madre; David “Honeyboy” Edwards sapeva che la cugina Willie Mae Powell aveva una relazione con lui. Ascoltando altri testimoni oculari meno attendibili sull’attività di Johnson, si possono tracciare alcuni dati sul carattere, dai quali emergono un comportamento riservato e alcune piccole debolezze.

«Aveva buone maniere, parlava piano, era indecifrabile.»
«Per quanto riguarda il carattere, tutti sembrano d’accordo nel dire che, mentre era piacevole ed estroverso in pubblico, in privato era riservato e gli piaceva fare a modo suo.»
«I musicisti che conobbero Johnson attestano che era un bravo ragazzo e piuttosto mediocre, a parte, certo, per il suo talento musicale, la sua debolezza per il whiskey e le donne, e il suo legame con la strada.»

Quando Johnson arrivava in una nuova città, voleva suonare agli angoli delle strade o di fronte al barbiere locale o a un ristorante. I colleghi musicisti hanno detto che nelle performance dal vivo Johnson spesso non si concentrava sulle proprie oscure e complesse composizioni, ma invece accontentava gli ascoltatori con canzoni popolari del momento, e non necessariamente blues. Con una capacità di cogliere gli accordi al primo ascolto, Johnson non aveva problemi a dare al pubblico ciò che voleva, e alcuni suoi contemporanei più tardi attestarono l’interesse di Johnson per la musica jazz e country. Johnson aveva inoltre una sconcertante abilità a stabilire un rapporto con il pubblico; in ogni città in cui si fermava, cercava di stabilire legami con la comunità locale che gli sarebbe potuta tornare utile quando fosse ritornato un mese o un anno dopo.


Il compagno musicista Shines era diciassettenne quando incontrò Johnson nel 1933. Costui stimò che il chitarrista fosse forse un anno più giovane di lui. Nel libro Robert Johnson di Samuel Chartes, l’autore sostiene Shines quando dice: “Robert era veramente una persona amichevole, nonostante fosse cupo a volte, sai. E sono dipeso da Robert per un bel po’. Un pomeriggio lui scomparve. Era uno strano tipo di persona. Robert si fermava a suonare in diversi luoghi, suonando come nessun altro. A quel tempo era un caos con lui oltre che un piacere. E i soldi provenivano da ogni direzione. Ma Robert li prendeva e se ne andava lasciandoti lì a suonare. E non lo avresti rivisto forse per le prossime due o tre settimane… Così Robert ed io, noi iniziammo a viaggiare. Io ero proprio, alla fine dei fatti, legato a lui.”


Durante questo periodo Johnson decise di avere una storia relativamente a lungo termine con Estella Coleman, una donna di quindici anni più vecchia di lui e madre del musicista Robert Lockwood, Jr.

E secondo testimonianze, Johnson coltivava una relazione in ogni città in cui suonava. Si presume che Johnson chiedesse a queste giovani donne, che vivevano nelle rispettive famiglie, di poter andare a casa con loro, e nella maggior parte dei casi la risposta era “sì”… finché un fidanzato non tornava o Johnson era pronto per andare avanti.

Nel 1941, Alan Lomax apprese da Muddy Waters che Johnson si era esibito a Clarksdale, nell’area del Mississippi. Dal 1959, lo storico Samuel Charters poteva solo aggiungere che Will Shade dei Memphis Jug Band ricordava che Johnson una volta aveva suonato per poco con lui a West Memphis, Arkansas. Nell’ultimo anno della sua vita, si pensa che Johnson abbia viaggiato a St. Louis e forse in Illinois, e dopo in alcuni Stati dell’est.


La sua importanza


Robert Johnson combinava una tecnica chitarristica sorprendente al canto, all’armonica e all’improvvisazione. Di lui rimangono 29 storiche registrazioni, effettuate tra il 23 novembre 1936 e il 20 giugno 1937, che hanno ispirato musicisti del calibro di Muddy Waters, Bob Dylan, Johnny Winter, Eric Clapton, Jimi Hendrix, Jeff Beck, i Rolling Stones, i Cream, gli Allman Brothers, i Led Zeppelin e i Van Halen. Non a caso Eric Clapton ha affermato:

«Robert Johnson to me is the most important blues musician who ever lived. [...] I have never found anything more deeply soulful than Robert Johnson. His music remains the most powerful cry that I think you can find in the human voice.»
(«Per me Robert Johnson è il più importante musicista blues mai vissuto. [...] Non ho mai trovato nulla di più profondamente intenso. La sua musica rimane il pianto più straziante che penso si possa riscontrare nella voce umana.»)

Molti sono i musicisti che hanno realizzato delle cover delle canzoni di Johnson, tra cui i Led Zeppelin (Travelling Riverside Blues), i White Stripes (Stop Breakin’ Down Blues), i Rolling Stones (Love in Vain e Stop Breaking Down), i Cream (Cross Roads Blues intitolata Crossroads), i Red Hot Chili Peppers (per ovvi motivi They’re Red Hot), e soprattutto i Blues Brothers (Sweet Home Chicago).

Numeroso anche l’interesse nel piccolo e grande schermo, dai documentari ai film, alle serie televisive. Tra tutte queste produzioni vale la pena citare il film Mississippi Adventure (Crossroads, 1986) di Walter Hill, che racconta la vicenda di un ragazzo sulle tracce della trentesima canzone mai incisa da Robert Johnson (sono presenti nel film Steve Vai e Ry Cooder). Oppure il film documentario sulla vita di Johnson, Can’t You Hear the Wind Howl? (1998). Invece, tra i film che hanno usato la musica del chitarrista, oltre al già citato Mississippi Adventure, vale la pena ricordare tra i tanti The Blues Brothers (1980, con Sweet Home Chicago), Chocolat (2000, con They’re Red Hot), The Skeleton Key (2005, con diversi brani, tra cui Cross Road Blues e Come On In My Kitchen), Stoned (2005, con Stop Breakin’ Down).

Notevoli anche altri generi di citazioni, come nei romanzi (per esempio Reservation blues, del 1996 di Sherman Alexie, in cui si immagina Johnson reincarnato fra dei pellerossa nel 1992, o in Mucchio d’ossa di Stephen King, dove viene citato), oppure nei fumetti (gli albi Nato nella palude e Delta blues del fumetto Dampyr parlano della vita e del patto col diavolo, visto qui come un vampiro, o ancora gli albi Gli uomini del Blues e Gli incappucciati del fumetto Martin Mystère, che racconta sempre del patto e, nel secondo caso, della trentesima canzone mai incisa). Altre citazioni si possono ritrovare in canzoni, film, etc.


Ma questo successo è arrivato molto dopo la sua morte. Se nei primi venti anni dopo la morte, qualcuno avesse chiesto a un ascoltatore di musica blues chi fosse Robert Johnson, probabilmente non avrebbe saputo rispondere. Solo con l’album King of the Delta Blues Singers (1961), una compilation delle registrazioni di Johnson, la Columbia Records introdusse il suo lavoro a un pubblico più ampio. Fama e riconoscimento che tuttavia ricevette solo molto dopo la morte.

Il 23 gennaio 1986 è stato tra i primi musicisti a essere introdotto nella Rock and Roll Hall of Fame, segnatamente nella categoria Early Influences. Le canzoni indicate per aver formato il genere rock sono Sweet Home Chicago (1936), Cross Road Blues (1936), Hellhound on My Trail (1937), Love in Vain (1937).
Vinse anche due premi postumi: un Grammy Awards nel 1990 per la categoria “Miglior album storico” con The Complete Recordings, e un Grammy Hall of Fame nel 1998 per Cross Road Blues. Infine, nel 2003, David Fricke classificò Johnson nella rivista Rolling Stone, in una delle sue tanto discusse classifiche, collocandolo in quinta posizione nella Lista dei 100 migliori chitarristi della storia.

Esistono solo tre foto certificate di Robert Johnson (è presente una per ogni parte di questa ricerca). Nel 1973 ne vennero individuate due, in possesso della musicista e sorellastra Carrie Thompson, e non vennero pubblicate fino ai tardi anni Ottanta. Una terza foto, mostra Johnson in posa con il compagno musicista Johnny Shines; venne pubblicata nel novembre 2008 nel magazine Vanity Fair e autenticata nel 2013.


«Il fatto è che Robert Johnson è esistito solo nelle sue registrazioni. Lui era pura leggenda.»

(Martin Scorsese, Love In Vain: A Vision of Robert Johnson)

Gli strumenti


Robert Johnson suonò varie chitarre, prodotte negli anni Venti e Trenta. La chitarra che porta nella fotografia dello studio è una Gibson modello L-1 flat top, con un corpo acustico piccolo, prodotta tra il 1926 e il 1937. Tuttavia non ci sono prove che quella fosse effettivamente la sua chitarra. Infatti lo strumento poteva essergli stato dato dallo studio di registrazione o da qualcuno che Johnson conosceva a Memphis, dove la foto è stata scattata.


Persone che lo conobbero (come i musicisti, Johnny Shines, Robert Lockwood, Honeyboy Edwards, Calvin Fazier, William Moore) dicevano che lui suonava chitarre Stella e Kalamazoo. Ed è anche riportato che nel 1938, ormai vicino alla morte, avesse usato anche una National Resonator con una prima corda aggiuntiva. Ma nessuno ha menzionato che lui suonasse una Gibson L-1 (che sarebbe stato uno strumento troppo costoso da acquistare per lui). La chitarra che porta nella foto dove fuma una sigaretta si crede sia una Kalamazoo modello KG-14, e alcuni credono che Johnson usò una KG-14 anche nelle leggendarie sessioni del 1936-1937. Le chitarre Kalamazoo era offerte dalla Gibson durante la grande depressione e la KG-14, in origine, costava $12.50. Questo fa dunque pensare che per questioni di prezzo fosse più accessibile a Robert Johnson rispetto ad una L-1.

Steve LaVere, uno storico del blues e agente per il patrimonio di Robert Johnson, volle creare una chitarra dedicata alla memoria del bluesman. Si rivolse alla Gibson con questa idea, ma furono lenti a decidersi. Mentre aspettava partecipò al 14th annual KLON Long Beach Blues Festival, ed incominciò a discutere la sua idea con John Maher, direttore del marketing per la Valley Arts Guitar. Poco dopo venne trovato un accordo per creare la nuova versione della L-1, dedicata alla memoria di Robert Johnson.


Una Gibson L-1 del 1928 (a sinistra) e una Kalamazoo KG-14 (a destra)

Early this mornin'
When you knocked upon my door
Early this mornin', ooh
When you knocked upon my door
And I said, “Hello Satan,
I believe it's time to go.”

Robert Johnson - Me And The Devil Blues

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