Letture commerciali III
Gordon Grant, The Book Hunters, Illustration for Collier's (1909) |
La rubrica Letture
commerciali si propone di analizzare alcuni libri di autori italiani e
stranieri molto venduti in Italia, in un periodo compreso tra il 2000 e il
tempo presente.
Non si tratta di vere e proprie recensioni, bensì di
impressioni, utili a fornire un rapido sguardo d’insieme. Mi occupo di letture
commerciali, talvolta trash, consapevole del fatto che i due termini non siano
necessariamente intercambiabili. L’obiettivo è individuare chi, tra i nomi più
diffusi nelle classifiche di vendita, meriti davvero attenzione.
Nella rubrica di oggi parlo di cinque libri: Il colibrì di S. Veronesi, La vita bugiarda degli adulti di E.
Ferrante, La casa delle voci di D.
Carrisi, Tutto chiede salvezza di D.
Mencarelli, Il falco di S. Casati
Modignani.
Per queste e altre impressioni mi trovate anche su Goodreads (qui).
Sandro Veronesi, Il colibrì (2019)
Premessa
commerciale: votato come “Libro del 2019” nella classifica di qualità de La
Lettura del Corriere della Sera, ha vinto il settantaquattresimo Premio Strega
(2020).
Edizione:
S. Veronesi, Il colibrì, La nave di
Teseo, Milano, 2019.
Nel
romanzo ci viene proposta per frammenti la vita di Marco Carrera, il colibrì. I
capitoli si muovono nel tempo in maniera non lineare, coinvolgendo altri
personaggi, in particolare i parenti di Carrera e la donna amata, Luisa.
Il
libro è un crescendo di emozioni, ben costruite attraverso uno stile
estremamente ragionato, quasi meccanico, che impiega reminiscenze, reinterpreta
testi della letteratura italiana, si concede un aperto citazionismo "da
nomi e cognomi".
In
un certo senso, è un libro furbo, senza alcuna accezione negativa. Difficilmente
non si rimane coinvolti, almeno un poco, nelle vicende del protagonista,
persino quando appaiono inverosimili: incidenti aerei, bische clandestine di
poker, tragedie familiari su tragedie. Il tutto nella stessa vita. La vita di
una persona che tuttavia, nonostante il mondo si muova sotto i suoi piedi,
rimane fermo dov'è, come un colibrì, e le sue scelte sembrano sempre la
conseguenza di uno stato di cose che non è stato lui a costruire.
Il
segreto del successo di questo libro risiede forse in questo: il grado di
sospensione della coscienza da parte del lettore. Mi spiego: se questi si
focalizza sugli aspetti stilistici, troverà una serie di espedienti che gli
faranno apparire il romanzo troppo artificioso, e persino eccessivamente
sentimentale, non tanto nella realtà dei personaggi - che anzi si prodigano
spesso in un cinismo affettato, anch'esso fonte di sentimentalismo - quanto
nelle intenzioni dello scrittore. Ma se il lettore legge l'opera abbandonandosi
alla maestria dell'Autore, concedendogli il piacere di un trucco di magia,
l'incanto non può che riuscire, maturo e (quasi) innocente.
Elena Ferrante, La vita bugiarda degli adulti (2019)
Premessa
commerciale: opera uscita in contemporanea in ventisette Paesi; E. Ferrante è
un’autrice da oltre quindici milioni di copie vendute con i suoi libri.
Edizione:
E. Ferrante, La vita bugiarda degli
adulti, E/O, Roma, 2019.
Le
prime pagine sono lente in termini di sviluppo della trama: la protagonista,
Giovanna, racconta la propria vita in generale e, prima di poter entrare nel
cuore della vicenda, ci viene chiesto implicitamente di avvicinarci alla sua
prospettiva. Giovanna è una giovane di Napoli che ha molte domande e poche
risposte da offrire: il suo vantaggio, però, è di essere in grado di notare i
particolari, quelli spesso insignificanti per i più, soprattutto per gli
adulti.
Conosce
la zia Vittoria, dalla quale i genitori si erano allontanati, e l’incontro è il
primo passo verso la maturazione. Vittoria e la sua schiettezza rappresentano
il naturale sfogo narrativo ad uno stile schietto, realistico, segnato da una
sintassi frenetica.
La
situazione familiare (e sentimentale in generale) evolve in direzioni spiacevoli:
Giovanna è travolta da una valanga di continue giustificazioni da parte degli
adulti, che non sono altro che un modo per non assumersi responsabilità. E
quando anche le giustificazioni vengono meno, essi descrivono la realtà con
sconsolata – e maliziosa – accettazione: le cose dovevano andare così e non è
colpa di nessuno.
Tra
varie difficoltà relazionali, Giovanna entra nell’adolescenza con ancora più
dubbi sulla vita e sull’amore. L’unica certezza che ha è di volersi distinguere
dagli adulti. Sente che sta crescendo, che il suo corpo e i pensieri si stanno
modificando e che tutto questo è inevitabile: ma ha osservato per anni le
persone intorno a lei, provando spesso disgusto, e ha capito che il dolore dei
grandi nasce dalle menzogne, dai segreti e dall’incapacità di assumersi le
proprie responsabilità. Giovanna non è tuttavia un’eroina e non compie scelte
facili o sempre condivisibili: è questo a renderla un personaggio a tratti
quasi scomodo, ma certamente vero e autentico.
Donato Carrisi, La casa delle voci (2019)
Premessa
commerciale: il romanzo è nella top ten delle vendite del 2019.
Edizione:
D. Carrisi, La casa delle voci,
Longanesi, Milano, 2019.
Pietro
Gerber è uno psicologo specializzato nell'ipnosi, che si occupa dei traumi
subìti dai bambini. Si trova a seguire il caso di Hanna Hall, che tuttavia è
un'adulta, su raccomandazione di una collega. L'ipnosi li porterà nel suo
misterioso passato, a tratti macabro, con diversi simboli che nascondono un
segreto piuttosto crudo, a partire dalla "casa delle voci".
Si
tratta del classico romanzo da centinaia di pagine garantite da un carattere
macroscopico, ma di questo l'Autore non ha colpa. I capitoli alternano le
sedute d'ipnosi alle riflessioni di Gerber, fino ad arrivare alla rivelazione finale,
che è un colpo di scena prevedibile, forzato e grossolano.
Gli
espedienti narrativi impiegati da Carrisi sono quelli tipici del thriller
psicologico: si trovano pagine descrittive che si concentrano su termini chiave
(la bambola, la bara, etc.); interazioni tra i personaggi che definiscono una
guerra di parole, in cui la mente più debole è destinata a soccombere ad una
verità che appare relativa; dialoghi scritti con il pilota automatico e che
fanno eco alla tv, concludendo i capitoli con frasi eclatanti da fine episodio.
Non
è certo un libro scritto male, ma la tensione generata è debole e di maniera,
fino a sfociare in un finale a dir poco affrettato e tutt'altro che risolutivo.
Daniele
Mencarelli, Tutto chiede salvezza (2020)
Premessa commerciale: il romanzo ha vinto la settima
edizione del Premio Strega Giovani (2020).
Edizione: D. Mencarelli, Tutto
chiede salvezza, Mondadori, Milano, 2020.
È
il 1994, quando Daniele viene sottoposto a un trattamento sanitario
obbligatorio (TSO); nel reparto conosce alcuni compagni di vita, con i quali in
appena una settimana condivide forti emozioni. Per la prima volta, egli si
ritrova in un ambiente in cui sostiene di poter parlare di temi importanti per
l’esistenza, non ultimo il modo in cui la malattia mentale viene considerata ai
giorni d’oggi. Sottile è la distinzione tra ciò che è sanità o malattia, un
concetto che può variare sia nel corso del tempo, che in base alle
trasformazioni interne ad una società.
Ad
ogni modo, nella malattia mentale che viene raccontata qui non vi è niente di
eroico; sussiste un dolore inesprimibile (è il caso soprattutto del personaggio
soprannominato Madonnina), in quanto incomprensibile prima di tutto a se
stessi. Tuttavia, secondo Daniele, sarebbe sufficiente un minimo di
considerazione da parte dei medici e non solo per poter cogliere i segnali di
disagio dei pazienti: prendersi cura dell’altro significa riservargli amore e
donare così una speranza di salvezza. Quest’ultimo è il concetto chiave
dell’opera, denso di riferimenti cristiani perlopiù indiretti.
L’Autore impiega un linguaggio dal registro
medio-basso, poiché lascia parlare i personaggi con naturalezza, in un
romanesco quotidiano: un linguaggio palpitante che si contrappone a quello
freddo dei medici, visti come figure cieche e sorde rispetto al grido di aiuto
dei pazienti.
La struttura del romanzo prevede sette capitoli,
uno per ogni giorno di trattamento di Daniele: il ritmo narrativo non presenta
particolari slanci, se non brevemente nel finale e in alcuni paragrafi, in cui
il protagonista si lascia andare a riflessioni più profonde sulla condizione
inumana nella quale si ritrovano a vivere gli emarginati come loro. In definitiva,
non si tratta certo di One Flew Over the
Cuckoo’s Nest di Ken Kesey, ma nella sua semplicità discorsiva è una storia
dotata di una propria autonomia.
Sveva Casati Modignani, Il falco (2020)
Premessa
commerciale: nella top ten dei libri venduti nel 2020, con i suoi libri Casati
Modignani ha venduto oltre dodici milioni di copie.
Edizione:
S. Casati Modignani, Il falco, Sperling
& Kupfer, Milano, 2020.
Romanzo
rosa scritto senza alcuno slancio d’ispirazione, nonostante le circa
cinquecento pagine. Rocco Di Falco è un siciliano di umili origini, che riesce
a farsi strada nel mondo dell’imprenditoria, costruendo un impero economico
legato alla produzione degli occhiali. Pagina dopo pagina, conosciamo la sua
giovinezza, con i primi passi nel mondo del lavoro e in amore, fino ad arrivare
ai matrimoni falliti e ai tradimenti dell’età adulta.
Dopo
l’ennesima delusione amorosa, con l’avanzare dell’età Rocco decide di tornare
da Giulietta, l’unica donna che – almeno così sostiene – ha sempre amato. Ma,
attraverso il racconto del suo passato, si può ritagliare una figura ben
definita: un uomo di successo, pieno di sé, convinto di avere un presunto
controllo sui propri desideri (salvo essere smentito ad ogni tentazione), che
di fatto ritorna da Giulietta solo quando ormai la vecchiaia si affaccia sulla
sua vita.
La
scrittura di Casati Modignani è elegante e fine, ma il ritmo della storia è
piatto: i presunti colpi di scena sono fin troppo prevedibili o comunque
proposti senza alcun crescendo. Episodi, quotidianità e ricordi si alternano
tra le righe in modo meccanico e ripetitivo; i personaggi stessi possono
risultare respingenti e chiusi in una loro bolla alto-borghese; gli ambienti,
infine, paiono freddi, asettici, e nemmeno alcuni personaggi più vivaci come il
nipote di Giulietta o il suo gatto riescono ad animarli.
Nota: per il precedente episodio della rubrica, si veda qui; per quello successivo qui. Su questo blog si trova anche la rubrica Impronte di classici, dedicata alle impressioni riguardanti i classici della letteratura (qui il primo post).
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