Monografie d'arte. Canaletto
Antonio Visentini, Ritratto di Canaletto (1754)
Quale fu la prima formazione?
Giovanni Antonio
Canal, detto Canaletto, nacque a Venezia nel 1697. Il padre Bernardo era uno
scenografo e vedutista. Nei primi tempi, Antonio e il fratello Cristoforo
lavoravano insieme al padre. Nel 1719, Antonio e il padre si recarono a Roma
per allestire scenografie in vista del carnevale dell’anno successivo. A Roma,
il giovane decise di dedicarsi al vedutismo, influenzato da artisti come van
Wittel e Codazzi.
Nelle prime
vedute veneziane emerge l’influenza dello scenografo Marco Ricci: nella veduta del Canal Grande da Palazzo Balbi verso Rialto si trovano
i toni brunacei della tradizione riccesca, le figure piccole e generiche,
benché in pose vivaci. Canaletto ci inserisce due fonti di luce, con ombre che
arrivano da entrambi i lati.
Canaletto, Canal Grande da Palazzo Balbi verso Rialto (1721 ca)
Quali furono i primi committenti?
Canaletto
successe, come fulcro delle commissioni, al vedutista friulano Luca
Carlevarijs, morto nel 1730. Uno dei primi committenti fu il collezionista
lucchese Stefano Conti. Canaletto studiava una resa realistica della luce
naturale e i dipinti per Conti presentano una pennellata libera, corposa.
Canaletto
conobbe poi l’impresario teatrale irlandese Owen McSwiney, giunto in Italia
dopo aver fallito: questi lo fece collaborare con altri artisti per realizzare
una serie di tele dedicate ai personaggi celebri della storia inglese del
secondo Seicento. L’artista veneziano realizzò due tele, di piccolo formato,
che abbandonano i toni drammatici e chiaroscurati per una luminosità intensa,
attenta ai particolari e alle architetture. Nel 1730 il rapporto con McSwiney
etntrò in crisi, a causa di ritardi nella consegna delle commissioni.
L’artista
conobbe poi il banchiere, mercante e collezionista Joseph Smith, che fece da
intermediario per le commissioni inglesi. Smith, quando vendette la propria
raccolta d’arte nel 1762 al re d’Inghilterra Giorgio III, consegnò cinquanta
dipinti dell’artista veneziano e centocinquanta suoi disegni. Nelle tele di
Windsor ritorna l’intonazione brunacea e la pennellata corposa, e si palesa un
passeggero interesse per le figure di dimensioni più grandi. Le tele successive
furono invece più luminose, animate e ricche di particolari, come L'ingresso
del Canal Grande (1730 ca), conservato al Museum of Fine Arts di Houston.
Luca Carlevarijs, Veduta di piazza San Marco (1710 ca)
Come si sviluppò il suo stile e come cambiò la
committenza?
Un ulteriore
sviluppo si trova negli schizzi del Quaderno Cagnola, conservato alle
Gallerie dell’Accademia di Venezia, con disegni a matita realizzati sul luogo e
poi ripassati a penna. Scritte e annotazioni identificano i luoghi e i colori
da impiegare: Canaletto assemblava questi schizzi anche reinterpretando gli
spazi in maniera creativa, delegando dalla riproduzione del vero. Nella
ricomposizione impiegò spesso la camera ottica, non tanto per rappresentare in
senso assoluto la verità, quanto per ricercare l’effetto di realtà.
Nel frattempo,
Smith fece incidere ad Antonio Visentini le vedute di Canaletto, incisioni che
furono incluse in una silloge di quattordici vedute intitolata Prospectus
Magni Canalis Venetiarum. Sette anni più tardi fu pubblicata una seconda
edizione, con altre ventiquattro tavole. Tra queste il Ritorno del Bucintoro
al molo il giorno dell’Ascensione (1734 ca), conservato alla Royal
Collection dei Windsor.
Canaletto
ricevette commissioni anche da altri nobili, per esempio il conte Giuseppe
Bolagnos, allora ambasciatore imperiale, e l’ambasciatore francese
Jacques-Vincent de Languet, conte de Gergy.
Negli anni
Trenta, Canaletto ottenne altre commissioni dal mondo inglese, per esempio le
ventidue vedute per il duca di Bedford e le diciassette per il conte di
Carlisle. Tra queste ultime, capolavori come la Veduta del bacino di San
Marco: veduta panoramica, ripresa in più punti di vista simultanei da
posizioni sopraelevate, all’altezza della punta della Dogana.
Godfrey Kneller, Portrait of Charles Howard,
3rd Earl of Carlisle (1700-12)
In che cosa consisteva la camera ottica settecentesca?
Nel Settecento
si diffuse la camera ottica, o camera oscura, diffusa in città come Venezia, Amsterdam e Londra.
Già nel Cinquecento furono realizzati alcuni prototipi in Italia e in Germania;
nel Seicento, in Olanda, fu impiegata per esempio da Vermeer.
Il funzionamento
è semplice: si pratica un foro su una scatola e le immagini esterne di
proiettano rovesciate sulla parete opposta della scatola. Lenti e specchi
perfezionano la qualità dell’immagine.
Canaletto, Basilica dei santi Giovanni e Paolo.
Disegni realizzati con l'ausilio di una camera oscura
Come furono gli ultimi anni dell’artista?
Canaletto aveva
un carattere scontroso, poco aperto a trattare con la committenza, cambiando
spesso i prezzi di giorno in giorno. Alcuni committenti lo definirono avaro e
di indole solitaria: non si sposò, non ebbe figli, né bottega. Solo il nipote
Bernardo Bellotto fu al suo fianco prima di partire per il Nord Italia e per
Roma.
La veduta de Il molo e la riva degli Schiavoni dal bacino di San Marco (1740), conservato allo
statunitense Toledo Museum of Art, rappresenta lo stile maturo di Canaletto,
per la brillantezza di colore e la nitidezza dell’immagine.
Tra il 1741 e il
1744, incise trentacinque acqueforti, che raccolse nel volume Vedute Altre
prese da i luoghi altre ideate, dedicato a Smith, divenuto console inglese
a Venezia. Ci furono anche più “capricci”, come il Capriccio con progetto di
ponte palladiano a Rialto (1742-44), della Royal Collection dei Windsor:
qui l’artista immagina il ponte di Rialto ideato da Andrea Palladio, ma
rifiutato in favore di quello proposto da Antonio da Ponte.
Forse anche in
conseguenza della guerra di successione austriaca scoppiata nel 1741, che
comportò un minore flusso di visitatori a Venezia, Canaletto decise di andare a
Londra nel 1746, raccomandato da Smith. In Inghilterra conobbe Sir Hugh
Smithson, che divenne suo protettore e primo committente. Fu screditato dagli
artisti locali, ma ottenne molte committenze: le vedute inglesi si concentrano
sulle cerimonie, sugli usi e costumi degli abitanti.
Canaletto rimase
in Inghilterra fino al 1755, periodo interrotto da otto mesi a Venezia, per
investire i soldi guadagnati. Ritornato definitivamente in patria, il
committente più rilevante degli ultimi anni fu l’uomo d’affari Sigismund
Streit, tedesco che aveva lavorato a Venezia e si era poi stabilito a Padova.
Nel 1765, fu
ammesso all’Accademia di pittura e scultura in qualità di prospettico. Le
ultime vedute presentano ormai contorni più rigidi e figure più statiche e
stanche. Canaletto morì nella sua città nel 1768.
Canaletto, Il molo e la riva degli Schiavoni
dal bacino di San Marco (1740)
Piazza San Marco verso la Basilica (1723 ca)
Opera conservata
al Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid.
Si tratta di un
dipinto a olio su tela, che raffigura la celebre piazza veneziana, luogo in cui
compaiono gli edifici cardine della città: i palazzi delle procuratie, il
palazzo ducale, il campanile e la basilica sullo sfondo.
La
rappresentazione è realistica e questa opera rimarca l’attenzione di Canaletto
per i paesaggi cittadini. Il sole determina angoli di luce e di ombra e dà
forma agli edifici; viene data attenzione anche al cielo, i cui colori sembrano
preludere a una tempesta. Le figure umane hanno invece meno importanza e sono
rappresentate in forma essenziale.
Canaletto scelse
di rappresentare la piazza in quel periodo forse perché erano in corso i lavori
di rifacimento del selciato, come si nota dal dettaglio delle pietre non ancora
posate.
Canaletto, Piazza San Marco verso la Basilica (1723 ca)
L’arrivo dell’ambasciatore francese a Venezia (1726-27)
Opera conservata
al Museo statale Hermitage, San Pietroburgo.
Il dipinto è il
primo in gran formato di una cerimonia (181 x 259) e pone Canaletto a confronto
con Luca Carlevarijs, all’epoca artista prediletto per questi soggetti. Il
conte de Gergy fu il primo a riaprire le relazioni diplomatiche con Venezia,
interrotte da Luigi XIV nel 1709: questo incontro ebbe luogo il 4 novembre
1726.
Canaletto mette
in mostra la sua eredità da scenografo e riesce a includere un ampio spazio in
cui si muovono le gondole da parata e l’intera facciata del palazzo. Le
pennellate più chiare ricordano le altre opere della fase giovanile, ma
l’impiego dei gialli e dei rossi dà inizio a una nuova ricerca luministica.
Canaletto, L'arrivo dell'ambasciatore francese a Venezia
(1726-27)
L’ingresso del Canal Grande (1730 ca)
Opera conservata
al Museum of Fine Arts di Houston, Stati Uniti.
A sinistra della
tela, è rappresentata la chiesa di Santa Maria della Salute; a maggior
distanza, la chiesa di San Gregorio; sullo sfondo, infine, la chiesa di Santa
Maria della Carità (crollata nel 1744). Santa Maria della Salute fu il soggetto
di diverse vedute di Canaletto: la costruzione del complesso monumentale era
iniziata nel 1631, quale adempimento di un voto che chiedeva la cessazione
della peste, e si concluse nel 1687, tre anni dopo la morte di Baldassare
Longhena, che l’aveva progettata.
A destra,
palazzo Tiepolo è posto di fronte alla Salute, dove alcuni senatori veneziani
con parrucca si muovono sui gradini. La presenza umana si allarga al centro,
con diverse persone sulle imbarcazioni, occupate in diverse attività, tra cui
un monaco che osserva lo spettatore.
La linee
prospettiche che indagano lo spazio in profondità sono equilibrate da elementi
orizzontali, tra cui le imbarcazioni ai lati del canale. Questo si apre sulla
laguna passando per la Dogana, anch’essa realizzazione seicentesca, questa
volta di Giuseppe Benoni, che progettò due torri sormontate da Atlanti in
bronzo, che reggono un globo sovrastato da una statua della Fortuna, con
funzione di segnavento.
Canaletto, L'ingresso del Canal Grande (1730 ca)
Il ritorno del Bucintoro al molo nel giorno
dell’Ascensione (1732)
Opera conservata
nella Royal Collection, Windsor Castle.
Il quadro mostra
un soggetto tipicamente veneziano: il ritorno al molo del Bucintoro,
imbarcazione cerimoniale dorata, impiegata per il cosiddetto “Sposalizio del
Mar”, le nozze del mare che uniscono Venezia all’elemento nel giorno
dell’Ascensione. Durante la cerimonia, il doge gettava nelle acque un anello
benedetto dal patriarca. Il Bucintoro ebbe una cattiva sorte, perché con
l’invasione napoleonica (1797) una parte fu bruciata per recuperare l’oro e la
carcassa fu collocata all’ingresso della laguna. Il definitivo smembramento
avvenne nel 1824.
Il punto di
osservazione di Canaletto è dalla zona della Zecca, di cui si vede la facciata
a sud, insieme alla Libreria. Il campanile, sul fondo, fu accorciato così da
poterlo inserire; il ridimensionamento coinvolse anche una delle cupole di San
Marco, edificio che è però oscurato da palazzo ducale.
La luce proviene
da destra e i palazzi ne sono colpiti frontalmente; le gondole sono invece in
controluce. Il trattamento luministico rende l’acqua lucente e verdazzurra; il
cielo acquista note cristalline ed è attraversato da nuvole candide. Le
imbarcazioni hanno invece colori caldi e saturi. I dettagli architettonici sono
molto precisi, non ci sono parti abbozzate, ma una cura certosina per il
particolare. Molto meno definite le figure umane, determinate da pochi decisi
tocchi di pennello e poste in controluce. A definire lo spazio, non tanto la
luce, che ha più la funzione di sottolineare determinate parti del dipinto,
quanto i diversi volumi, per esempio delle imbarcazioni, la cui grandezza
diminuisce in modo progressivo.
Canaletto, Il ritorno del Bucintoro al molo
nel giorno dell'Ascensione (1732)
Capriccio con edifici palladiani (1745)
Opera conservata
nella Galleria nazionale, Parma.
Nella metà del
Settecento, il collezionista veneziano Francesco Algarotti scriveva al pittore
Prospero Pesci di quei quadri che raffigurano edifici immaginari o che
reinterpretano architetture soltanto progettate. Nel descrivere un’opera
specifica, è pressoché certo che Algarotti si riferisse a questo dipinto o al
disegno di Canaletto.
Si tratta di un
corso d’acqua veneziano, attraversato da un ponte e sulle cui sponde si situano
diversi edifici. Alcuni di questi sono tratti dalla città di Vicenza: la
Basilica Palladiana (a destra) e Palazzo Chiericati (a sinistra). Entrambe
opere di Andrea Palladio, come il Ponte di Rialto raffigurato, che rimase però
solo un progetto (venne realizzata l’idea dell’architetto Antonio da Ponte).
Il ponte
palladiano ripreso da Canaletto fu ricavato probabilmente dal capitolo XIII del
terzo dei Quattro Libri dell’Architettura dello stesso Palladio.
Canaletto, Capriccio con edifici palladiani (1745)
Veduta del Walton Bridge (1755)
Opera conservata
nella Dulwich Picture Gallery, Londra.
La veduta è una
delle tele eseguite per il ricco collezionista Thomas Hollis. Questi è
raffigurato al centro, in giallo, con l’amico Thomas Brand, il servitore
Francesco Giovanni e il cane Malta. L’uomo seduto a distanza potrebbe essere lo
stesso Canaletto. Il ponte, che ruba la scena alle figure umane, è reso più
curvo e largo rispetto alla realtà. Il ponte di Walton, situato a una ventina
di miglia a sud-ovest di Londra, era stato costruito quattro anni prima che l’artista
lo dipingesse e rappresentava una grande impresa ingegneristica.
Riguardo agli
elementi naturali, le nuvole lasciano penetrare alcune lame di luce, in un
cielo tipicamente inglese, che potrebbe riversare pioggia da un momento all’altro.
Qui Canaletto sembra aver assimilato anche la pittura di paesaggio olandese, a
partire da Jacob van Ruisdael.
Canaletto, Veduta del Walton Bridge (1755)
Bibliografia essenziale
° Bettagno A. (a
cura di), Canaletto. Disegni, dipinti, incisioni, Neri Pozza, Vicenza,
1982
° Cottino A., Canaletto,
Elemond Arte, Milano, 1992
° Pedrocco F., Canaletto,
Giunti, Firenze, 1995
° Perissa
Torrini A., Canaletto. Il Quaderno veneziano, Marsilio, Venezia, 2012
Sitografia
Canaletto. View Paintings of Venice sul canale YouTube della National Gallery: qui.
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