L'epicureismo raccontato da John Sellars

 


Sellars è anche autore di un libro analogo sullo stoicismo. Ciò che distingue le due scuole di pensiero è che gli stoici proponevano di coltivare un carattere virtuoso e consideravano la Natura come razionalmente ordinata, mentre i secondi promuovevano il piacere e pensavano che il mondo naturale fosse il prodotto del caos. C’erano però anche dei punti di accordo, come il presupposto per cui la nostra conoscenza passi attraverso i sensi, ovvero che tutto ciò che esista sia materiale, e che noi moriamo con i nostri corpi.

 

Dopo alcune peregrinazioni giovanili, Epicuro fondò il Giardino, poco fuori da Atene, una comunità filosofica autosufficiente, dove vivevano gli epicurei: non era però una comune, e ciascuno conservava la propria proprietà. Del maestro ci restano frammenti e tre epistole: a Erodoto, sulla teoria fisica; a Pitocle, sulla meteorologia; a Meneceo, sull’etica e l’eudaimonia.

Epicuro considerava la sua filosofia terapeutica e aperta a tutte le età: la felicità deriva dalla calma, dalla tranquillità mentale, e per raggiungerla si devono superare i desideri frustrati e l’ansia del futuro. È la conoscenza di come funziona il mondo (la fisica) a renderci liberi, poiché molte delle nostre paure e ansie sono il risultato dell’incapacità di vedere le cose come sono davvero, che si tratti di non riuscire a comprendere veramente di che cosa abbiamo bisogno per stare bene o di immaginare minacce che in realtà non esistono.

Per certi versi, molte idee epicuree sembrano ben adattarsi a una contemporanea retorica New Age. È solo un’apparenza formale: l’atarassia epicurea ha a che fare con la comprensione della Natura, della fisica, non con una rivelazione, o una presunta ispirazione. L’Epicureismo è quindi più vicino all’approccio scientifico.

 

Epicuro distingueva i piaceri in attivi (o cinetici) e in statici (o catastematici), ovvero il piacere che deriva da un’azione o da uno stato di cose: il piacere perseguito dall’epicureo è statico, di appagamento, per cui una volta fermata la fame con il cibo, non è necessario ingozzarsi. Il limite al piacere è il raggiungimento di un piacere statico, mentre l’eccessivo piacere produce a sua volta il dolore (chi mangia troppo soffre di indigestione).

Affrontiamo il dolore fisico ogni giorno, ma è il dolore mentale a fare da padrone, cioè la preoccupazione che ci possa essere una sofferenza futura: piaceri e dolori mentali incidono di più sulla nostra vita. Secondo Epicuro, i principali piaceri sono quattro: p. fisico attivo (mangiare), p. fisico statico (non avere fame), p. mentale attivo (godere di una conversazione tra amici), p. mentale statico (non essere turbati da qualcosa, l’ataraxia).

 

Epicuro incoraggia a moderare i nostri consumi, così da apprezzare in modo adeguato i piaceri non necessari quando ce li concediamo: il problema non sta nel godimento, sta nel dare le cose per scontate. Adottare questo approccio ci rende più generosi: regolare i desideri in base alla necessità permette di dare più che di ricevere (principio di autosufficienza). Inoltre, sapere che non abbiamo bisogno di molto protegge la nostra libertà e autonomia, perché senza desiderare molto si riduce anche la dipendenza.

Secondo il filosofo, la sofferenza fisica è più facile da sopportare di quella mentale: un esempio  calzante è rappresentato da una giornata trascorsa a visitare una città, che ci lascia certo con i piedi doloranti, ma soprattutto con ricordi memorabili. Estendendo il discorso, in una società che riconosce una serie di valori come inalienabile, e rapportando questi valori al benessere del singolo e della collettività, ne deriva che è giustificato pensare che sia più gradito e fonte di felicità difendere questi valori che perderli in nome di un quieto vivere illusorio, fonte invece di un dolore fisico e mentale.

 

Centrale è poi l’amicizia: sapere che ci siano persone cui possiamo rivolgerci nelle difficoltà ci aiuta a ridurre l’ansia per il futuro. La politica, invece, era cosa da evitare per gli epicurei: sul modello di un contratto sociale, le persone si raccolgono in comunità, cedendo libertà in cambio di sicurezza; la giustizia è dunque fondata su sentimenti di sospetto e di paura. La filosofia epicurea è rivolta soprattutto al singolo, o a una comunità apolitica.

Sul piano spirituale, Epicuro riconosceva l’esistenza degli dèi, ma non riteneva che essi si occupassero attivamente della gestione dell’universo: le divinità sono felici e questo non si accorda con una divinità vendicatrice. La loro funzione per l’essere umano è quindi di modello ideale a cui tendere. Epicuro ne riconosceva l’esistenza perché riteneva l’universo infinito, così come gli atomi che lo compongono, per cui esistono infinite combinazioni di atomi, che danno origine a ogni possibilità, anche quella di una dimora degli dèi.

L’insegnamento forse più pregnante riguarda però la morte. Essa è assenza di ogni sensazione, dunque non è né buona né cattiva, e allora non dovrebbe intimorirci: secondo l’epicureo Lucrezio, se la nostra non-esistenza prima della nascita non è un problema, allora non ci dovrebbe preoccupare nemmeno la non-esistenza dopo la morte.

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