Relativismo e valori assoluti

Thomas Couture, I Romani della Decadenza (1847)

Viviamo in un'epoca in cui non ci resta che credere nei valori assoluti, non più nelle parti. Perché ogni fazione, ogni partito e ogni ideale veste del "costume globale" e naviga nel relativismo, senza accorgersi delle innumerevoli falle del proprio sistema di pseudo-valori.

Così il dolore per i morti ha senso solo se si resuscita la differenza di pensiero tra Oriente e Occidente (come nel caso ucraino); così si alternano individui al potere, che sono tremendamente convinti delle proprie idee e che della sconfitta comprendono solo ciò che non è conveniente fare per affermarsi. A dispetto della coerenza, dei valori, dei princìpi.

Il nostro è un mondo orwelliano: non esistono complotti, perché ogni insinuazione è faziosa; il male riguarda solo i nostri avversari, mai i nostri comportamenti. E questo perché siamo noi i primi a rifugiarci nella fede verso il nuovo leader, nella speranza legata necessariamente a un surrogato dei veri princìpi che una società dovrebbe fare la fatica di indagare. Nel nostro mondo sono morti da tempo i miti degli eroi, e ogni grande uomo ci appare lontano anni luce dalla realtà presente.

Ci troviamo però ad utilizzare gli stessi nomi (democratico, liberale, radicale), le stesse accuse secolari (demagogo, populista, complottista), come se fossero la nuova frontiera per distinguere grandi verità e grandi bugie, laddove io scorgo solamente un unico, enorme errore.

Affermando che viviamo in un'epoca in cui non ci resta che credere nei valori assoluti, si intende dire che guerra è guerra indipendentemente da chi la combatte; che fame è fame a prescindere dal giornale di parte; che giusto è giusto se è dimostrato dai risultati, non dagli auspici messianici.

Il relativismo ha vinto proprio perché abbiamo attinto a questi e altri termini non dalla fonte (che è il significato assoluto, ideale), ma dalle parti. Parlando di guerra civile lo abbiamo fatto ascoltando chi parlava di opposizione tra Russia e Stati Uniti; parlando degli sbagli degli immigrati abbiamo posto la questione in termini di governo, compiendo l'errore di aver messo in discussione il problema alla luce del proprio credo politico. A scapito del problema in sé; a scapito dell'agire umano. Perché non tutto è necessariamente duplice, o triplice: talvolta la soluzione seguirebbe le strade del buon senso, se non ci perdessimo a dare credito a questo indegno spettacolo.

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