Monografie d'arte. Francesco Guardi
Pietro Longhi, Ritratto di Francesco Guardi (1764) |
Quale fu la sua prima formazione?
Francesco Guardi
nacque a Venezia, da una famiglia di origine trentina proveniente da Vienna: il
padre Domenico era stato chiamato nella capitale dallo zio, per studiare la
pittura.
Il padre morì giovane,
ma la famiglia riuscì a portarne avanti la bottega veneziana. Il fratello
Giannantonio era influenzato da Sebastiano Ricci e si pose a capo della
bottega; in seguito si formarono i fratelli Francesco e il più giovane Nicolò,
influenzati dal gusto esotista della committenza europea.
Giannantonio Guardi, Ritratto di Johann Matthias von der Schulenburg (1741 ca) |
Quando avvenne la
svolta verso il vedutismo?
Intorno alla
metà degli anni Cinquanta del Settecento, con opere come La festa del Giovedì grasso in Piazzetta (1758): si percepisce una prima
influenza canalettiana e Guardi riprende anche l’utilizzo della camera ottica. Nella
Processione notturna in piazza San Marco, sono rappresentate prospettive impossibili e vedute lagunari deformate,
una scelta tipica dello stile di Guardi. Considerando che nel periodo in cui
realizzò queste tele si avvertiva già la prima influenza neoclassica a Venezia,
l’artista si può definire controcorrente.
Francesco Guardi, Processione notturna in piazza San Marco (1758) |
Chi furono i
committenti?
Nessuna famiglia
patrizia possedeva significative collezioni di dipinti di Guardi, nemmeno tra i
nobili inglesi, al contrario di Canaletto, le cui quotazioni erano molto alte
anche dopo la sua morte.
I primi e i
principali committenti di Guardi furono veneziani, del ceto dei piccoli
intellettuali, eruditi e ricercatori, abati e amici personali. Gli inglesi lo
compresero più tardi, quando si diffuse la prima sensibilità romantica, e
divennero i detentori del maggior numero di sue opere. Tra gli inglesi, il
futuro lord Dover, George Agar-Ellis, comprò un centinaio di tele nel 1829, oltre
trent’anni dopo la morte dell’artista, senza intermediari. Un altro
collezionista e poi mercante d’arte interessato a Guardi fu John Strange.
Thomas Lawrence, Ritratto di George James Welbore Agar-Ellis (1823-24) |
Quali furono i suoi
capolavori?
Per anni, Guardi
affinò la tecnica nel rappresentare vedute di siti veneziani e lagunari,
aumentando la nota fantastica e onirica, con un gusto archeologico allora di
moda, ma libero in gran parte dalla lettura neoclassica. Il riferimento
guardesco derivava infatti da Marco Ricci e dai suoi seguaci, mescolati a
Canaletto: si univano poi influenze di Tiepolo e di Piranesi.
Morto Canaletto (1768) e il fratello maggiore, negli anni Settanta lo stile di Guardi subì una
prima svolta, che lo portò a una pittura meno drammatica: tra le opere, la serie
delle Feste dogali, dodici tele con
ambientazioni monumentali, una ricchezza di dettagli e scene nella scena
principale. Qui le figure e le imbarcazioni acquisiscono una propria dignità – aspetto
che lo differenzia da Canaletto – e la scenografia, di ampio respiro, suscita
un senso di attesa.
Altri capolavori
furono la Gondola sulla laguna, del
Poldi Pezzoli di Milano, e il Concerto di
dame al Casino dei Filarmonici nelle Procuratie nuove, conservato all’Alte
Pinakothek di Monaco.
Non mancano poi
i capricci, con barbagli di bianchi assoluti, riflessi, cieli nuvolosi, archi
impossibili e ponti eretti sul nulla. In queste opere la folla è spesso di
spalle, il sentimento è trattenuto anche di fronte a un evento distruttivo come
l’incendio.
Francesco Guardi, Concerto di dame al Casino dei Filarmonici nelle Procuratie nuove (1782) |
Quali sono i
tratti distintivi del suo stile?
Guardi mette in
crisi la solidità degli edifici, gioca sull’evanescenza dei colori: i suoi
vascelli fantasma sembrano presagire una metamorfosi degli oggetti: la natura
prende il sopravvento sulla ragione geometrica, le vele si afflosciano, le persone
si riducono a manichini, come fossero ombre, ma con un pathos ben maggiore
rispetto alla neutralità canalettiana. Le architetture tornano materia plastica
che si comprime o monumentalizza in base allo stato d’animo del pittore: la luce
trepidante e tremolante svuota i volumi, rende effimere le architetture,
smaterializzandole.
Si è soliti
definire Guardi un anticipatore dell’impressionismo e il trattamento del colore
e della luce lo lascia spesso intendere, tuttavia nelle tele della seconda fase
della sua vita la sua indagine appare più sentimentale, o persino spirituale,
anziché analitica, e dunque egli anticipa in tal senso certi elementi del
romanticismo.
Francesco Guardi, Il bacino di San Marco con l'isola di San Giorgio e la Giudecca (1774 ante) |
Come furono gli
ultimi anni?
In età avanzata,
il restauratore Pietro Edwards gli commissionò il ciclo di dipinti sulla visita
di Pio VI a Venezia, di ritorno da una improduttiva missione diplomatica a
Vienna. Edwards, scrivendo a Canova, definì le vedute di Guardi scorrette, ma
spiritose, come le voleva il pubblico. Il restauratore riferisce che Guardi
lavorasse con tele di scarto, con colori molto oleosi e dipingendo alla prima.
Gli effettivi limiti di conservazione erano però dovuti più alla committenza
che alle scelte dell’artista, il quale per le commissioni maggiori impiegava
materiali di qualità: così nei tre cicli di tele delle Solennità dogali (ricavate dalle incisioni di Giovanni Battista
Brustolon, prese da Canaletto), della visita dei conti del Nord, della visita di
Pio VI.
Francesco Guardi
morì nel 1793, nella sua abitazione veneziana di Cannaregio, dopo una malattia
che lo aveva tenuto a letto per un mese. Il figlio Giacomo proseguì l’attività
paterna: nel 1829 vendette a Teodoro Correr, fondatore dell’omonimo museo
veneziano, l’intera collezione di disegni suoi e di Francesco.
Francesco Guardi, Partenza del Bucintoro per San Nicolò di Lido, il giorno dell'Ascensione (1775-80) |
L’anticamera della Sala del Maggior Consiglio (1765-68)
Opera conservata
nel Metropolitan Museum of Art, New York.
Si tratta di un
olio su tela che, anziché rappresentare una veduta lagunare, mostra un interno.
Vengono raffigurati funzionari e supplicanti nell’anticamera che conduceva alla
sala del consiglio nel palazzo del doge. Guardi riesce a inquadrare gran parte
della stanza, senza perdere efficacia nella definizione dei dettagli decorativi
e architettonici. In questa fase, le figure umane possiedono ancora una loro
rilevanza e autonomia, benché non mostrino espressioni facciali, ma solo pose
che alludono allo status dei personaggi.
Francesco Guardi, L'anticamera della Sala del Maggior Consiglio (1765-68) |
Gondole sulla laguna (1765 ca)
Opera conservata
al Museo Poldi Pezzoli, Milano.
La tela
raffigura diverse gondole sulla laguna, tra cui una in primo piano, con un
gondoliere che spinge l’imbarcazione aiutato da un remo. Sullo sfondo, una
linea di mura si erge su un isolotto.
La laguna ha
perso la luce cristallina e la definizione canalettiana e Guardi le ha infuso
un sentimento interiore, l’evocazione di un’atmosfera crepuscolare e stanca,
non priva di un delicato fascino. Anche gli edifici sullo sfondo hanno perso i
dettagli e svolgono il compito di separare le acque dal cielo. In un contesto
che appare quasi post-apocalittico, la potenza emotiva del quadro avvicina
Guardi al romanticismo di William Turner.
Francesco Guardi, Gondole sulla laguna (1765 ca) |
Il Canal Grande a Venezia con palazzo Bembo (1768 ca)
Opera conservata
nel Jean Paul Getty Museum, Los Angeles.
La luce
mattutina comincia a illuminare il Canal Grande, come evidenziato dagli edifici
rosati e dalle pennellate chiare sulle nuvole e sull’acqua. Senza questa luce
gli edifici risulterebbero spenti e le acque cederebbero a un grigio silenzio.
Alcuni gondolieri e barcaioli animano la scena con i loro movimenti; gli alberi
delle imbarcazioni e dei moli spezzano l’orizzontalità data dalla scelta dei
colori.
Sulla banchina
di sinistra, si distingue palazzo Bembo, dove, sui balconi, fanno la loro
apparizione alcune figure. Guardi era attento a mostrare la città di Venezia
nelle sue trasformazioni più che nella sua staticità: il palazzo è mostrato
dopo una serie di lavori sulla facciata, da cui i diversi colori che la
caratterizzano. A destra, invece, la chiesa di san Geremia è dipinta nel pieno
della ristrutturazione.
Francesco Guardi, Il Canal Grande a Venezia con palazzo Bembo (1768 ca) |
Arco fantastico con figure umane (1770 ca)
Opera conservata
nell’Accademia Carrara, Bergamo.
La tela è una
delle più rappresentative dei capricci guardeschi. Raffigura un arco
attraversato da popolani, con una chiesa sullo sfondo e la laguna a sinistra. Le
architetture suggeriscono forme precise, ma le pennellate tendono a fuoriuscire
dai contorni e a mescolarsi alla vegetazione, intenta a riappropriarsi dello
spazio. Le diverse sfumature di colore impiegate sull’arco e il trattamento
quasi drammatico delle ombre contribuiscono a esaltare il disfacimento.
La scelta di un
soggetto fantastico, ovvero frutto dell’immaginazione dell’artista, riprende l’interesse
dei suoi contemporanei per le rovine, rilette allora in chiave neoclassica, ma
qui dipinte da Guardi più con un sentimento nostalgico che prelude al
romanticismo. Al contempo, il simbolo della rovina di un’antica civiltà evoca
per analogia la decadenza della Venezia del Settecento.
Francesco Guardi, Arco fantastico con figure umane (1770 ca) |
Bibliografia
essenziale
° Craievich A., Disegnare dal vero. Tiepolo, Longhi, Guardi,
Scripta, Verona, 2020
° Morassi A., Guardi. Tutti i disegni di Antonio,
Francesco e Giacomo Guardi, Alfieri, Venezia, 1975
° Pilo G. M., Francesco Guardi. I paliotti, Electa,
Milano, 1983
° Romanelli G., Guardi, Giunti, Firenze-Milano, 2012
Sitografia
° Incanto di luce e colori. Canaletto e i Guardi sul canale YouTube della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni: qui.
° Francesco Guardi’s ‘Venice, the Bacino di San Marco with the Piazzetta and the Doge’s Palace’ sul canale YouTube di Christie’s: qui.
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