Qualità della vita. Io sono con il Sud

Ieri ho letto e sentito della classifica de 'Il Sole 24 Ore' a proposito della qualità della vita in Italia. (1) Ai primi due posti Trento e Bolzano; in fondo Napoli e provincia. Al che mi sono posto alcune domande e mi sono dato alcune risposte.

È noto che al Sud dilaghi il lavoro a nero, con la Calabria in testa (2). Così come sappiamo bene dei continui crolli che riguardano per esempio Pompei. Sappiamo degli enormi problemi ambientali che interessano soprattutto il meridione (3), usato come discarica d’Italia, non solo di comuni rifiuti, ma anche di scarti radioattivi delle ex centrali nucleari. Sappiamo infine dell’esistenza storica della malavita e dei grossi problemi di corruzione, con la Campania al secondo posto a livello nazionale per numero di assessori indagati per peculato.

Sono cose note a tutti noi. Ma come spieghiamo questo sistema? In genere capita di generalizzare dicendo che si tratta di una mentalità diversa: al Nord ci sono le regole, la giustizia, un modo di fare quotidiano che sia pratico e volto al profitto; al Sud, invece, regna una sorta di barbarie, più o meno accentuata a seconda del rapporto personale che si ha con queste regioni.
Ma questa risposta mi è sembrata troppo semplicistica, troppo unilaterale. Sembra quasi che la colpa di questa mentalità differente sia da attribuire ai meridionali stessi e che siano loro a dover cambiare per adattarsi al resto della penisola. Al contrario, io penso che tale cambiamento non deve partire dagli abitanti del sud, ma dallo Stato. Mi spiego. Una popolazione, quale quella del meridione, non può trovare la forza di rinnovarsi, priva com’è dei mezzi materiali per cambiare questo modo d’essere (che è frutto di una reazione ai bisogni primari che vengono loro negati: è vera e propria lotta per la vita).

Avrete notato che prima ho detto che la Campania è al secondo posto per assessori indagati per peculato: al primo posto, infatti, si trova la Lombardia. Questo dato spezza l’idea di una doppia mentalità, perché a certi livelli (politici, economici, etc.) la corruzione esiste tanto al Sud quanto al Nord. Così come esiste anche al Nord la malavita.
In tutto questo entra in gioco lo stato, che da anni continua un’infinita trattativa con la mafia, che ha portato a un'apparente riduzione degli attentati mafiosi. O, forse, è meglio dire che sono cessate le esecuzioni eclatanti di stampo mafioso, ma non quelle che riguardano la “piccola popolazione” che affronta il problema in tutta solitudine. E non può chiedere aiuto allo stato, perché lo stato stesso è in certi casi più mafioso della mafia stessa, che – dal proprio canto – si è istituzionalizzata. Se non direttamente, quantomeno nella mentalità del potere: in questo modo si estende dal Sud all’Italia intera. E non è colpa – come alcuni pensano – del meridione, ma dello stato che ha fallito.
In diplomazia si dice che uno Stato non può permettersi di trattare con i terroristi: ebbene l’Italia lo ha fatto; ha ceduto quando bisognava dare un nuovo impulso a questa guerra. Ha avuto paura di andare fino in fondo ed ha finto e finge di avere in mano la situazione.

Dunque il discorso diventa sempre più complesso. Per fare in modo che il Sud torni a progredire bisogna cambiare la mentalità del potere, che significa cambiare la maggioranza di pensiero che attualmente ci identifica come nazione.
Bisogna rifare gli Italiani. A costo di creare malcontento in quelle zone in cui si applaude ai boss mafiosi che vengono arrestati. In quei luoghi, infatti, lo stato nello stato non è la mafia o la camorra, è lo stato stesso. Perché laddove un governo ha paura di intervenire, ci sono dei mafiosi che garantiscono entrate immediate, che danno qualcosa di concreto sebbene illegalmente. E nessuno, se privato di un’alternativa migliore, sputa nel piatto dove ha mangiato. Né morde la mano che lo ha nutrito.

È lo Stato che deve prendere il posto della mafia e offrire i benefici primari al meridione, dargli i mezzi per cambiare storia. Io non sono un politico né un magistrato, sono però una persona con un pizzico di buon senso, che perlomeno vuole porre la questione in termini nuovi, più corretti. E quindi penso ad abbreviare i processi nei casi che riguardano la malavita; penso che una volta scelta una strategia, si debba agire in tempi brevi e il più possibile risolutivi. Penso anche che si possa agire indirettamente, ridiscutendo la legalizzazione delle droghe leggere e proponendo la riapertura delle case chiuse. Vale la pena leggere queste parole, ricavate dall’Urbanpost (4):

Secondo uno studio effettuato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e da Transcrime (reperibile tranquillamente al sito www.investimentioc.it), datato febbraio 2013, il ricavo annuale delle mafie presenti in Italia si aggira intorno ai 25,7 miliardi di euro. Di questi il 23,4 per cento (poco più di 6 miliardi) è ricavato dal traffico di tutte le droghe mentre l’8,2 per cento (2,1 miliardi circa) dal traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale. Ponendo che dei 6 miliardi provenienti dal traffico di droghe, il 50 per cento (anche se forse la percentuale può essere maggiore) derivi da quello delle droghe leggere (hashish e marijuana) ed aggiungendo i 2,1 miliardi dello sfruttamento della prostituzione, si parla di 5,1 miliardi di euro l’anno (mediamente) destinati agli introiti di Cosa Nostra, Camorra, ‘Ndrangheta, criminalità organizzata pugliese e altre mafie.

Direi quindi che su questo argomento non c’è altro da aggiungere: i dati parlano da sé.
Ora vorrei arrivare alla conclusione, spezzando una lancia in favore del Sud Italia. Ritorno a quanto detto all’inizio, cioè che Trento e Bolzano sono ai primi posti in Italia per la qualità della vita. Io non metto in dubbio che a Bolzano la vita sia migliore. Io stesso ci sono stato: tutto è in ordine, pulito, dal punto di vista ambientale si resta a bocca aperta... insomma, è più una città simile a Vienna (considerata persino la città più vivibile del mondo, [5]) che a Milano.

Ma sarà che i primi della classe non mi piacciono, sarà che non sopporto quando sento Ugo Rossi, presidente della provincia di Trento (alias uno sconosciuto), affermare con saccenza che essendo Trento una città autonoma, loro e Bolzano si alternano per essere i migliori in Italia.
E mi fa alterare anche Luigi de Magistris, sindaco di Napoli, quando sbandiera slogan fuori luogo come “gli ultimi saranno i primi” e poi cerca di spiegare che la colpa non è di Napoli, ma del resto della provincia (i “veri pezzenti” a quanto pare) che è stata inclusa nella statistica insieme al capoluogo.

Però sono anche convinto, per esperienza personale, che in città come Bolzano ci sia una chiusura generale prima di tutto verso gli italiani stessi; c’è vera e propria freddezza nelle persone. E la mia non è una questione di simpatia, ma di benessere. Stando a Bolzano mi è sembrato di percepire la stessa diffidenza che si ritrova in certe zone dell’Istria, per esempio, dove quasi tutti parlano e comprendono almeno un po’ di italiano e invece fanno finta di non capirti.

Al contrario Napoli (e anche qui parlo per esperienza diretta dato che ho molti parenti in questa città) ha molto di più da offrire in termini di cultura e soprattutto di umanità. Quando ripenso a Napoli percepisco, sopita e silenziosa, la vera mentalità partenopea da riscoprire ed esportare. Una mentalità sempre pronta ad aprirsi al diverso; un modo di essere che ha identificato non solo la Campania, ma il modello stesso di italiano nel mondo.
Questo è forse uno dei grandi patrimoni internazionali che dobbiamo salvaguardare. E che proviene proprio dal Sud.
Questo non voleva essere un confronto (o scontro) tra settentrione e meridione, anzi. Il Trentino-Alto Adige è una terra nella quale ritorno spesso per godere della sua natura, dei cibi e, sì, anche delle persone. Tuttavia per una volta vale la pena mettere in luce la grandezza del meridione anche in confronto a un Nord che si fa tanto superiore verso certi atteggiamento del Sud, ma che ha sempre accettato in modo silenzioso i vantaggi che i governi gli hanno concesso sin dall’Unità d’Italia. Anche e soprattutto a discapito del Sud.

Si possono fare classifiche e statistiche all'infinito, ma quando una persona prova il calore umano che si ritrova al Sud, non può che guardare con ammirazione a questo popolo, che di fronte ad ogni violenza sa godersi la vita con un sorriso e una melanconica speranza.

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