La ricerca di razionalità in ogni fenomeno attraverso l’ambiguità dei personaggi storici

Thomas Cole, The Course of Empire. Destruction (1836)

Nella storia si trovano personaggi ambigui, da un lato positivi per il ruolo che hanno assunto nel corso degli eventi, dall’altro negativi per l’impatto che hanno avuto sulle altre persone e sulle società. In molti di questi personaggi, è spesso evidente la difficoltà nel risolvere la questione in un senso o nell’altro. Citeremo in breve alcuni di questi casi (e riporteremo talvolta un giudizio personale di massima, che ha valore puramente indicativo), per poi giungere ad alcune conclusioni generali.

Partiamo da Alcibiade: considerandolo dal punto di vista militare, fu un ottimo stratega, oltre ad avere un grande carisma. Tradì prima gli Ateniesi e poi tutti i Greci, ma è difficile capirne le vere motivazioni a distanza di così tanti secoli. Fu anche legato a Socrate e al “suo” simposio e, ad Atene, funse troppo spesso da capro espiatorio. Nel complesso, una figura emblematica e di difficile decodifica.
Giulio Cesare: anche in questo caso, personaggio carismatico e dotato di grandi capacità in àmbito militare. Non tradì mai Roma e ne pagò le conseguenze. Diede inizio alla fase della storia romana che segnò la fine della Res Publica, ma è probabile che questo processo si sarebbe compiuto anche senza di lui. Opinione che tende ad essere positiva, con meno ombre di Alcibiade.
Augusto: posto che con lui cominciò l’Impero, dobbiamo osservare questo cambiamento politico in una prospettiva storica. E fu una grande fortuna per Roma poter contare sulla sua persona e su tutto ciò di positivo che riuscì a portare con la sua pax. Ovviamente, bisogna sempre distinguere i dati storici dalla propaganda degli scrittori coevi e posteriori.

Federico II di Svevia: primo vero sovrano laico d’Europa, amante delle arti, fine stratega e diplomatico, ebbe un approccio molto aperto nei confronti del mondo islamico, tanto che la Chiesa lo scomunicò più volte, definendolo l’Anticristo (a questa ragione se ne aggiungevano ovviamente altre). Promulgò leggi del tutto innovative per la sua epoca, ma fece anche passi falsi, come con l’introduzione della pena di morte sul rogo. Nel complesso, uno dei personaggi più centrali della storia.
Martin Lutero: pur muovendo da posizioni oggettivamente valide, portò all’estremo la sua lotta religiosa, tanto che la “protesta” assunse a poco a poco toni marcatamente politici, che nulla avevano a che fare con la fede. Un personaggio per lo più negativo, che avrebbe potuto combattere e riformare la Chiesa dall’interno, insieme agli altri teologi e intellettuali che al suo tempo si stavano muovendo in questo senso.
Napoleone Bonaparte: il periodo storico in cui visse Napoleone fu molto particolare, soprattutto per due aspetti, quello artistico e di pensiero. In questa fase, infatti, l’eco della Rivoluzione francese aveva stabilito per sempre uno spartiacque storico, con un’eredità che è ancora presente nella nostra società. In merito all’arte, essa poté prosperare anche grazie alla forte attenzione e sensibilità di Napoleone stesso. Grande stratega, ma da ridimensionare osservando il ruolo e le capacità che ebbero i suoi generali nel portarlo alla vittoria, Bonaparte affascinò con la propria figura intere generazioni. Da un punto di vista storico, stravolse gli equilibri europei senza riuscire a ristabilire un nuovo ordine e, anzi, provocò con la sua fine la fase della Restaurazione.

Winston Churchill: prima di diventare il primo ministro che condusse egregiamente il Regno Unito durante la seconda guerra mondiale, Churchill ricoprì altri ruoli, non solo politici, ma anche militari, e spesso mostrò i suoi limiti e le ambizioni sul campo. Ma per il suo carisma, per la tenacia e le scelte tattiche con cui combatté il nazi-fascismo, è una delle figure chiave del Novecento.
Iosif Stalin: se si considera che sconfisse il nazismo insieme agli Alleati, si potrebbe pensare solo per questo che si tratti di un personaggio positivo. Eppure in quel caso intervennero diversi fattori: la capacità dei suoi ufficiali, la resistenza del popolo russo, la stessa conformazione geografica della Russia e, non meno importante, l’aiuto economico da parte degli Stati Uniti. Fu, insomma, un “lavoro di squadra”. Se poi si ricordano le purghe staliniane, la burocratizzazione del Paese e la conversione dell’Unione Sovietica in una vera e propria dittatura, il giudizio non può che essere fortemente negativo.
Harry Truman: anch’egli concorse alla sconfitta del nazi-fascismo, ma la scelta di utilizzare le bombe atomiche contro i giapponesi è imperdonabile. Per non parlare della polarizzazione che provocò con la sua “dottrina del contenimento”, quando invece avrebbe potuto insistere per l’apertura di un dialogo con l’URSS. Personaggio negativo, che peraltro succedette a quello che è forse il più grande presidente che gli USA abbiano mai avuto, Franklin Delano Roosevelt.

Josip Broz Tito: visto positivamente da molti croati, come una sorta di eroe nazionale; visto in modo diametralmente opposto da tutti quegli italiani coinvolti in modo diretto o indiretto con la persecuzione che portò ai massacri delle foibe.
Ernesto “Che” Guevara: difficile. Pensiamo che sfruttò l’ideologia comunista per promuovere un ideale ben diverso e più antico, quello dell’identità del popolo latino-americano. Fu un medico e un rivoluzionario e, come dicono i critici, un assassino. Eppure, quasi tutti i personaggi storici precedenti (e ben altri) non furono anch’essi assassini, spesso su scala di massa? Non si tratta di una gara a chi sia stato il meno sanguinario. Nel complesso, una figura positiva, pur con molte ombre, che cercò in tutti i modi di combattere la subdola ingerenza statunitense in Centro e Sud America.

Come si sarà notato, in questo breve elenco non abbiamo citato donne. Forse che crediamo che l’ambiguità sia un tratto solo maschile? Certo che no, ma non serve sottolineare un dato evidente: la storia – salvo rare e limitate eccezioni – è stata governata dagli uomini, da quella che si può in effetti definire una “società patriarcale” (o meglio, più società patriarcali).
Ciò nonostante, ci siamo domandati quali donne avremmo potuto inserire, ma nessuna risultava tanto incisiva a livello storico, e al contempo segnata da ambiguità, come quegli uomini che abbiamo mostrato. Questo, di nuovo, poiché purtroppo la storia è stata finora scritta in massima parte dagli uomini. Si possono però citare a buon diritto queste donne (la caratteristica non doveva essere soltanto quella dell’incidenza storica, ma soprattutto dell’ambiguità): Lucrezia Borgia, Maria Teresa d’Austria, la regina Vittoria, la regina Elisabetta, Frida Kahlo ed Evita Perón.
Il problema è questo: al contrario degli uomini, più nomi femminili si trovano, più diventa difficile trovarne degli altri. Oltre a ciò, la maggior parte di queste donne non ebbero mai un peso decisionale che eguagliava o superava il peso corrispettivo degli uomini che ricoprirono ruoli simili (si pensi al caso emblematico della coppia Perón).

Ad ogni modo, dopo aver specificato questo aspetto, il fulcro di questa riflessione è che ci risulti più facile giudicare in modo positivo personaggi storici ambigui quando questi appartengano a fasi storiche molto antiche. Ovvero, più siamo lontani nel tempo da certi personaggi storici, più ci è facile esprimere un’opinione oggettiva, talvolta criticando di meno mancanze e persino crimini.
È forse una questione di prospettiva storica. L’essere umano contemporaneo ha quasi sempre l’idea di vivere nella miglior civiltà mai esistita e accettare il passato significa, in qualche modo, affermare che ogni evento ci abbia condotto di necessità a questo presente. Proprio per questo è più difficile valutare in modo oggettivo eventi e personaggi più recenti, perché spesso coinvolgono processi ancora in corso, che possono durare addirittura millenni, e che interessano i nostri possibili futuri. Le nostre differenti idee di mondo.

Uno storico potrebbe affermare che nel corso di una ricerca, gli storici abbiano il metodo e gli strumenti per poter indagare in modo il più possibile oggettivo i fatti. Ma per poter narrare quei fatti, ovvero per rappresentarli in tutta la loro complessità, non bisogna forse partire da una prospettiva? Non ci è infatti mai dato di poter osservare il sole intero, ma solo uno o alcuni dei suoi raggi. E per quanto si possa dire che quella prospettiva abbia basi imparziali e oggettive, la valutazione di questa oggettività non è anch’essa a discrezione di chi scrive o racconta? Con questo non si vuole dire che non esista un’oggettività storica, ma che forse l’essere umano non è mai davvero in grado di rappresentarsela e che, se non altro, sia lecita una sana riserva.

Inoltre, c’è un’altra questione: i non storici, ovvero la gran parte delle persone, hanno una visione dei personaggi della storia che è per lo più soggettiva e segnata spesso da elementi mitologici, fantasiosi, mai avvenuti. E questo fenomeno varia certo in base alla distanza temporale dei personaggi in esame, ma in fondo è simile a se stesso nella sostanza. Vi è dunque una verità oggettiva di un personaggio storico e vi è poi il sentimento che esso suscita. La prima è di fatto irraggiungibile in modo completo, nella misura in cui ogni vita umana è avvolta dal mistero della vita stessa; il secondo è un elemento altrettanto sfuggente, ma più evidente e tangibile nei risultati concreti. E sebbene su un piano di principio debba avere più valore la verità oggettiva, certo il sentimento non è meno reale come fattore che decreta il movimento degli eventi e dei pensieri.

Gli storici troppo spesso fanno riferimento a ciò che dovrebbe essere, poiché nel loro lavoro si rivolgono all’intelletto e all’ideale, e troppo poco realizzano la realtà prosaica del mondo materiale in cui viviamo, in cui non già l’idea, ma l’istinto prevalgono. E dove gli uomini che pensano di governare gli istinti delle masse ne sono succubi per primi. In risposta a questa considerazione, si citano quegli studi che tengono invece conto di quella realtà materiale, che analizzano le popolazioni, la comunicazione, l’incidenza di fattori come la povertà e così via.
Ma proprio perché cadono in errore quei personaggi storici che si convincono di poter governare gli istinti altrui, così cadono in errore coloro che indagano gli istinti, le passioni e i sentimenti razionalizzandoli. Poiché quale significato può avere razionalizzare un istinto, una passione, per di più in un leader? Forse per attribuire un valore ideale a qualcosa di materiale? Forse per non voler ammettere i limiti di un metodo piuttosto che della ragione stessa? Ma d’altra parte, come potrebbe la ragione comprendere un campo in cui essa è assente? E come si potrebbe dire che le sue considerazioni in quel campo siano legittime, nel momento in cui non ne condivide le peculiarità?

In estrema sintesi, tutti questi quesiti sono serviti solamente per offrire uno stimolo per ulteriori riflessioni: innanzitutto, il lavoro degli storici è necessario e imprescindibile per fare in modo che emerga una verità il più possibile oggettiva, ma il giudizio più condiviso è quello che si fonda sull’ambiguità del personaggio storico, che altro non è che un essere umano e che come tale riflette molte delle ambiguità che interessano ognuno di noi. La sua natura, la sua vita, ad ogni modo, rimangono un mistero, in cui possiamo limitarci a fare osservazioni in base alle conseguenze.
In secondo luogo, è inutile e deleterio attribuire un valore “alto” a quei casi di istintività e passionalità, o anche semplicemente di giustificazione: questi atti esistono e vanno descritti, ma relegati a ciò che rappresentano, ovvero la parte più materiale e comune dell’essere umano. Razionalizzare un fenomeno del genere non contribuisce tanto alla sua comprensione, quanto alla sua accettazione, e le due cose sono molto differenti. Altrimenti questo modo di fare si trasforma in un’arma a doppio taglio, per cui anche la peggiore violazione dei diritti o anche solo della morale comune diventa uno strumento per rendere accettabile qualunque azione, solo per il fatto che si possa, ragionevolmente, comprendere come fenomeno umano e significato storico.

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