Le domande poste da Picnic sul ciglio della strada dei fratelli Strugackij

 

Ho riletto per lavoro questo classico dei fratelli Strugackij, romanzo sci-fi dal quale uno dei miei registi preferiti, Andrej Tarkovskij, ha tratto il suo Stalker.


A meno che non comprendiate il russo, vi consiglio di leggere l’opera nell’edizione della Marcos y Marcos: è a cura di Paolo Nori, che si è occupato della traduzione insieme a Diletta Bacci; include una fondamentale storia editoriale dell’opera a firma di Boris Strugackij; presenta un’ottima copertina di Roberto Recchioni.

Non solo: l’aspetto più importante è che si tratta dell’unica edizione italiana priva delle censure di epoca sovietica. D’accordo… ma di che cosa stiamo parlando?

 

Nel libro, gli alieni hanno visitato la Terra lasciando sei Zone disseminate di oggetti misteriosi e pericolosi, incomprensibili alla scienza umana.

La storia segue Redrick “Red” Schuhart, uno “stalker” che si introduce illegalmente nella Zona per recuperare manufatti da rivendere. Mentre affronta i rischi mortali della Zona e le conseguenze morali delle sue azioni, Red è spinto dal desiderio di dare un senso alla propria esistenza e dalla volontà di rivalersi su chi, per anni, non ha fatto altro che sfruttarlo.


Ora, la narrativa scientifica dei fratelli Strugackij ha un sapore esistenzialista. Non è hard sci-fi, se non per alcune pagine, e appartiene più propriamente alla filosofia della fantascienza. È anche un’opera che consiglierei a chi si vuole avvicinare al genere, perché le domande che pone al lettore sono universali.

Tra queste: che cosa accade all’umanità quando entra in contatto con qualcosa di incomprensibile, che la spaventa? Quale ruolo riveste il caso nella vita? Ha senso desiderare qualcosa, se non sappiamo che cosa realmente vogliamo? Con quale diritto l’umanità colonizza ciò che non gli appartiene?


E queste sono solo le principali domande che mi vengono in mente. Non è poco, vero?

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