Sull'aumento del prezzo dei biglietti nei musei italiani
In termini
generali, non sono contrario a un aumento del prezzo dei biglietti per i musei.
Con tanti “ma” e interrogativi. Il presunto maggior ricavo dove andrà a finire?
Bollette, restauri, stipendi (di chi?) o altro?
1. Primo caso: ci sono situazioni di conservazione preoccupanti. Ricordo l’estate
scorsa al Guggenheim di Venezia dove, al posto dell’aria condizionata o
comunque di una temperatura media adatta, erano state spalancate le finestre,
con un’afa insopportabile tanto per le persone quanto per i quadri. Con
maggiori entrate, si potrebbe migliorare la gestione delle temperature in base
all’opera da conservare.
Secondo caso: i restauri costano, e tanto. E non solo dei capolavori, ma anche
delle opere considerate “minori”. Dobbiamo sempre affidarci alla provvidenziale
associazione locale di volontari o vogliamo che i musei abbiamo più opportunità
di investire su questo? Molti restauratori e conservatori ringrazierebbero.
Terzo caso: se l’aumento servirà ad accrescere lo stipendio dei manager museali
(ché, ricordiamolo, il museo di oggi è un'azienda a tutti gli effetti) allora
avremo capito poco, o niente. Bisognerebbe invece investire nella formazione
del personale, dalla biglietteria alla sala, e regolarne un aumento degli
stipendi base, affinché le varie cooperative e le aziende-museo smettano di
sfruttare manodopera ad alta formazione ma a basso costo. Di recente, ho visto
un esempio virtuoso di personale ben formato a tutti i livelli al Banco di
Napoli, in via Toledo, parte delle pregevoli Gallerie d’Italia.
2. Capiamoci, non è solo con i biglietti strappati annualmente che si possano
fare tutte queste cose, ma è un buon punto di partenza, una valida integrazione.
Con gli opportuni aggiustamenti (sconti, esenzioni, etc.) può avere senso
aumentarne il costo, a patto che serva a rilanciare una nuova idea di museo.
Tema sconti: si potrebbe allargare la platea giovanile fino ai 35 anni circa,
visto che l’entrata nel mondo del lavoro è sempre più ritardata e in genere non
garantisce da subito salari dignitosi. E si potrebbe restringere la platea
degli anziani con sconti (o esenzioni) dopo i 70 anni circa.
Il fattore età, ovviamente, non è l’unico da considerare, ma questo è giusto un
esempio. Un’altra forma di sconto potrebbe riguardare i gruppi, con una
riduzione progressiva in base al numero di persone: un bel modo per invogliare
i giovani a considerare il museo un luogo di ritrovo, e a visitarlo insieme.
Tema esenzioni o gratuità: si potrebbero rendere gratuiti i musei per i
residenti. Sì, anche nelle grandi città. Non credete che ci sarebbe un “assalto
alla diligenza”: la maggior parte dei residenti di una data città ignora spesso
le perle che la arricchiscono. Ho visto musei gratuiti o a costi ridicoli (2,
3€), musei veramente belli in città come Bologna, praticamente deserti.
Escluderei
invece dagli sconti e dalle esenzioni tutti i turisti stranieri, europei e
internazionali. Con le dovute eccezioni, per esempio legate agli accordi europei
sui luoghi della cultura. Sono certo che un olandese, un saudita o un giapponese,
con il loro potere d’acquisto, non avranno problemi a pagare qualche euro in
più per vedere i nostri capolavori.
In alternativa, o contemporaneamente, si potrebbe implementare per tutti la
gratuità dei musei in giorni specifici del mese, e non solo la domenica. O
ancora: valutare l’ipotesi, a prescindere dalla gratuità o meno, di incentivare
le donazioni con offerte libere. Come pago un extra, oltre all’abbonamento
mensile, a uno youtuber in gamba, così dovrei poter donare a quel museo che mi
ha lasciato grandi emozioni.
E qui si introduce il tema dell’esperienza. L’azienda-museo di oggi deve lavorare
non solo tra le mura dell’edificio, implementando l’allestimento e le aree di
ritrovo, di ristoro e di acquisto, ma deve partecipare più attivamente alla
vita civile, o civica, della propria città.
Il museo non
dev’essere una teca asettica, e certo nemmeno il baluardo politico di una
parte: deve però veicolare la propria offerta culturale all’esterno e farla
dialogare con le istanze del presente.
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