Oriente e Occidente. Filosofia e globalizzazione


Il seguente testo è stato elaborato da una relazione del filosofo e accademico Giangiorgio Pasqualotto. L’intervento avvenne il 22 ottobre 2012, alla Sala Teresina Degan della Biblioteca Civica di Pordenone.



L’Istituto Confucio


Statua di Confucio al Tempio di Nishan


Più di vent’anni fa nasceva l’Istituto Confucio, un’istituzione no profit con sede principale a Pechino. L’Istituto in sé non è affatto una novità: anche in Europa ne abbiamo esempi, quali la Società Dante Alighieri, il Goethe-Institut, o ancora l’Instituto Cervantes. Lo scopo di questi enti è semplice: promuovere la cultura e la lingua del proprio Paese all’estero.
In Italia la Società Dante Alighieri non ha avuto molto successo; in Germania i risultati sono stati più soddisfacenti, ma colpisce soprattutto il notevole finanziamento a livello globale del governo cinese, che ammonta a cinque miliardi e quattrocento milioni di dollari (dati 2010), in favore dell’Istituto Confucio.
In questo investimento il governo cinese ha certamente puntato su uno sviluppo della cultura, ma ancora di più su uno sviluppo economico. Questo mette in luce una scelta coraggiosa che rientra in una strategia economica di influenza planetaria, una scelta che ha radici profonde un ventennio.
Per esempio, già alla fine degli anni Ottanta del Novecento, i cinesi avevano progettato uno strumento – una sorta di telefonino – che traduceva un comando dal cinese alla lingua desiderata, denotando già allora lo spirito che muove gli imprenditori cinesi, ovvero quello di venire incontro al partner economico, farlo sentire a proprio agio affinché non percepisca la sua inferiorità negli affari.
Che non significa che non esista quel rapporto di inferiorità. Se facciamo un confronto tra Kenya e Cina, il rapporto dev’essere quello di uno scambio egualitario, ovvero il Kenya che mette a disposizione le risorse del proprio territorio (in particolare del sottosuolo) e la Cina che si impegna ad edificare infrastrutture.
L’idea di base è questa, anche se ci sono in ogni caso delle grandi riserve per quanto riguarda il metodo di attuazione di queste disposizioni. Ciò che conta, nell’ideale cinese, è che il partner possa scegliere in un clima per così dire “armonico”.
L’armonia è innanzitutto un’idea confuciana, fortemente radicata nella cultura cinese; così negli affari non deve dominare la superiorità, bensì l’armonia, in una continua ricerca di un equilibrio instabile. Altrimenti l’alternativa sarebbe l’impiego della forza, delle armi, che porterebbe tuttavia a distruggere proprio quel mercato che si sta cercando di occupare. Una soluzione perciò da scartare. Importante in questo senso è l’idea confuciana di Benevolenza, che, diversamente dal pensiero occidentale, corrisponde all’utilità.


Un confronto tra i modi di pensare orientale e occidentale


Wu Daozi, Ritratto di Confucio
(685–758, periodo della dinastia Tang)


Ma approfondiamo meglio questo confronto tra la nostra cultura e quella orientale. Quando i Gesuiti, in particolare nella figura di Matteo Ricci, tentarono una conversione della Cina nel Cinquecento, fin da subito si trovarono di fronte ad una problematica non da poco. Nella tradizione cinese, infatti, non esiste l’idea di un Dio creatore, né tantomeno di un essere immobile che ha generato l’universo. Tra le “religioni” orientali, soprattutto il Confucianesimo altro non è che etica-politica (o sociale), il cui scopo è ancora l’armonia, che sia all’interno del nucleo familiare o persino nell’Impero stesso.
Ma le differenze non sono solamente sul piano della concezione del divino. Esistono alcune differenze generali tra il pensiero occidentale e il pensiero cinese. Nel pensiero occidentale vi è il concetto di sostanza e di causa (fin dall’antica Grecia, con Aristotele, etc.), mentre nel mondo orientale il concetto “equivalente” è quello del processo e delle condizioni concomitanti. Un evento, quindi, ha più circostanze, come quando si versa dell’acqua in un bicchiere: in questo caso agisce una mano, ma anche la forza di gravità che fa cadere l’acqua, oppure la liquidità stessa della sostanza, e via discorrendo.
Un altro concetto orientale è credere che non esistano le cose, bensì i processi (un tavolo per noi è solo un oggetto, per i cinesi è un insieme finito di processi finali). Quali processi? Processi chimici, molecolari, in uno spazio in cui nulla è mai immobile e ogni cosa si trasforma, persino il corpo. La morte stessa non è altro che una trasformazione, particolarmente evidente, ma comunque una trasformazione.
A questo punto di vista si oppone invece l’idea occidentale di un inizio e di una fine (esemplificata nella concezione della creazione del mondo e del giudizio universale).
Sempre occidentale è un tipo di pensiero contraddittorio, costituito da tesi e antitesi, mentre tipicamente orientale è il pensiero analogico, fatto di connessioni, consonanze; di qui il concetto di gruppo, come elemento necessario per creare un’armonia. Con un esempio, nell’antichità (e in parte ancora oggi) si preferiva in Cina la sinfonia piuttosto che il solista, che era invece visto come qualcosa di anomalo, diverso, accettabile soltanto quando la persona che si isola è un grande poeta, musico, artista.
E ancora, in occidente prevale la logica oppositiva (aut aut); una cosa o è bianca o è nera, è vera o falsa. Nel pensiero cinese/orientale questa logica creerebbe un problema: se una cosa è solo vera o solo falsa si blocca un processo, in quanto si nega che il vero possa diventare falso e viceversa (allo stesso modo l’Uomo non è né buono né cattivo, ma entrambe le cose, anche se poi Confucio tende a far prevalere la bontà, pur senza mai negare la presenza del male).
Il pensiero orientale, quindi, pensa secondo polarità opposte ma complementari: il nero e il bianco non sono opposti, ma si implicano, come si può notare nel simbolo del Tao, dove ci sono due “pesci”, l’uno con l’occhio nero su sfondo bianco, l’altro con l’occhio bianco su sfondo nero. Per lo stesso motivo si possono fare altre riflessioni, come il fatto che non ci potrebbe essere il giorno senza la notte, il caldo senza il freddo, etc.
Per concludere questo confronto tra i due pensieri, basti ancora un esempio pratico. Tipicamente orientale è la pittura ad acquerello, una pittura quindi immodificabile; tipicamente occidentale è invece la pittura ad olio, che non esclude la possibilità di modificare, di cambiare completamente un particolare.


Il pensiero di Confucio


Una pagina originale dei Dialoghi


Fatto un confronto, concentriamoci ora sul pensiero di Confucio. Egli aveva individuato cinque Wu Chang, o virtù (“de” ) confuciane fondamentali. La prima e più importante, il Ren, si può tradurre con benevolenza, senso dell’umanità e, volgarmente, bontà. Questo senso dell’umanità – secondo Confucio – è in ogni essere umano, anche il più malvagio, ed è dato dalla natura, non da Dio (esiste, come già detto, una sorta di immanenza a più piani).
Inoltre, come vedremo, il saggio deve coltivare il senso di umanità e benevolenza in se stesso e nei rapporti con gli altri. Per dirla inoltre con le parole di Confucio: «Il saggio non schiaccia gli altri con la sua superiorità; non li umilia mettendo in rilievo la loro incapacità».
Segue la Giustizia (o equità), una virtù che si riflette anche storicamente. Non a caso nell’antichità (in alcuni casi ancora oggi) ricorrere ai tribunali era ritenuta un’onta indelebile. Bisognava prima di tutto cercare di ristabilire l’armonia nel proprio piccolo, partendo dal vicinato, e soltanto in extremis rivolgersi ai tribunali, anche tenendo conto che un tempo la tortura era una pena come un’altra, non c’era infatti stato un Beccaria o l’Habeas corpus.
Terza virtù fondamentale è l’Ordine (o regola di condotta): ogni uomo deve trovare la propria regola di condotta perché ognuno ha la sua natura, persino gli oggetti. Bisogna insomma seguire il proprio ordine, che non vuol dire abbandonarsi agli istinti, ma trovare una personale disposizione della mente attraverso i rapporti con gli altri.
Infine, quarta e quinta virtù sono la Saggezza e la Verità, quest’ultima intesa come rispetto per la parola data, e quindi vale per sincerità.
Come si può notare, queste cinque virtù non sono dei comandamenti, ma un metodo per realizzare appunto l’armonia.
Tuttavia, le cinque virtù fondamentali devono essere praticate verso il “li”, che è per così dire la parte pratica della virtù confuciana. Il “li” comprende a sua volta cinque relazioni fondamentali: la relazione padre-figlio, che si richiama all’idea della pietà filiale, sovrano-suddito, in cui il suddito deve obbedire al sovrano, ma, quando il sovrano è ingiusto, vale il diritto di rimostranza (un’idea simile in Occidente è forse quella di Hobbes), rimostranza che è stata intesa sia come metodo ufficiale di protesta sia come vera e propria rivoluzione. Terza relazione fondamentale è quella tra fratello maggiore e fratello minore; la quarta è invece tra marito e moglie, che da un punto di vista confuciano sono alla pari, anche se storicamente l’uomo aveva comunque l’ultima parola e questo era riconosciuto anche in tribunale. La quinta e ultima relazione fondamentale riguarda gli amici: il singolo individuo non esiste, o meglio, esiste solo in relazione con questi altri (padre, fratello, marito, etc.); anzi, è relazione stessa con questi e al di fuori di essi non è più nessuno.


Conclusioni


Confucio, Gautama Buddha e Laozi, ovvero i tre fondatori delle principali tradizioni religiose e filosofiche della Cina: Confucianesimo, Buddhismo e Taoismo


Cerchiamo a questo punto di ricollegarci al discorso iniziale. Perché si sono creati e si continuano a creare Istituti Confucio nel mondo? Perché, alla luce di questi dati, il Confucianesimo si presterebbe a diventare un’etica universale, in quanto non dogmatica, né religiosa, e tendente ad un’armonia sociale.
Bisogna tuttavia fare una precisazione non da poco. Il concetto di Ren si estende per certi versi anche all’Occidente: è il caso della Dichiarazione universale dei diritti umani. Ora, l’idea di diritto umano è difficilmente condivisibile dai cinesi, dato che se si afferma che “ciascun uomo ha i propri diritti di libertà, proprietà, etc.” per i cinesi – come descritto prima – l’individuo non esiste affatto come isola; e questo genera i ben noti problemi di tipo politico, giudiziario (si veda la persecuzione dei singoli, solo per citare un aspetto).
In sostanza sono queste le problematiche di fondo. Certo è che i Gesuiti stessi quando arrivarono in Cina non si rivolsero ai Buddhisti, che erano considerati l’élite, né tantomeno ai Taoisti; si rivolsero infatti ai Confuciani, che governavano il Paese ed erano più aperti ad un dialogo.
Concludendo così con un pensiero di Leibniz: «Noi dobbiamo mandare in Cina dei missionari per portare la religione rivelata, ma dovremmo importare missionari etici (che vorrebbe dire politici) dalla Cina, per capire come governare, così da poter realizzare un’armonia sociale».


Schema riassuntivo


Differenze generali tra pensiero Occidentale e pensiero Cinese


Occidentale


1. Concetto di sostanza e di causa
2. Pensiero contraddittorio
3. Idea delle cose
4. Concetto di un inizio e di una fine
5. Logica oppositiva (vero-falso, etc.)

Cinese

1. Concetto di processo e condizioni concomitanti (un evento ha più circostanze)
2. Pensiero analogico, consonante
3. Non esistono cose, ma solo processi
4. Trasformazione
5. Polarità opposte, ma complementari


Cinque virtù confuciane fondamentali (Wu Chang)


1. Ren: benevolenza, senso dell’umanità, bontà

2. Giustizia, equità
3. Ordine, regola di condotta
4. Saggezza
5. Verità, rispetto per la parola data, sincerità


Cinque relazioni fondamentali


1. Padre-figlio

2. Sovrano-suddito
3. Fratello maggiore-fratello minore
4. Marito-moglie
5. Amici


Nota: per un ulteriore confronto, in questo caso soprattutto con l'Islām e il Medio Oriente, si veda in questo blog l'articolo Oriente e Occidente (qui).

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