Diario di viaggio. Roma
Venerdì 13 dicembre 2013
Il viaggio
Per molti non sarebbe un buon giorno per uscire di casa. Per
un antico romano con le nostre tradizioni sarebbe perlomeno un giorno nefasto. Eppure, il viaggio incomincia
alle 8:44 a Pordenone. Mi dirigo a Mestre, dove alle 10:07 mi attende il treno
per Roma Ostiense. Prima novità: niente Trenitalia, decido di provare con Italo
Treno.
E devo confessare che questa scelta è stata vincente.
Puntualità di sapore “svizzero”, un addetto che ti indica la zona della tua
carrozza prima ancora che il treno venga annunciato. Infatti i posti sono
prenotati, con il tuo sedile e la tua carrozza. Si può scegliere l’ambiente
Smart, oppure la carrozza “cinema” e così via. Ci sono macchinette per il
mangiare (i prezzi certamente più alti del normale, ma meno del solito),
nell’eventualità non manca il vagone ristorante. C’è pure il Wi-Fi, lento, ma
funziona. Per non parlare dei servizi, puliti, perfetti come nessuno si
potrebbe aspettare da Trenitalia. La differenza è notevole, soprattutto di
prezzo. Perché con Italo Treno, se si prenota con largo anticipo, si ottengono
prezzi niente male. Io avevo prenotato due settimane prima, quindi non proprio
in “largo anticipo”, ma ho pagato comunque intorno agli ottanta euro (contro i
più di cento di Trenitalia).
Risultato: maggiori servizi, affollamento e confusione del
treno pari a zero, durata del viaggio solo tre ore e mezzo. In proporzione – ed
è assurdo – mi è costato di più il biglietto di Trenitalia per la tratta
Pordenone-Mestre. Detto questo, mi rendo conto che Italo Treno non copre molte
tratte, almeno per il momento, e che abbia un look che per così dire “inquieta”
un po’. Ma niente paura, a bordo si scopre la vera natura di questa azienda che
finalmente crea concorrenza a Trenitalia, magari costringendola a migliorarsi.
E ancora: mi rendo anche conto che è facile per una nuova azienda, ricca di
recenti e notevoli investimenti, proporre uno standard di medio-alto livello,
anche perché deve controllare poche tratte rispetto a Trenitalia che è invece
impegnata capillarmente su tutto il territorio nazionale. Dunque Italo treno si
espanderà? Riuscirà in tal caso a mantenere la sua qualità e i suoi prezzi?
Vedremo, per ora è una realtà italiana in piacevole crescita.
Questo per quanto riguarda il viaggio in sé e per sé. Che
rappresenta, come si sa, una parte integrante di ogni esperienza di questo
genere.
Campidoglio e
cerimonia del Premio Belli
Arrivo a Roma Ostiense intorno alle 14:10, con un quarto
d’ora di ritardo (ma segnatamente, non mi è pesato come potrebbe pesare un
ritardo di Trenitalia).
Dalla stazione decido di evitare la strada a piedi e prendo
l’autobus 715, scendendo alla fermata di Teatro Marcello. Di lì proseguo a
piedi fino a Piazza del Campidoglio. Inizia così la visita vera e propria alla Città.
Salgo la famosa Cordonata capitolina e mi soffermo un attimo
di fronte alla statua di Cola di Rienzo. Mi sembra utile qui citare una parte
dell’enciclopedia Treccani.it (1),
in cui del personaggio si afferma:
La breve esperienza di C., per avere espresso
suggestivamente il trapasso dai miti universalistici medievali di Impero e
Chiesa verso ideali, più moderni, di un Impero che avesse nel populus
romanus (inteso come nazione italiana) il suo centro, e di una Chiesa
realizzatrice di valori più spirituali, è stata da taluni storici intesa più come creatrice di storia di quanto in realtà non sia stata, anche per il fatto che
si intrecciò con l’esperienza petrarchesca, certo più determinante nella storia
della cultura.
Continuo a pensare al personaggio mentre fotografo il
Campidoglio. E vado oltre, fino a vedere dall’alto il Foro Romano. Decido di
non scendere per questioni di tempo, dal momento che ero già passato di lì anni
addietro, però non mi privo della bellezza del luogo. Penso che oggi è (o
dovrebbe essere) normale pensare a queste rovine come a qualcosa di notevole
importanza storica. Ma cerco anche di immedesimarmi in quelle persone che nel
passato sono riuscite a cogliere soprattutto l’importanza spirituale di quelle
rovine. In quella incredibile concentrazione di templi, basiliche, archi,
colonne, etc., ringrazio questi letterati, storici, intellettuali che, oltre ad
una datazione meramente numerica, hanno contribuito a creare il mito di Roma,
oggi patrimonio dell’Umanità intera.
A questo punto visito i Musei Capitolini, ed è inutile
avventurarsi in una descrizione dettagliata, perché si passa dai dipinti di
Caravaggio alla statua equestre di Marco Aurelio, dalla Medusa di Bernini alla
Venere Capitolina. Ogni corridoio o sala è un’immersione nell’oceano dei
secoli. Alla base di tutto, il filo conduttore è la mitologia, o la storia
mitizzata. Attraverso il Tabularium ed osservo da una nuova angolazione il Foro
Romano; poi torno indietro e passo la sotterranea galleria lapidaria, la cui luce
soffusa contribuisce a creare quell’atmosfera sacra e distante. Infine, per
così dire, ritorno alla luce.
Pranzo veloce e cerimonia nella Sala della Protomoteca, dove
sono contenute statue e busti in marmo, sempre al palazzo del Campidoglio.
Questa è la vera ragione del mio viaggio, ovvero la finale del Concorso
Nazionale Letterario d’Arte
e Cultura Giuseppe
Gioachino Belli (viva la sintesi!). Preciso fin da subito che non sono andato
oltre la finale, ma – che dire – una volta arrivato a Roma non si può dire che
abbia buttato via il mio tempo, anzi. La cerimonia stessa è stata un’occasione
di arricchimento personale. Ecco le mie impressioni.
Inizialmente l’incontro
si è svolto con una certa pesantezza. Si capiva dagli sguardi (e dai discorsi
sottovoce) che dalla seconda fila in poi gli invitati erano perlopiù annoiati. Si
percepiva che il relatore si trovava lì per svolgere una funzione che, forse,
dopo più di venti anni non gli permette di avere una grande capacità
persuasiva. Non mi è piaciuta poi la comparazione tra Belli e Dante (presente
in forma di busto in marmo con il solito sguardo arcigno), in quanto il
relatore sosteneva che Belli non aveva nulla da invidiare a Dante, che pure
scriveva nel suo dialetto. Il successo di Dante, a suo dire, è dovuto alla
diffusione che ha avuto il fiorentino. Da parte mia non ho condiviso. Sebbene
non voglia entrare nel merito della questione, c’è un motivo più profondo del
perché Dante sia considerato il padre della nostra lingua e non si può parlare solo di
questioni storiche né di casualità.
Per il resto, dopo i
lunghi ringraziamenti e un video con immagini distorte ed audio per metà
incomprensibile, inizia la parte più interessante.
Infatti, due attori
(purtroppo non mi sono segnato né ho trovato in rete i nomi di attori e
musicisti) hanno incominciato a recitare ad arte alcune poesie di Belli, per
chi non lo sapesse: un poeta romano del XIX secolo (2). Per dare l’idea del genere di sonetti che ha
composto, ho deciso di riportarne due tra quelli recitati:
LI SOPRANI DER MONNO VECCHIO
C’era una volta un Re cche ddar palazzo
mannò ffora a li popoli st’editto:
- Io so’ io, e vvoi nun zete un cazzo,
sori vassalli bbuggiaroni, e zzitto.
Io fo ddritto lo storto e storto er dritto:
pozzo vénneve a ttutti a un tant’er mazzo:
Io, si vve fo impiccà, nun ve strapazzo,
ché la vita e la robba Io ve l’affitto.
Chi abbita a sto monno senza er titolo
o dde Papa, o dde Re, o dd’Imperatore,
quello nun po’ avé mmai vosce in capitolo -.
Co st’editto annò er boja pe ccuriero,
interroganno tutti in zur tenore;
e, arisposero tutti: È vvero, è vvero.
Roma, 21 gennaio 1832
ER CONFESSORE
Padre... - Dite il confiteor. – L’ho ddetto. -
L’atto di contrizione? - Ggià l’ho ffatto. -
Avanti dunque. - Ho ddetto cazzo-matto
A mmi’ marito, e jj’ho arzato un grossetto. -
Poi? - Pe una pila che mme róppe er gatto
Je disse for de mé: “Ssi’ mmaledetto”;
E è ccratura de Ddio! - C’è altro? - Tratto
Un giuvenotto e cce sò ita a lletto. -
E llì ccosa è ssuccesso? - Un po’ de tutto. -
Cioè? Sempre, m’immagino, pel dritto. -
Puro a rriverzo... - Oh che peccato brutto!
Dunque, in causa di questo giovanotto,
Tornate, figlia, con cuore trafitto,
Domani, a casa mia, verso le otto.
Roma, 11 dicembre 1832
Già
con il primo sonetto penso che molti abbiano ricordato chi sia Giuseppe
Gioachino Belli. Dopo aver sentito queste poesie, mi sono anche accorto che
nell’introduzione, l’assessore alla cultura, nelle vesti del sindaco Marino,
aveva affermato il contrario della realtà. Accusando la critica letteraria
odierna di utilizzare un linguaggio popolare e il più delle volte di basso
livello, è passato a criticare anche l’odierna politica, senza fare nomi,
basata sugli insulti più che sul dialogo. Niente da dire, se non fosse che ha
paragonato l’opera di Belli (vista come rappresentazione dei costumi dell’epoca)
ad una raffinata critica del periodo. Aspetto che è stato smentito dal contenuto
sopracitato. Che richiama altre esigenze; altri interessi.
Fatto
sta che alla recitazione dei sonetti si è alternata la musica della tradizione
romana. Una chitarra classica, percussioni e tre voci femminili, che mi ha
riportato a quella Roma degli anni Cinquanta e Sessanta; la Roma di Cinecittà, de
La dolce vita, etc.; una Roma che
credevo non esistesse più, se non nelle menti dei turisti stranieri. Non a
caso, prima della visita ai Musei Capitolini, avevo visto una ragazza straniera
che camminava con dei tacchi a spillo e una gonna tra le pietre e la terra
degli scavi. Mi aveva fatto sorridere il look ormai fuori luogo, fino a quando,
ascoltata quella musica, mi sono reso conto che quella Roma esiste ancora. E –
come sempre – una parte della città si trasforma uniformandosi ai tempi, mentre
un’altra parte rimane ancorata al proprio passato, contribuendo a formare
l’enorme mosaico culturale della Città.
Dal Campidoglio a Casilina-Berardi
Al termine della cerimonia mi sono spostato a piedi fino al
Colosseo, in una passeggiata serale lungo i Fori Imperiali. Del Colosseo rimane
solo la foto esterna, sia perché ormai era chiuso, sia perché l’avevo già
visitato nella mia prima visita a Roma. Alla stazione della metropolitana
incontro una simpatica ragazza mulatta, che, dopo averle dato un biglietto in
più, mi aiuta a non perdermi. Scendendo le scale e chiedendomi di parlare
più lentamente mi sono accorto che mi stava leggendo il labiale. Era sorda, ed
io non ci avevo nemmeno fatto caso. Al massimo avevo pensato che fosse
straniera perché faticava a parlare. Comunque sia mi è dispiaciuto non averle
nemmeno chiesto il nome; talvolta bastano pochi minuti per cogliere la bontà di
una persona. Ma alla fine rimane solo un “grazie”, che per alcuni significa
molto, per altri è l’ennesimo intercalare di saluto. Spero che abbia colto la prima soluzione.
Dunque prendo la metro MEB1 in direzione Conca D’oro. Scendo
a Termini e prendo l’autobus 105 con capolinea a Stazione Grotte Celoni. Scendo
alla fermata Casilina-Berardi e proseguo a piedi dall’amica che mi ha ospitato
in questo breve soggiorno romano. Un appunto: una volta scesi a Termini
conviene prendere l’altra linea della metropolitana per raggiungere la propria
meta, dal momento che la stazione degli autobus di Termini è piuttosto grande e
caotica. Senza contare l’autobus che ha cambiato numero un istante prima di
partire.
Sabato 14 dicembre 2013
Da Cinecittà al
Pantheon
Il giorno seguente ho girato per la città con la mia amica.
Speravo davvero di riuscire a visitare gli studios di Cinecittà, invece mi
resta solo la fotografia della scritta esterna. La ragione è semplice: venti
euro per il biglietto intero, quindici per il ridotto. E, dal momento che non
sono un regista o uno studente di cinematografia, ho deciso che quella foto
esterna poteva bastare.
Il resto della mattinata è stata una sorta di lunga
passeggiata, in cui ho attraversato Piazza di Spagna (e per l’ennesima volta
non ho salito la scalinata!), ho rivisto la Fontana di Trevi ed ho visitato per
la prima volta il Pantheon. Nota: se siete interessati non solo a vedere la
bellezza dell’edificio ma anche a conoscere la sua storia, sarebbe meglio non
andare nel fine settimana, quando il numero di turisti non consente di godersi
lo spirito e la storia del luogo.
Oltre la nota anche l’appunto: ho riscoperto la mia passione
per gli obelischi egizi. Anche se la croce che solitamente si ritrova in cima
mi fa sorridere, se penso che magari i geroglifici dell’obelisco parlano di
altre divinità. Mentre non mi fa
sorridere sapere che nel trasportare questi monumenti, molti sono andati
distrutti. Tredici dei ventisette antichi obelischi egizi si trovano in Italia,
dieci solo a Roma, ma avrei preferito vederli nel loro luogo di origine,
dove il loro significato è sicuramente più eloquente.
San Pietro
Pausa per il pranzo. Nel pomeriggio, con la linea A della
metro arriviamo a Piazza San Pietro, dove riesco a fare solo qualche foto di un
bel tramonto rosato. Il tempo stringe; la passeggiata mattutina si è presa
parte del pomeriggio e non riesco più a visitare altro. Ma sono contento già
così. Ho visto San Pietro con l’albero di Natale e il tramonto. Dal mio punto
di vista posso dire che in quella zona le persone sembrano più tranquille,
serene, rispetto ad altre zone della città che ho visitato. Non penso ironicamente che sia per
la vicinanza con la sede del papato, tuttavia questa impressione rimane.
Il ritorno
Ho fatto in tempo ad arrivare con la metro fino all’ingresso
monumentale su piazzale Flaminio, anche se la visita a Villa Borghese è
rimandata alla prossima visita.
A proposito di metropolitana faccio presente che conviene
fare il biglietto con sei tratte, perché ogni singolo biglietto costa un euro e
cinquanta e a lungo andare si buttano via i soldi.
Comunque sia, alle 19:10 sono ripartito da Roma Ostiense,
sempre con Italo Treno. Anche in questo caso il viaggio è stato perfetto e sono
arrivato puntualmente a Mestre alle 22:48. Questi due giorni romani sono stati
intensi e a parte i vari orari da seguire, ho perso la cognizione del tempo. A
segnare il ritorno alla normalità è stata una piccola cosa: il ritardo di
Trenitalia. Il treno per tornare a Pordenone era stato cancellato per qualche
strana ragione. O meglio, più che cancellato, si è trattato di un treno
fantasma, dato che non era segnato da nessuna parte. Alla fine, con circa
mezzora di ritardo, hanno ristabilito il treno e sono riuscito a tornare a casa
verso l’una del mattino. Domenica è iniziata. Adesso si riposa.
Come ogni viaggio, si
incontrano persone nuove. Molte non le ho citate, di alcune non so nemmeno il
nome, ma quando ripenso a queste persone mi tornano spesso in mente queste
parole:
Allora nei momenti di
solitudine, quando il rimpianto diventa abitudine, una maniera di viversi
insieme, si piangono le labbra assenti, di tutte le belle passanti, che non
siamo riusciti a trattenere.
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