Una storia a naso. Cyrano de Bergerac

 

Un'illustrazione tratta dalla prima rappresentazione,
pubblicata su L'Illustration dell'8 gennaio 1898

Talvolta, vengono alla luce veri e propri “casi letterari”, opere inaspettate che ottengono un grande successo e che rischiano, spesso, di costringere l’autore all’interno di un nuovo standard. Cyrano de Bergerac (1897) è un’opera teatrale di questo genere.

Edmond Rostand la scrisse in distici rimati in dodecasillabi, pur prendendosi qualche libertà. La storica traduzione italiana di Mario Giobbe, riproposta nella più recente edizione Bur Rizzoli, cerca di mantenere la tensione dei versi in rima, rifacendosi in chiave comica alla tradizione della poesia cavalleresca franco-italiana.

 

Il primo sipario si alzò il 27 dicembre 1897 al parigino Théâtre de la Porte Saint-Martin. Il ruolo del protagonista fu interpretato da Benoît-Constant Coquelin e il successo fu tale che ritornò nei suoi panni per oltre quattrocento volte, con una tournée in Europa, nel bacino del Mediterraneo, fino a spostarsi nel Nord America.

Meticolosa la cura per la scenografia, che prevede innumerevoli particolari e un nutrito numero di attori, in una messa in scena difficile da rendere in maniera fedele.

Ma chi è il protagonista del titolo? Hercule Savinien de Cyrano de Bergerac è un personaggio realmente esistito: un filosofo e scrittore eclettico seicentesco, un duellante e un proto-libertino, che leggeva opere in odore di eresia, da Tommaso Campanella a Thomas More, da Niccolò Copernico a Galileo Galilei.

Il personaggio creato da Rostand è invece un cadetto, ovvero un nobile arruolato nell’esercito francese, dal carattere sfacciato ma non arrogante. È un esperto spadaccino e un abile oratore, ma nutre un’insicurezza dovuta a un difetto fisico: un naso piuttosto grande. Teme così di esprimere il suo amore per la cugina Rossana e ciò alimenta l’intreccio dell’opera.

 

Il primo atto è ambientato a Parigi nel 1640, all’Hôtel de Bourgogne. Qui sta per svolgersi uno spettacolo intitolato La Clorise e il pubblico comincia a riempire la sala. Tra gli altri, giunge il cadetto Cristiano de Neuvillette, innamorato di Rossana, che scopre come il conte de Guiche sia intenzionato a sposarla.

All’ingresso dell’attore Montfleury, Cyrano interrompe lo spettacolo sul nascere e lo costringe a lasciare il palco, non ritenendolo all’altezza. Il pubblico si lamenta, il nobile Valvert lo sfida a duello, ma Cyrano ha la meglio.

L’inizio dell’opera è lento. Le prime pagine sono come l’intonazione degli strumenti prima di un concerto. I personaggi scambiano convenevoli, il lettore (o lo spettatore) rimane estraneo ai dialoghi per lungo tempo, fino a quando – in un meccanismo metateatrale poi sdoganato da Pirandello – il palco fittizio tenta di dar vita alla storia. Cyrano, però, ruba la scena e mette sùbito in luce il suo carattere estroverso e beffardo, in un crescendo d’azione, fisica e verbale.

 

Più debole il secondo atto, ambientato nella panetteria di Ragueneau, punto di ritrovo per poeti squattrinati. Cyrano si decide a confessare il proprio amore per Rossana, ma essa lo anticipa parlandogli dell’amore che prova per Cristiano de Neuvillette. La donna ottiene dal cadetto la promessa di proteggere l’amato da ogni pericolo.

Poco dopo, Cristiano provoca Cyrano riferendosi al suo naso, ma quest’ultimo si trattiene per mantenere fede alla promessa. La tensione sale ancora, finché i due cominciano a parlare di Rossana: Cristiano confessa la sua pessima eloquenza e Cyrano si offre di aiutarlo a conquistare la cugina.

A fronte di innumerevoli particolari descrittivi, difficili da ricostruire sulla scena, e di nuovi dialoghi frammentari, l’atto ritrova forza nell’ironico battibecco tra Cristiano e Cyrano, fondato su giochi di parole, allusioni e bisticci, abilmente ripartiti tra i personaggi. L’accordo finale, siglato da un abbraccio, è un bel momento comico, sottolineato dallo stupore dei presenti che si aspettavano invece la consueta rissa “da locanda”.

 

Il terzo atto è ambientato presso la casa di Rossana. Cyrano incontra la donna, che si dichiara estasiata per le splendide lettere ricevute da Cristiano (scritte a sua insaputa da Cyrano). Il protagonista si congeda e giunge de Guiche, che annuncia la partenza in guerra contro gli spagnoli. Rossana ottiene che il cugino e i suoi cadetti possano restare lontani dal fronte, sebbene questo significhi rinunciare alla gloria militare.

Frattanto Cyrano cerca di imbeccare Cristiano sulle parole da dire all’amata, ma questi dice di voler parlare con parole proprie. L’uomo si rende ridicolo e Rossana si allontana dal balcone triste e arrabbiata. Cyrano ci mette una pezza: sussurra le parole a Cristiano e, alla fine, ne prende il posto sotto al balcone, favorito dall’oscurità. Il corteggiamento riesce e Cristiano ottiene un bacio dalla donna.

Nottetempo i due convolano a nozze segrete. Durante il rito nuziale, Cyrano incontra de Guiche e, nascondendo il volto, si finge pazzo per prendere tempo. Racconta di un mirabolante viaggio sulla Luna degno di Ariosto e de Guiche, scoperta l’identità dell’uomo, non può che congratularsi invitandolo a scrivere un libro.

Scoperta la beffa, però, de Guiche annuncia di volerli mandare in prima linea. Disperata, Rossana esorta Cyrano a proteggere Cristiano. Lo scambio di battute tra i due è su toni patetici, con il protagonista costretto a sentire la propria amata legata a un altro uomo. Le promette comunque di sollecitare Cristiano a scriverle ogni giorno.

 

L’atto quarto è dedicato all’azione e ruota intorno all’assedio di Arras. Gli spagnoli circondano le forze francesi, ma Cyrano trova il modo di far giungere a Rossana due lettere al giorno, scritte da lui con la firma di Cristiano.

All’improvviso, la donna giunge su una carrozza guidata da Ragueneau. Cyrano confessa a Cristiano dei messaggi quotidiani e gli consegna una lettera personale, da dare alla donna nel caso fosse morto. Rossana dice a Cristiano di amare la sua anima e che lo amerebbe anche qualora fosse brutto. A queste parole, in un impeto di coscienza, Cristiano cerca di convincere Cyrano a rivelare il proprio amore, ma quando questi prova a dichiararsi, il giovane viene ferito a morte. Il protagonista sceglie di celare la verità alla donna e si lancia nella battaglia.

Questa parte è suddivisa in due momenti che si alternano. Troviamo la tensione dovuta all’assedio, alla mancanza di vettovaglie, e alla consapevolezza dell’imminente fine. Segue un momento di insperata ironia e quasi di speranza, favorite dall’aura della bella e intelligente Rossana. Il banchetto improvvisato è un’ultima cena degna del medievale Gaudeamus igitur o dei rinascimentali Canti carnascialeschi di Lorenzo de’ Medici. A un tratto torna però la contingenza della guerra e i soldati, rinfrancati e orgogliosi, sono pronti ad affrontare l’avversario, se non per la patria, per la difesa della dama gentile.

 

Il quinto atto è ambientato quindici anni dopo, in un convento fuori Parigi, dove risiede l’inconsolabile Rossana. La donna incontra de Guiche, divenuto ormai un buon amico, e altri personaggi. Arriva infine Cyrano, che aveva preso l’abitudine di raccontare a Rossana le novità del mondo.

Quel giorno, però, l’uomo è stato ferito da un tronco caduto da un alto edificio (la stessa sorte toccata al personaggio storico) ed è prossimo alla morte. Vedendo l’amata, cela il suo dolore; le chiede di leggere la lettera d’addio di Cristiano e, pronunciando quelle parole all’ombra, Rossana si rende conto che l’autore delle lettere era stato Cyrano. Ormai in fin di vita, Rossana dice di amarlo, e egli muore tra le braccia degli amici Le Bret e Ragueneau, elargendo ancora una volta i motti di spirito che lo avevano contraddistinto.

 

Cyrano è un personaggio leale e cavalleresco, di una cavalleria i cui ideali sembrano persi in un passato remoto. È, per certi versi, vicino al grande Don Chisciotte.

Cristiano è un personaggio a lui speculare: di eccellente aspetto, manca tuttavia di eloquenza e, di fronte a Rossana, esprime solo parole banali, ripetitive o troppo schiette, incapaci di alimentare la fiamma dell’amore. Cyrano, conscio di che cosa significhi patire per un proprio difetto, sceglie di aiutare il cadetto contro i suoi interessi.

Cyrano de Bergerac risulta così un testo teatrale malinconico, di un romanticismo alla Hayez, memore dei valori sacri del medievalismo, ma è al contempo divertente. L’intreccio ricorda le più classiche commedie greco-latine, tra equivoci, non detti e giochi di parole. Le battute di spirito strappano oggi un sorriso più che una risata, perché suonano ormai obsolete, ma non mancano scambi di viva quanto elegante ironia.

Cyrano è un personaggio eterno della letteratura. All’epoca in cui uscì l’opera, il suo valore consisteva soprattutto nel richiamo nostalgico a un sentimento cavalleresco e a una spontaneità del vivere preborghese. Oggi, invece, può essere letta come l’incontro tra una favola idealizzante e la realtà costituita da fragilità. Cyrano è tanto l’esempio di ciò che comporta limitare le proprie emozioni basandosi su un pregiudizio (anche verso se stessi), quanto il modello di colui che, nonostante i limiti, affronta la vita a testa alta, con coraggio e sprezzo del pericolo, ma senza prendersi mai troppo sul serio. È in quest’ultimo punto che egli prende le distanze dalle fantasie donchisciottesche.

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