La sposa cadavere di Schulze nell’edizione Abeditore
Una breve premessa sul soggetto.
Le origini della leggenda della sposa cadavere risalgono al racconto intitolato
Il dito, scritto dal rabbino Isaac ben Solomon Luria, un mistico e
letterato di Safed, in Galilea, vissuto nel Cinquecento.
La versione russo-ebraica del XIX secolo racconta di una donna uccisa nel giorno del suo matrimonio: un uomo che sta per sposarsi nota un ramo fuoriuscire dalla terra e per gioco infila l’anello sull’arbusto, che si rivela essere la mano scheletrica della donna defunta. L’uomo, ancora inconsapevole, danza e presta i giuramenti matrimoniali e allora la donna emerge dalla terra e si dichiara sua moglie: la promessa sposa vivente, per spezzare la maledizione, promette alla donna di crescere i loro futuri bambini in suo onore e placa la creatura.
Il rimaneggiamento forse più
riuscito – e certamente il più famoso – è il racconto Die Todtenbraut di
Friedrich August Schulze, inserito nel secondo volume del suo Gespensterbuch.
Ma per quale ragione vale la pena
leggere questa opera di Schulze nell’edizione Abeditore?
Innanzitutto, è la migliore
traduzione italiana, realizzata da Chiara Gianni sul testo tedesco, con un
ottimo trattamento anche della punteggiatura particolare adottata dall’Autore.
L’edizione Caravaggio, per esempio, è tradotta dal testo francese, così come le
edizioni ormai fuori commercio.
In secondo luogo, è l’edizione più
curata in termini estetici, con una copertina in rilievo molto elegante e un
corredo di illustrazioni scelte con evidente studio da parte di Lorenzo Inca.
Anche qui, a differenza dell’edizione Caravaggio, risulta essere più elegante,
con quel bianco “ricamato” che allude all’abito da sposa e con una scelta di
immagini più adatte a un contesto gotico ottocentesco.
Infine, scegliere la versione di
Abeditore è un’ottima maniera per sostenere questa preziosa casa editrice, che
nel 2024 è andata incontro a non poche sfortune.
Come anticipato, la leggenda della
sposa cadavere ha origini ebraiche, ma si diffonde a macchia d’olio in tutta
Europa, influenzando il gotico inglese e scrittori tedeschi come Hoffmann (L’uomo
della sabbia) e francesi come Dumas padre (La donna dal collier di
velluto) e Prosper Mérimée (La Venere d’Ille).
La versione di Schulze è complice
di tale diffusione: compare nel 1810 e due anni dopo viene tradotta in francese
da Jean-Baptiste Benoît Eyriés e inserita nella celebre raccolta Fantasmagoriana,
su cui tanto è stato detto. Al centro della storia, il tema dell’espiazione e
il ritorno sulla terra di un fantasma che finisce per impersonare donne
attraenti, in attesa che qualcuno sappia resisterle.
In conclusione, la postfazione
della stessa Chiara Gianni, nell’edizione Abeditore, è un ricco commento
all’opera, in cui si interpreta la figura del fantasma come un connubio tra la
donna-santa e la femme fatale, mostrando tutta l’attualità del racconto.
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