I contenuti strutturati sui social. Una riflessione personale

 

Édouard Manet, Ritratto di Zacharie Astruc (1866)

Per alcune settimane ho sperimentato le live su IG: una di martedì, incentrata sui libri, e una di giovedì, per i film e le serie tv. Vorrei fare il punto su questa esperienza, in modo che possa essere utile ad altre persone che gestiscono “pagine” social. Sarà molto sincero nell’analisi.

In tre settimane e sei dirette ho capito alcune cose dei meccanismi di IG che prima potevo solo teorizzare.

 

1. Instagram è un social sempre più improntato a una parte video veloce, quasi tutta senza audio o con tracce musicali o sonore di tendenza. In questo senso, rincorre TikTok. Di conseguenza, penalizza i contenuti troppo lunghi.

 

2. Pubblico e mercato sono meccanismi che tendono a mordersi la coda l’un l’altro. Il fatto che IG abbia virato sui reel è anche perché gli utenti chiedono o si sono abituati a quella rapidità di fruizione. YouTube, per esempio, ha fatto qualcosa di analogo con gli shorts, per ora in fase embrionale. Ma mentre su YT il contenuto lungo viene premiato, gli utenti IG non si soffermano su video che superano i cinque minuti.

 

3. Credo che il punto due dipenda in parte dal contesto: può essere che lo stesso utente che dedichi massimo trenta secondi a un contenuto IG, su un’altra piattaforma possa restare connesso per più di un’ora.
Anche il metodo di fruizione cambia: quante volte di fronte a qualcosa come trecento storie, ne vediamo sì e no una trentina, scorrendo le altre? Penso sia molto diffuso skippare le storie, soffermandoci su quei profili che ci interessano davvero e che si contano sulle dita di una mano.

 

4. E qui viene la nota personale più dolente. Tolto il fattore novità della prima settimana, in cui ho avuto un buon feedback, dovuto alla novità del mostrarmi in video, l’interesse è scemato presto. Se fossi stato su Twitch, avrei insistito, perché lì, invece, conta quanto tempo passi in live; avrei potuto provare su YT, perché, pur non favorendo contenuti troppo lunghi, quella piattaforma permette di coltivare una community aperta a contenuti più strutturati (ho scritto su questo tema anche qui). Per farlo, però, avrei bisogno del tempo o della pazienza di seguire quest’ultima strada, che certo sarebbe la più valida.

 

5. La sperimentazione delle live su IG è derivata anche da questo motivo. In generale, seguendo pure altri profili, ho constatato che le dirette su questo social faticano a funzionare e ci riescono, con deboli risultati, soltanto nei confronti a due (per esempio nella presentazione di un libro).
Anche in quel caso, la frenesia del social non favorisce la migliore fruizione del contenuto. Tradotto: se entro per guardare una live che tratta di un testo letterario, mi soffermo due minuti, esco e rientro cinque minuti dopo aver visualizzato altre storie, è certo che non possa rimanermi alcun concetto. Il fruitore, inconsciamente, è più appagato da un reel che per immagini gli mostri la “top five” di un qualsiasi prodotto, dal libro al dolce preferito, che doversi fermare ad ascoltare o leggere una considerazione di quello stesso profilo che sia più complessa di una lista dei desideri per Amazon.

Di nuovo, meglio sarebbe tentare su YT, sapendo però che su quella piattaforma la qualità richiede tempo.

 

6. In conclusione, c’è stato qualcosa di positivo? Sì, due cose. La prima è che la diretta mi ha reso più sicuro nell’esprimere le mie opinioni di fronte a (quasi) sconosciuti, senza filtri o possibilità di rifare la registrazione. La seconda è che si è trattato di un momento, personale, di messa a fuoco dei contenuti.
Penso che in molti siano d’accordo: leggiamo, guardiamo e ascoltiamo quantità incredibili di libri, film, serie tv e podcast. Ogni mese, tonnellate di materiale informativo e culturale a disposizione. Ci facciamo le nostre liste, gli appunti, sottolineiamo le pagine importanti: scriviamo un post o creiamo una storia e poi non ci torniamo più.

Ecco, le dirette mi hanno permesso di tornare su testi e film e di riflettere meglio su quanto mi fossero piaciuti. Alcune delle considerazioni più riuscite sono nate da una presa di coscienza improvvisa, proprio durante la live. Ora, credo mi ritaglierò un paio d’ore a settimana per parlare a me stesso di ciò che avrò letto o visto, perché è stato molto utile fino a qui.

 

Potrei terminare con una riflessione malinconica. A volte penso ai libri che ho pubblicato, al mio tentativo di evitare le strade commerciali della scrittura, al rifiuto per lo storytelling in nome di una narrazione che non fosse lineare, come non lo è la realtà. Ebbene, in questi anni ho condiviso su IG tanti dei miei pensieri, molto di quanto sentivo di dover dire, ma sono sincero: non ho raggiunto, in chi mi ha seguito, la fiducia che permettesse di leggere qualcosa che non fosse espresso oltre le storie di quel social.

Non voglio, però, essere malinconico in questo finale di riflessione. Lo sono stato da sempre, soprattutto negli ultimi anni, ma sento che ora posso dare qualcosa di più del mio disincanto verso il mondo. E quel qualcosa continuerò a esprimerlo nella scrittura, nonostante gli inevitabili skip e la delusione di una sera da gran mal di testa. Una cosa veramente bella, in questa mia scrittura che è necessità e urgenza di vita, è aver ricevuto un commento di sorpresa, o di intesa intellettuale e sottile, da quei pochi che hanno dato una possibilità alle mie pagine.

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