Psycho, il romanzo di Bloch a torto trascurato
Il problema del romanzo Psycho
(1959) di Robert Bloch, considerabile un classico contemporaneo, è analogo a
quello di Rosemary’s Baby di Ira Levin: c’è un prima e un dopo i film
tratti dalle loro opere.
A differenza di The Shining,
dove libro e film viaggiano su binari paralleli staccatisi da un’unica fonte –
il soggetto – con Bloch è più difficile una lettura che non porti a immaginare
i personaggi e i luoghi attraverso il filtro di Hitchcock. Ed è un peccato,
perché questo romanzo breve è una piccola perla, un equilibrio perfetto tra intreccio,
ritmo incalzante e allusività.
Come in Rosemary’s Baby,
anche qui si parla dell’orrore che si cela dentro persone all’apparenza comuni.
Nell’opera di Levin, era la protagonista a provenire da una zona di provincia e
– si lascia intendere – è la diabolica metropoli a trasformare quella “brava
ragazza”.
Ecco, Bloch ci dice che
nemmeno nelle cittadine con pochi abitanti, dove si conoscono tutti e tutti si
salutano al mattino, c’è poi da stare così tranquilli.
Il romanzo racconta la storia
di… già qui dobbiamo fermarci. Perché per meno di un terzo del libro è la
storia di Mary Crane, giovane che ha rubato quarantamila dollari al lavoro e
sta tentando una fuga, che prevede il ricongiungimento con il fidanzato Sam
Loomis e una vita nell’anonimato. Poi però, con l’omicidio, Bloch ha una grande
intuizione: la protagonista esce di scena e, al suo posto, la vicenda comincia
a ruotare intorno a Norman Bates, scapolo di mezza età sottoposto al controllo
di una madre anziana e puritana.
L’omicida della porta accanto
I due gestiscono un piccolo
motel nella città di Fairvale (nome che è già un programma), non molto
frequentato da quando la nuova autostrada ha deviato il traffico.
La trama evolve, recuperando
alcuni elementi del noir. Il capo di Mary assume un investigatore privato,
Milton Arbogast, per recuperare i soldi senza coinvolgere la polizia. Nel
frattempo, Sam e la sorella di Mary, Lila, accettano che l’uomo si occupi della
faccenda, ma con un limite di tempo. L’indagine prosegue, tra fraintendimenti e
depistaggi, fino al celebre disvelamento della reale natura della madre di
Norman.
Ora, Hitchcock è più
interessato a ciò che precede e conduce all’omicidio. La sua cifra è la
gestione magistrale della tensione. Nel film, il momento dell’omicidio è piuttosto
violento, soprattutto per l’epoca in cui uscì nelle sale, ma la scrittura di
Bloch, in tal senso, è molto più truculenta e prevede una decapitazione per
Mary. Avvenuto l’assassinio, Hitchcock sembra perdere interesse per il dopo,
mentre Bloch racconta i dettagli dell’occultamento.
Inoltre, lo scrittore ha il
pregio di svelarci i meccanismi della mente di Bates, alludendo o raccontando
gli elementi biografici che hanno contribuito a far nascere il disturbo
dissociativo dell’identità. Come molte menti criminali, Bates ha una tendenza
al pensiero magico: tra i suoi scaffali troviamo testi sull’occultismo e sulla
metafisica, che egli cerca di far dialogare con la letteratura (de Sade) e con
l’antropologia e la psicologia. Al centro, l’ossessione per la rinascita e per
i processi che gli antichi impiegavano per la conservazione del corpo, come
l’imbalsamazione degli egizi.
Questo costrutto artificioso
costituisce la giustificazione inconscia dell’agire di Bates. Per il resto,
egli è un uomo di mezza età in sovrappeso, abitudinario, e ha un problema con
l’alcool. Si direbbe, infine, dotato di un’astuzia tale da riuscire a mentire
benissimo pure a se stesso.
Ci sono poi traumi dai quali
Bates non riesce a liberarsi nemmeno con un cambio di personalità. Mi riferisco
per esempio alla disfunzione erettile, a cui allude più volte Bloch, e che si
traduce in un implacabile desiderio voyeurista.
In tutto ciò, bisogna capirsi
su un punto: la lettura psicologica che Bloch applica ai suoi personaggi è un
miscuglio di sensazionalismo e di cultura pop sull’argomento. Ma funziona,
perché – a dispetto del rigorismo di molta narrativa odierna – Psycho
non è un saggio, ma un romanzo i cui elementi psicologici vivono in funzione
della trama e non della verità scientifica.
Al contrario del film, dove
l’attore Anthony Perkins fornisce un qualche fascino tenebroso al personaggio,
nel libro Bates è una figura respingente sotto ogni punto di vista.
Eppure, Mary prova un briciolo
di pietà nei suoi confronti, tanto da sollecitarlo a liberarsi dal controllo
della madre. Questo atteggiamento benevolo verso il prossimo doveva essere una
dote della famiglia Crane, poiché nel finale è la sorella, Lila, a perdonare
Bates nonostante tutto il male che le ha recato.
Si torna così al principio: se
è vero che l’assassino potrebbe essere la persona della porta accanto, del
tutto simile a noi, allora il mostro non è più tale, non ci è estraneo.
La distinzione nell’eredità
letteraria
Si è costruito un patrimonio
culturale intorno all’immaginario di Psycho. E, ancora oggi, molti
riportano che il romanzo sia stato ispirato al serial killer Ed Gein. Non è
proprio così.
Nel 1957, due anni prima della
pubblicazione del romanzo, il pluriomicida venne arrestato a Plainfield,
Wisconsin, per l’omicidio di due donne. Nella sua abitazione, la polizia trovò
oggetti d’arredamento fatti di pelle umana e parti del corpo. Gli psichiatri
teorizzarono che stesse elaborando un “abito da donna” da indossare, per
fingere di essere la defunta madre, un’estremista religiosa.
All’epoca, Bloch viveva a
Weyauwega, a trentacinque miglia da Plainfield, e i dettagli delle indagini su
Gein non erano ancora state rese note. Lo scrittore stava già lavorando a
un’opera che riguardava un assassino della porta accanto, residente in una
piccola città di provincia. Il romanzo era quasi terminato quando iniziarono a
circolare le notizie e Bloch inserì un riferimento a Gein nel finale del libro.
Una ricostruzione della faccenda è presentata nel documentario Ed Gein: The Ghoul of Plainfield. Tutto qui.
È qualcosa di analogo alle
somiglianze – certo, molto strette – tra il film Blade Runner e il
romanzo Neuromancer, tanto che, in un primo momento, Gibson si disperò
all’idea che il suo libro potesse essere considerato un plagio del film. Nel
caso di Bloch, si possono riprendere le parole di Ágota Kristóf: «Un
libro, per triste che sia, non può essere triste come una vita.»
Nel frattempo, il romanzo
ottenne il premio Edgar dell’associazione Mystery Writers of America e ottenne,
in generale, buone recensioni, per esempio sul New York Times e sul Herald
Tribune.
Dopodiché venne il film di
Alfred Hitchcock. Leggenda vuole che, ottenuti i diritti cinematografici del
romanzo, il regista avesse fatto acquistare tutte le copie rimanenti del libro,
affinché il pubblico in sala non conoscesse i colpi di scena. A ben pensarci, fa
venire i brividi il pensiero che, nella storia del cinema, sia esistito un
evento irriproducibile, la proiezione di Psycho, un’illusione che solo
gli spettatori dell’epoca hanno potuto godere a pieno.
La pellicola ha avuto tre
seguiti, con la partecipazione di Perkins, e un fedelissimo remake nel 1998,
diretto da Gus Van Sant, che ricostruisce in maniera maniacale ogni
inquadratura dell’originale, ma a colori. Infine, vale la pena citare la serie
televisiva Bates Motel, un prequel che immagina e ricostruisce l’intera
storia che precede il romanzo di Bloch.
A sua volta, lo scrittore ha
realizzato dei sequel non collegati ai film, emancipando la sua creatura da
quella dimensione filmica che l’aveva ingiustamente intrappolata.
In Psycho II (1982),
Bates fugge dal manicomio vestito da suora e raggiunge Hollywood. In Psycho
House, il Bates Motel viene riaperto come attrazione turistica e ciò
scatena una nuova serie di omicidi. Infine, come Bloch era stato allievo e
continuatore dell’universo di H. P. Lovecraft, così Chet Williamson ha scritto Psycho.
Sanitarium di Robert Bloch (2016), che racconta gli eventi avvenuti
nell’ospedale psichiatrico per criminali dove Bates era paziente.
Nei sequel di Bloch, si amplia
il tema della morbosità dei media rispetto alla violenza dei serial killer, da
loro spettacolarizzata e resa pop: un’anticipazione, per certi versi,
dell’interesse odierno verso il true crime, con tutte le sue criticità.
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Bibliografia e consigli di
lettura
° Adams J. C., Psycho by Robert Bloch, John C. Adams Reviews
° Andreozzi F., Psycho – Robert Bloch: Recensione, Book Rider, 27.10.2021
° Bloch R., Psycho, Il Saggiatore, Milano, 2014
° Id., Psycho. The 35th Anniversary Edition, Gauntlet, Colorado Springs, 1994
° Bushi R., Psycho: What Is Robert Bloch’s 1959 Novel Like?, The Haughty Culturist, 11.06.2019
° Genzlinger N., Room Service, The New York Times, 24.01.2010
° Molgaard M., A Full Examination of Robert Bloch’s Psycho, Horror Novel Reviews, 17.11.2012
° Napoli S., Psycho di Robert Bloch, Horti di Giano, 09.01.2020
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