Algoritmia di Valeria Roma

 


Romanzo che si muove tra il thriller psicologico, la narrativa speculativa e la riflessione esistenziale, Algoritmia di Valeria Roma è stato pubblicato nel 2025 da Eretica Edizioni.

La protagonista, Laila, è una ventenne che lavora di notte, ha una vita solitaria e soffre di amnesie improvvise che le cancellano interi frammenti di vita. È distaccata dalla realtà ed è un personaggio crepuscolare, con una percezione incerta di sé. L’incontro con Nora, una giornalista quarantenne che sogna di diventare scrittrice, rappresenta l’innesco narrativo: le due donne si conoscono tramite Wasim, uno scultore di maschere enigmatico, e da quel momento i sogni iniziano a confondersi con i ricordi.

 

La costruzione narrativa è volutamente ambigua: i dialoghi sono essenziali, i dettagli ambientali minimi. Laila e Nora diventano specchi l’una dell’altra, mentre la distinzione tra ciò che è vero o immaginato si fa sempre più labile.

Il titolo del libro sembra rappresentare un’indicazione metanarrativa. L’algoritmia non è un luogo o un’identità, ma una condizione mentale, una struttura logica che guida le azioni e i pensieri dei personaggi. In particolare, Nora, sempre più ossessionata dall’idea che la realtà possa essere descritta e forse anche generata da un algoritmo, rappresenta la tensione tra libertà e predeterminazione. Le sue considerazioni si insinuano nel tessuto del romanzo come linee di codice invisibili che fungono da referenze per il lettore.

Vi sono poi enigmi o suggestioni che restano sullo sfondo. Penso per esempio a Selma, la bambina con la quale interagisce Nora, che sembra collegata indirettamente con la stessa Nora e con Laila (il personaggio di Samira che non è la vera madre di Selma; Nora che ha perso i genitori; i personaggi di Zacaria e Khadija rimasti orfani da piccoli; etc.). Penso anche all’Idle Club, il locale esclusivo intorno al quale ruotano i personaggi principali, a partire da Wasim, che ne è cliente abituale: l’impressione è che l’Idle sia qualcosa di più che un semplice lounge bar, forse una specie di Loggia Nera di lynchiana memoria.

 

Il rapporto tra soggettività e tecnologia è appena accennato, ma resta sullo sfondo come una nube inquieta: vi è un elemento fantascientifico alla base della storia, che però si esprime propriamente nella sua dimensione psicologica. Anzi, nelle parti più tecniche si trovano alcune leggerezze: perché parlare di deep e dark web nell’indicare le modalità di ricerca delle informazioni da parte degli LLM? I modelli linguistici come ChatGPT non attingono a esso, né durante l’addestramento, né nell’uso in tempo reale. E uno dei motivi è puramente tecnico: i contenuti del dark web non sono accessibili tramite normali motori di ricerca e sono raggiungibili solo tramite reti specifiche (es. Tor), spesso protetti da crittografia o altro. Anche il fatto che gli LLM utilizzati nel romanzo permettano a qualsiasi utente di accedere ai dati personali di un’altra persona è a oggi impossibile, a meno che non si stia parlando di una tecnologia del futuro regolata da norme sulla privacy diverse dalle nostre, un aspetto che però non è specificato nel testo.

L’Autrice lavora per suggestioni, più che per tesi, e il discorso tecno-filosofico si dipana in alcune domande, di cui quella centrale è: come considerare noi stessi quali individui se i ricordi che abbiamo non sono altro che un’elaborazione algoritmica?

 

Sotto il profilo stilistico, Valeria Roma adotta una scrittura ricca ma pulita (non barocca), a tratti lirica. I paragrafi sono brevi, spesso spezzati da pensieri o flash visivi. C’è una voluta rarefazione nel linguaggio che crea un senso di sospensione e di vuoto, coerente con la condizione mentale delle protagoniste. Tuttavia, questo stile rischia di diventare ripetitivo in alcuni passaggi, per esempio nelle minuziose descrizioni di Laila, di impostazione naturalista e forse troppo accademiche. Alcuni capitoli centrali appaiono poi provvisionali, per usare un termine giuridico, come se il romanzo indugiasse troppo nel suo stesso enigma; il ritmo narrativo ne risente, specie se ci si aspetta una progressione lineare. D’altra parte, il testo non mira tanto a intrattenere, quanto a evocare, insinuando dubbi.

Wasim, lo scultore di maschere, è forse il personaggio più simbolico dell’opera. Le sue creazioni, che rappresentano volti senza identità, suggeriscono che ogni soggetto sia costruito, artificiale e mutevole. Laila e Nora, nel loro legame oscuro, incarnano la dinamica del doppio: due donne diverse per età e vissuto, ma unite da una fragilità speculare e da un bisogno condiviso di emergere come agenti della loro vita. Il sogno è il territorio reale del romanzo, un luogo dove ciò che è rimosso riaffiora, dove la memoria si riscostruisce per immagini. Il lettore è chiamato a leggere in filigrana, a decifrare indizi più che a seguire una trama.

 

Algoritmia è certamente ambizioso, ma non tutto funziona alla perfezione: diverse pagine rallentano in modo eccessivo il testo, e la componente tecnologica rimane sullo sfondo, pur costituendo l’elemento davvero alternativo della narrazione.

Più riuscito è invece il racconto sullo smarrimento di due donne, su un’identità (personale, sociale, storica) in bilico tra la volontà di affermarsi e la dissoluzione. È su questo, così come sulla tematica secondaria dell’immigrazione, veicolata soprattutto dai personaggi di Zacaria e Khadija, che la scrittura di Valeria Roma trova la sua maggiore naturalezza.

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