La normalità attraverso l'esperienza

I

È forse meglio non essere, che rischiare?

La normalità ti farà vivere bene. Sarai anche cosciente di quello che sei; sarai originale per te stesso e per chi - come te - ti rassomiglia.

La normalità ti darà la vita che hai sempre sognato, perché inconsciamente adatterai i tuoi desideri alle tue possibilità.

La normalità non ti spingerà mai dove qualcuno non è ancora stato; camminerai su sentieri sicuri, e il massimo del pericolo che incontrerai sarà quando il tuo sguardo, da lontano, osserverà il precipizio senza provare alcuna agitazione.

Questo ti farà sentire folle; racconterai delle grida, dei vuoti inspiegabili, degli incubi, come se ti appartenessero davvero. Invece sarà solo il riflesso dell’emozione altrui; la selva tenebrosa che non lascia vivere senza l’angoscia… e tu crederai di essere speciale, come i milioni di esseri di cui sei l’ennesima e mesta copia.

















II

È forse meglio non essere, che rischiare?

La normalità segue il modello collaudato; tutto ciò che aggiunge è il corollario della regola, insostituibile, della maggioranza.

La normalità delega le responsabilità all’unico in grado di fallire: chi osa. Un tempo produceva una sequenza numerica destinata a perdersi nella notte dei tempi; oggi ogni delirio, sfrontatezza, innovazione non è altro che la forza inarrestabile di una mediocrità senza rivali.

In questa normalità non c’è alcuna modestia o ricerca di una vita semplice. Vi è la falsa credenza che dove il sentiero è franato, ogni valore sia stato sepolto sotto una colata di fango e radici vischiose.

Anche allora la coscienza si adatterà alle continue incertezze, ai repentini cambi di marcia, parlando di impraticabilità, di malessere diffuso ed altre giustificazioni quasi condivisibili.
















III

È forse meglio non essere, che rischiare?

Nell’eterna notte perigliosa, nata senza stelle,
le folte chiome degli alberi appaiono come chimere devastatrici.
Su per la collina la slavina di fango torna nel cosmo consueto,
mentre dentro il fitto fogliame,
nascosto nel riparo di un timido cervo,
un essere inquieto sta provando la reale sofferenza,
la concreta angoscia di aver smarrito per sempre la via più giusta…

Gettatosi dal precipizio, allontanatosi dalla strada carica di pesi,
per un istinto inspiegabile, arcano, che gli ha fatto riscoprire la sua origine.
L’origine di ognuno di noi.

È forse meglio non essere,
come in un sogno,
per conoscere la Verità?


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