Nictzin Dyalhis, scrittore di Weird Tales riscoperto da Black Dog

 


Nel 2022, la casa editrice Black Dog ha raccolto in un volume tre racconti di Nictzin Dyalhis, intitolandolo Necromanzia. Luca Crovi e Franco Limardi curano il libro e scrivono un’introduzione che, nella formula del racconto “strumentale”, ripercorre le figure di streghe più famose nella storia, nella letteratura e nel cinema. Il volume è poi corredato dalle illustrazioni in bianco e nero di Valeria Desa, che con un tratto ruvido e marcato incide diverse scene nella mente del lettore.

 

Dyalhis amava scrivere storie fantasy e di fantascienza, e ottenne una certa fama scrivendo sul celebre magazine Weird Tales. Pochi i dati biografici; persino il suo nome è incerto e Nictzin potrebbe essere uno pseudonimo di origini azteche. Si sa che in giovinezza perse un occhio, come riportato nella scheda di leva. Svolse diversi lavori, tra cui il chimico e il macchinista. Si sposò due volte e ebbe una figlia. Altre notizie vennero diffuse da un pubblico di lettori pieno d’immaginazione, ma non trovano riscontro nella realtà.

Dyalhis esordì con il racconto fantascientifico When the Green Star Waned, in cui si segnala il primo esempio noto del termine “blaster” in riferimento a una pistola laser. Non fu uno scrittore prolifico e in quindici anni pubblicò appena otto racconti su Weird Tales. Nove racconti (sui dodici che scrisse) sono stati pubblicati in lingua originale nella raccolta The Sapphire Goddess (DMR Books, 2018).

La raccolta di Black Dog include tre racconti legati al fantasy occulto, il sottogenere che contraddistingue lo scrittore.

 

La strega del mare (The Sea-Witch, uscito su Weird Tales nel dicembre 1937) è ambientato in un New England in cui si mescolano elementi di mitologia norrena e di storia bizantina. Durante una tempesta, una donna nuda emerge dalle onde e entra nella vita di John Craig, un professore di antropologia, etnologia e archeologia ormai in pensione. La donna, Heldra Helstrom, sostiene di conoscerlo, poiché, in una vita precedente, egli fu lo Jarl Wulf e lei Ragnar Wave-Flame: «l’ordito e la trama di questo strano disegno in cui entrambi siamo raffigurati sono stati tessuti dalle Norne prima che il mondo avesse inizio.» Peraltro, i due sono destinati a incontrarsi ancora in futuro, sebbene non si possa sapere né dove né quando.

Heldra si mette al servizio del vecchio, secondo un antico rituale norreno di sottomissione e tra i due nasce una particolare intesa, mascherata agli occhi indiscreti da un fittizio rapporto zio-nipote: «Ti conosco solo da poche ore, eppure mi sento nei tuoi confronti come quel vecchio Jarl deve essersi sentito verso quell’altra strega del mare, a meno che voi non siate la stessa persona!»

L’Autore si diverte a tormentare il vecchio ripetutamente, mettendogli di fronte la donna seminuda: in un’occasione, la trova ornata con bracciali d’oro, un diadema dorato e orecchini pendenti con ciondoli d’oro, come una principessa nordica. La donna sembra compiacerlo, ma in realtà lo tiene in suo dominio; le viene affibbiato il titolo di “strega”, ma lei, schermendosi, dichiara che tutte le donne possiedano il potere di fare incantesimi, anche senza essere streghe.

Heldra gli dona poi un vecchio anello d’argento e gli comunica un incantesimo runico da ripetere in caso di pericolo. Viene narrata la storia del vecchio guerriero e il perché della sua reincarnazione al di fuori del Valhalla. Ma l’uomo, pur affascinato da quella retrospezione, non può che vivere a livello sentimentale il suo presente, e così tenta di trascinare la donna: «sembriamo amarci a modo nostro», per cui «lasciamo perdere ciò che sei o sei stata, o chi ero io in altre vite, e accontentiamoci di ciò che siamo!» Craig non è più il guerriero di un tempo, o forse non lo è mai stato.

La situazione peggiora all’avvento di un nuovo personaggio, un tale Michael Commnenus, che in una vita precedente era stato un bizantino responsabile della strage di un gruppo di norreni. Allora emerge la reale motivazione del ritorno della strega e tra i due si compie uno scontro decisivo. Il vecchio, turbato, finisce per consolarsi con un premio non da poco, forse il frutto del prosciugamento vitale di Commnenus.

 

Il sapere oscuro (The Dark Lore, uscito su Weird Tales dell’ottobre 1927) è la storia di Lura Veyle, raccontata da un giovane occultista. Mossa da gelosia verso la sorella e desiderandone il marito, la donna compie un misfatto e si mette poi alla ricerca dell’anima del cognato. Il demone Hesperus la accoglie e le promette il potere e la gloria in maniera fin troppo semplice, ma lei non si insospettisce. Come nel racconto precedente, compare un altro anello magico, quello che la donna dona a Hesperus, su sua richiesta: «Al dito portavo un anello con incastonato un opale nero. Era stato di mia madre e di sua madre prima di lei, e poi diventò mio. Avrebbe dovuto essere sacro. Ma allora cosa era sacro per me? Lo tolsi dal dito, lo baciai e lo lanciai a lui. Gli donai un oggetto verso il quale poteva sempre dirigere i suoi pensieri e quindi raggiungermi, inevitabilmente, a suo piacimento! Ma io in quel momento non lo sapevo.»

Lura diviene regina di uno dei regni degli inferi, e non si rende conto del capovolgimento grottesco che la regalità subisce in quel luogo. Circondata da «schiave formose, nude, dalla carnagione color rame», una di queste le racconta la propria storia, fatta di una ridicola ascesa e di una terribile caduta. A Lura tocca un destino analogo.

L’Autore introduce nel racconto una teoria degli involucri, che accompagna le terribili torture a cui viene sottoposta la donna: «Ognuno assomiglia a quello esterno, ma è più sottile. Solo che in realtà è il contrario – poiché ogni involucro, andando verso l’esterno, è come quello interno, ma è più grossolano man mano che diventa più spesso, finché il massimo spessore si trova sulla terra…».

La protagonista viene denudata, involucro dopo involucro: prima viene regalata a un comandante di Hesperus: «La mentalità umana non potrebbe comprendere nemmeno una parte infinitesimale degli oltraggi e delle degradanti dissolutezze a cui fui sottoposta…». E poi, quando il demone si stanca, viene lasciata ai suoi sgherri: «Seguì un periodo così terribile che persi persino il concetto di tempo. C’erano… Vobwins, Sogmirs, Miljips… ognuno era peggiore del precedente…».

La fine di questo tormento sembra non giungere mai: «I Ghul globulari e dai molti tentacoli, strisciando, tornarono lentamente nella loro limpida vasca, lasciandomi lì distesa. In preda allo shock mi resi conto di quanto fossi diventata sottile. Poi mi accorsi che non sentivo più il dolore. […] I demoni avevano risucchiato così tanto del mio spessore che ero diventata invisibile e intangibile per loro […].»

In forma metaforica, abbondano le simbologie sessuali, in maniera molto più esplicita rispetto al racconto precedente. In termini di sadismo, invece, l’accanimento dell’Autore sul personaggio è secondo soltanto a quello di modelli più celebri (e molto più espliciti), come Justine di De Sade. La donna chiede misericordia e, a posteriori, riflette su quella richiesta, sulla sua vita «egoistica e crudele» nella terra, «la scuola di formazione delle anime dell’universo». Su di lei, però, avviene l’ennesima farsa infernale: una demonizzazione favorita dalle Donne Fiammeggianti, o Furie, che prima la stimolano sessualmente e poi finiscono per farla a brandelli (come Penteo?). Divenuta ormai uno Spirito-Scintilla, sfreccia «attraverso il grande sistema solare oltre i pianeti, i soli, le costellazioni, le galassie, le nebulose e gli asteroidi.» Alla fine, si posa su un «piccolo globo rotante». Qui conosce il sollievo e la vera misericordia, non rivolta a se stessa, ma ad altre creature.

 

La strega dai capelli rossi (The Red Witch, uscito su Weird Tales dell’aprile 1932) rientra nel filone dell’atavismo e vede al centro una coppia di fidanzati costretta a fronteggiare un’antichissima maledizione. L’Autore riprende il tema della reincarnazione, che qui risale fino ai tempi delle caverne. Il racconto è aperto da un incipit: «Esistono un passato, un presente e un futuro? O corrispondono tutti al medesimo quando, essendo solo diverse fasi dello stesso eterno Ora?».

Randall Crone è uno scienziato che lavora in un grande museo pubblico, ma egli è anche Ran Kron, un antico guerriero. La fidanzata, Rhuda, è invece al contempo la Strega dai capelli rossi. I due si trovano a dover sciogliere un “nodo esistenziale” che vede al centro lo spettro di Athak, il Grande Capo Guerriero che osò venir meno al giuramento prestato a Juhor lo Storpio, o il Serpente, un produttore d’asce dotato di poteri magici. La storia ruota intorno alla risoluzione di questa frattura, tra scontri selvaggi molto ben descritti e dialoghi talvolta al limite della credibilità, ma che forniscono comunque una certa vena ironica alla vicenda.

In definitiva, tra viaggi spirituali, sui piani astrali o pluridimensionali, tra discese all’inferno e reincarnazioni (o trasmigrazioni delle anime), Dhyalis si diverte a narrare storie che non hanno alcuna pretesa didascalica o dottrinaria. È capace di coinvolgere il lettore nelle scene di azione e riesce a far digerire situazioni estreme e dialoghi talvolta impacciati. Nonostante le maledizioni, le torture o un destino in parte già scritto, la sua è una scrittura che non rinuncia al lieto fine, anche quando avviene a discapito di altri personaggi. In fondo, come scrive nell’explicit all’ultimo racconto della raccolta, non senza un briciolo di affettazione: «La giustizia resiste e l’amore è eterno, tutte le potenze delle tenebre non prevarranno mai contro di essi!».

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