Perché Sanremo
Perché parlano tutti del festival musicale
di Sanremo? Non perché sia di moda (no davvero), ma perché da un lato è
trasversale (lo ascoltano la Gen Z, i trentenni insieme ai The Jackal,
gli anziani, etc.), dall’altro porta con sé interessi politico-economici
(Ferragni è l’emblema dell’incontro tra giovani, moda, politica, socialità in
senso esteso). Chi non ha capito che la musica è solo uno degli elementi del festival e che - da almeno vent'anni - i temi sociali sono centrali, non ha capito nulla.
Tutti ne parlano come della serie tv del
momento o come il libro appena uscito, ma – per quanto criticato – Sanremo è
molto di più, dato che fa numeri milionari che nessuno raggiunge.
Questo perché Sanremo è specchio della
società italiana in cui ci troviamo. È normale che Sanremo non ci piaccia,
perché è la società italiana, in tanti suoi aspetti incancreniti, a non
piacerci. E ce la ritroviamo su quel palco, come ci ritroviamo lo zio o la zia
razzista al pranzo di Natale.
Criticare però “quella roba lì” rischia anche
di diventare un meccanismo di auto-assoluzione, negando di essere parte di quel
sistema piacione, a tratti ipocrita, fatto da “volemose bene”, anche se poi non
ci sopportiamo.
Sanremo è conservatore, come lo è per
tradizione il nostro Paese, con punte di reazionismo. Da Sanremo non verrà mai
niente di rivoluzionario, e tutto ciò che sembra esserlo viene anestetizzato,
reso innocuo per un pubblico di persone benestanti in sala, tra amministratori
delegati e assessori che si danno pacche sulle spalle sentendosi progressisti o
moderni. Per aver fatto parlare un comico in declino con una retorica
soporifera e una milionaria con temi tabù, che tabù non dovrebbero essere.
La realtà è che tu sai che quando qualcosa viene normalizzato da Sanremo è già diventato mainstream, e che la vita vera si nasconde altrove.
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