Monografie d'arte. Jacques-Louis David

 

Jacques-Louis David, Autoritratto (1794)


In che ambiente nacque David e come fu la sua formazione?

 

Nato a Parigi nel 1748, Jacques-Louis David faceva parte di una famiglia agiata, legata al commercio. Morto il padre, la madre lo lasciò ai suoi parenti, borghesi parigini occupati nel settore edile.

Nel 1766, entrò nella École Royale des Élèves Protégés, grazie all’interessamento dei pittori François Boucher e Joseph-Marie Vien. Le prime opere di David risentono delle composizioni di Boucher e dei suoi preziosismi rococò, ma presto fu Vien, tra gli iniziatori del gusto neoclassico, a influenzarlo. Il giovane ottenne il Prix de Rome dipingendo Erasistrato alla scoperta della causa della malattia di Antioco, e il premio della scuola gli permise di recarsi all’Accademia di Francia, a Roma, di cui Vien era divenuto direttore.

Nella città rimase dal 1775 al 1780: lo studio di Michelangelo, Raffaello, Caravaggio, Guido Reni e i Carracci, unitamente alla copia in disegno delle statue del Museo Capitolino, allontanò definitivamente David dagli spunti rococò.

Conobbe Raphael Mengs, autore dell’affresco del Parnaso a Villa Albani, manifesto del nuovo stile classico, e Pompeo Batoni, celebre ritrattista erede della tradizione classicista seicentesca. Fu però l’incontro con l’archeologo e critico d’arte Quatremère de Quincy a costituire – come disse David con una metafora – un’operazione alle cateratte. L’amico lo accompagnò a Napoli (l’esperienza fu commentata come «un’illuminazione improvvisa della verità»), lo fece tornare in Italia più tardi, per dipingere Il giuramento degli Orazi, e i due parteciparono ai giorni della Rivoluzione francese.

 

Jacques-Louis David, Erasistrato alla scoperta della causa
della malattia di Antioco
 (1774)


Che cosa accadde al suo ritorno in Francia?

 

Tornato a Parigi, David completò le opere Belisario chiede l'elemosina e Ritratto del conte Stanislaw Potocki. La prima recuperava la grandezza di Poussin, ma la direzione presa dall’artista era diversa: lo spazio è definito in modo geometrico, l’architettura antica assume una funzione simbolica e i colori sono accesi e definiti. L’opera gli valse il favore dell’Académie Royale de Peinture, dove fu ammesso nel 1783, presentando Il dolore e il pianto di Andromaca sul corpo di Ettore suo marito.

Cresceva il successo e David ottenne molte committenze di rilievo, soprattutto nella ritrattistica: tra le opere, emerge il ritratto dei coniugi Lavoisier, di grandi dimensioni, a tal punto da far pensare a un quadro di storia.

Gli anni Ottanta videro anche la nascita di capolavori come Paride ed Elena e I littori riportano a Bruto i corpi dei suoi figli (entrambi del 1789). Quest’ultimo quadro, a ragione del soggetto, gli valse l’aura di artista della Rivoluzione.

 

Jacques-Louis David, Belisario chiede l'elemosina (1781)
 

San Rocco intercede presso la Vergine per la guarigione degli appestati (1780)

 

Opera conservata al Musée des Beaux-Arts, a Marsiglia.

La commissione provenne dagli Intendenti dell’Ufficio di Sanità di Marsiglia, per la cappella del Lazzaretto. David lo espose prima a Roma, a Palazzo Mancini, e poi al Salon di Parigi, ottenendo molta visibilità.

È un dipinto religioso, genere meno frequentato dall’artista, che mostra san Rocco nell’atto di intercedere con la Madonna e Cristo Bambino in favore degli appestati. Il santo è in posizione centrale e le mani giunte sono il fulcro della narrazione visiva: David tenne conto della serie di tele di Mattia Preti, che commemoravano la Napoli devastata dalla peste nel Seicento, e c’è anche una somiglianza con il vecchio della Madonna dei pellegrini di Caravaggio. L’artista pose attenzione anche ai dettagli della malattia, come si nota sulla coscia del santo, dove si trova un bubbone guarito. In basso a sinistra, un gruppo di malati è seduto o sdraiato a terra: indossano abiti grigi o marroni, spenti, e il loro sguardo è rassegnato.

 

Jacques-Louis David, San Rocco intercede presso
la Vergine per la guarigione degli appestati
 (1780)

 

Ritratto del conte Stanislaw Potocki (1781)

 

Opera conservata al Museum National, a Varsavia.

Il modello è un aristocratico polacco, arricchitosi con il matrimonio di una donna della famiglia reale polacca. Il conte venticinquenne aveva interessi nell’architettura e nella storia dell’arte ed era un collezionista, nonché un promotore delle teorie neoclassiche di Winckelmann in Polonia.

Potocki e David si erano conosciuti a Roma e lì era nata la commissione. L’artista presentò il quadro al Salon, preferendo un ritratto equestre al quadro di storia, che era ritenuto allora un genere più elevato.

 

Jacques-Louis David, Ritratto del conte
Stanislaw Potocki
 (1781)

 

Il dolore e il pianto di Andromaca sul corpo di Ettore suo marito (1783)

 

Opera conservata al Musée du Louvre, a Parigi, ma appartenente all’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts.

L’episodio è tratto dall’Iliade: Andromaca piange il corpo di Ettore, ucciso da Achille.

La tela fu esposta al Salon e fece accedere David all’Accademia di Parigi, non senza critiche: gli venivano contestati il panneggio sporco e la tonalità scura; altri, però, interpretarono questi tratti quali elementi drammatici riusciti.

Come in altre opere di quel periodo, tra cui il ritratto citato del conte Potocki, David tenne conto dell’opera di Nicolas Poussin, in particolare La morte di Germanico e Il testamento di Eudamidas. L’intera composizione ha un afflato teatrale, implementato da una luce che si concentra solo sui tre personaggi: questa gestione della luce e delle zone di ombra ricorda la pittura di Caravaggio.

Nella tela di David, Ettore è sdraiato su un letto con il petto scoperto, che mostra la muscolatura e parte del costato. Il corpo ha il colore livido e la cadenza della morte, ma non è segnato dalle ferite che ne provocarono la dipartita. Andromaca è alla sua destra, seduta e vestita di bianco: la mano destra mostra il cadavere; la sinistra poggia sul braccio del figlio, Astianatte, destinato a una morte altrettanto violenta. A sinistra, in primo piano, è rappresentato l’elmo piumato di Ettore, accompagnato dalla spada. Un candelabro brucia piante aromatiche, allontanando l’odore della morte e sacralizzando lo spazio.

 

Jacques-Louis David, Il dolore e il pianto
di Andromaca sul corpo di Ettore suo marito
 (1783)

 

Ritratto di Alphonse Leroy (1783)

 

Opera conservata al Musée Fabre, a Montpellier.

Il soggetto è un ostetrico e pediatra che lavorava a Parigi e che, forse, David conobbe in occasione della nascita del suo primogenito. Il medico era destinato a morire nel 1816, pugnalato in circostanze misteriose.

Leroy è seduto a una scrivania; il braccio destro è sporto in avanti, pronto a scrivere; il sinistro è poggiato su un volume di Ippocrate, il Morbi mulierum, e la mano scompare nella veste, sottolineando la non finitezza dell’opera. Il volto è alzato dal foglio e guarda lo spettatore, che lo ha interrotto. L’uomo indossa una veste da camera e un turbante. Sulla scrivania, è presente una lampe à quinquet, inventata dallo stesso medico. Soggetto e oggetti sono rappresentati con attenzione naturalistica, ma la luce soffusa dà un tono teatrale al ritratto.

L’opera vide anche l’intervento di un allievo, Jean-François Garneray, che si occupò della mano e dei tessuti.

 

Jacques-Louis David, Ritratto di Alphonse Leroy (1783)

 

Il giuramento degli Orazi (1784)

 

Opera conservata al Musée du Louvre, a Parigi.

La commissione provenne direttamente dalla corte francese, in vista del Salon del 1785. Il soggetto è ripreso dalla leggenda romana secondo cui tre fratelli romani, gli Orazi, si scontrarono con tre fratelli di Alba, i Curiazi, con cui Roma era in guerra. Dei sei guerrieri, sopravvisse solo uno degli Orazi, sancendo la vittoria romana. In merito al giuramento, David attinse all’Ab Urbe Condita di Tito Livio e alla tragedia Horace di Pierre Corneille. Per la sua realizzazione, David scelse di tornare a Roma, alla ricerca della giusta ispirazione. Fu influenzato ancora dal classicismo di Poussin, per sua stessa ammissione.

È la tela che manifesta a pieno un carattere neoclassico: la scena è inscritta in una severa cornice architettonica: una domus romana di cui vediamo l’atrio tuscanico e la pavimentazione in opera spicata. Sullo sfondo, un porticato è scandito da colonne tuscaniche a fusto liscio e senza base.

A sinistra, il gruppo degli Orazi presta giuramento, in piedi e con il braccio teso; al centro, il vecchio padre regge le spade alzando le braccia al cielo; a destra, un gruppo di donne e bambini manifesta il proprio dolore. Le pose ferme degli Orazi fendono lo spazio in orizzontale e fanno da contrappunto alla verticalità delle colonne sullo sfondo. Una serie di diagonali converge nel pugno del padre e gli occhi sono guidati su quel punto. Una luce fredda illumina le figure maschili e una soffusa investe le donne, sottolineando rispettivamente le linee rigide dei corpi maschili e quelle tormentate dei corpi femminili.

La tavolozza, costituita da pochi colori, contribuisce con bruni e grigi alla drammaticità del momento: note di rosso, bianco e giallo stimolano lo spettatore, evocando la gravità della situazione.

 

Jacques-Louis David, Il giuramento degli Orazi (1784)

 

La morte di Socrate (1786-87)

 

Opera conservata al Metropolitan Museum of Art, a New York.

La commissione provenne da Charles-Louis Trudaine de la Sablière, sebbene David lavorasse già da anni al soggetto, e l’opera fu esposta al Salon del 1787. La tela rappresenta il momento in cui Socrate allunga la mano sulla coppa di veleno, a base di cicuta, ponendo fine alla sua vita con estrema fermezza e imperturbabilità. Il filosofo è seduto sul letto del carcere, circondato da allievi disperati: il braccio sinistro si alza verso l’alto in un gesto perentorio, con l’indice che punta al cielo, in una posa che, come nei volti dei personaggi, rievoca il Raffaello delle Stanze Vaticane, benché con maggiore dinamicità.

Curiosi alcuni particolari: Platone, allievo di Socrate, viene mostrato più vecchio del maestro, seduto alle spalle a sinistra del letto, per quanto nella realtà storica fosse molto più giovane e non avesse assistito all’ultimo incontro. Lo stesso Socrate presenta un corpo in forma, idealizzato, che non si accorda con la realtà di un uomo ritenuto di brutto aspetto. Circondato da dodici allievi, il numero rimanda agli apostoli, anch’essi afflitti per l’imminente scomparsa di Cristo. Solo Platone, insieme a Socrate, non si dispera, e David li tinge con vesti blu e bianche, in contrasto ai colori caldi ed emozionali degli altri personaggi.

 

Jacques-Louis David, La morte di Socrate (1786-87)
 

Ritratto di Antoine-Laurent Lavoisier e di sua moglie (1788)

 

Opera conservata al Metropolitan Museum of Art, a New York.

Il soggetto raffigura il fondatore della chimica moderna insieme alla moglie e collaboratrice, Marie-Anne Pierrette Paulze, che aveva commissionato il quadro. La donna aveva preso lezioni private da David, come si nota a sinistra della tela, con alcuni disegni appoggiati su un'asta.

Il quadro è di grandi dimensioni, fatto insolito per un ritratto privato, ed è ambientato all’interno di uno studio. La scena è familiare, quasi intima, con la moglie che poggia l’avambraccio sulla spalla del marito. L’uomo la osserva con uno sguardo che suggerisce ammirazione e la donna guarda invece verso lo spettatore. I due indossano parrucche e abiti alla moda. Gli strumenti scientifici non adornano soltanto la stanza, ma assurgono a natura morta dotata di forza autonoma: notevoli i dettagli, la lucidità dell’ottone e i riflessi del vetro. David rappresenta così un barometro, un gasometro, un serbatoio d’acqua e altri strumenti.

Lavoisier non ebbe un buon destino: durante la Rivoluzione divenne Appaltatore Generale delle Imposte; fu poi messo sotto accusa per il suo operato e venne ghigliottinato nel 1794, durante il periodo del Terrore.

 

Jacques-Louis David, Ritratto di Antoine-Laurent
Lavoisier e di sua moglie
 (1788)
 

I littori riportano a Bruto i corpi dei suoi figli (1789)

 

Opera conservata al Musée du Louvre, a Parigi.

Ulteriore commissione reale da parte di Luigi XVI, la tela divenne per paradosso un rappresentazione degli ideali rivoluzionari, ben oltre le iniziali intenzioni dell’artista. Il soggetto è ripreso da Tito Livio ed era stato messo in scena da Voltaire e da Alfieri: Giunio Bruto è eroe romano della libertà repubblicana, che sacrifica al bene della patria la vita dei figli traditori, che volevano riportare i Tarquini a Roma.

La scena di David ritrae i littori (attendenti dei magistrati) che portano in casa di Bruto i corpi dei figli: il sole illumina la lettiga e il gruppo di donne sulla destra. In ombra la statua della dea Roma e la figura di Bruto, chiuso nel suo dolore. Così il gruppo femminile caratterizza il dolore della scena, mentre Bruto esprime l’etica estrema votata allo Stato.

 

Jacques-Louis David, I littori riportano a Bruto
i corpi dei suoi figli
 (1789)


Che ruolo ebbe David nella Rivoluzione?

 

Negli anni rivoluzionari, David prese parte ai circoli giacobini e fu nominato, nel 1792, deputato nella Convenzione Nazionale, che presiedette per due settimane, firmando molti mandati di arresto. L’anno seguente votò a favore della condanna a morte di Luigi XVI, scelta non indolore, che lo allontanò da diverse amicizie e dal matrimonio, dato che la moglie rimase realista e si ritirò in convento.

David fu il principale artefice delle feste celebrative: disegnava costumi e organizzava le coreografie. Tra gli eventi di cui si occupò, la processione per la morte di Voltaire, la Festa della Repubblica (10 agosto 1793) e la Festa dell’Ente Supremo (8 giugno 1794).

Si occupò infine di riformare l’insegnamento dell’arte e di salvare le opere dalla furia dei rivoluzionari: nacque così l’idea di un grande museo francese, al Louvre, che svolgesse una funzione educativa per cittadini e artisti. Con questa motivazione, dipinse inoltre il Giuramento della Pallacorda e la Morte di Marat.

Con la reazione termidoriana (27 luglio 1794), David fu incarcerato come complice della cerchia di Robespierre: in prigione dipinse alcuni ritratti, che segnarono l’inizio di una nuova fase, e concluse un Autoritratto, oggi al Louvre, che lo mostra con volto fiero e con gli strumenti della sua arte. Si riavvicinò anche alla moglie, che venne a trovarlo in prigione insieme ai quattro figli. Scarcerato, fu coinvolto dall’amnistia del 1795, e tornò a lavorare all’atelier del Louvre. Realizzò Le Sabine, che affiancava la statuaria romana all’arcaizzante cultura greca. La tela rappresentava un tentativo di conciliazione personale e civile dopo anni di turbolenza.

 

Jacques-Louis David, La morte del giovane Barra (1794)

 

Giuramento della Pallacorda (1791)

 

Opera conservata al Musée National des Chateaux de Versailles et de Trianon, a Versailles.

Si tratta del disegno a penna, matita e lumeggiature bianche di un quadro mai realizzato. Ricevette l’incarico nel 1790, per commemorare il giuramento pronunciato nel salone utilizzato a Versailles per il gioco della pallacorda; giuramento che consisteva nel non sciogliere l’assemblea prima di aver creato una nuova costituzione. Forse David non fu presente all’evento, ma ricostruì la scena attraverso le testimonianze dei presenti. La situazione è drammatica; la Francia è in crisi nera: i presenti si agitano in modo frenetico, allungando i corpi e sporgendo dalle finestre.

La tela monumentale non fu compiuta perché gli avvenimenti precipitarono: molti dei protagonisti del quadro caddero in disgrazia o morirono e David abbandonò il progetto.

 

Jacques-Louis David, Giuramento della Pallacorda (1791)

 

La morte di Marat (1793)

 

Opera conservata al Musées Royaux des Beaux-Arts, a Bruxelles. Ne esistono altre due versioni, a Reims e al Louvre.

La Convenzione, di cui David era deputato, gli commissionò questo quadro, che celebrava la morte di Jean-Paul Marat, deputato giacobino assassinato nel bagno di casa dalla giovane girondina Charlotte Corday. L’uomo era un politico, già presidente del Club dei Giacobini e fondatore del giornale l’Ami du peuple, da cui lanciava strali radicali e sanguinari contro i girondini.

Marat assurse a martire della Rivoluzione e David contribuì a questa immagine: non ritrasse il momento dell’omicidio, ma quello successivo, con la vittima immersa nella vasca da bagno, dove stava a lungo a causa di una malattia della pelle. Di fronte a lui, un calamaio e una penna, posti su una cassa-scrittoio, su cui David ha posto la sua dedica e la firma. Tra le dita della mano sinistra, la lettera di supplica che l’assassina gli aveva rivolto, convincendolo a farla entrare. Un altro oggetto legato all’omicida è il coltello insanguinato, caduto a terra: essa è stata così cancellata dalla storia.

Il corpo di Marat, con il braccio destro che pende inerte, ricorda la Deposizione di Caravaggio. La ferita gronda ancora sangue, ma il volto dell’uomo è ormai sereno. La parte superiore della tela è scura, senza oggetti appesi alla parete, ma le pennellate gialle fanno vibrare la superficie appena sfiorata dalla luce, che investe invece il volto del morto e determina il chiaroscuro del corpo.

 

Jacques-Louis David, La morte di Marat (1793)


Le Sabine (1799)

 

Opera conservata al Musée du Louvre, a Parigi.

Il soggetto riprende una vicenda della storia romana: le donne sabine, rapite dagli uomini romani, si pongono tra questi e i parenti sabini, venuti a riprenderle. I capi dei due popoli, Romolo e Tito Tazio, sono pronti a scontrarsi, ma le donne impediscono la carneficina. I personaggi di David non sono più le dure figure de Il giuramento degli Orazi, ma forme più morbide, legate alla scultura greca e a Raffaello. Nonostante questo, la ripresa di Poussin non viene meno ed Ersilia, che spalanca le braccia al centro del dipinto, è ispirata a L’adorazione del Vitello d’oro del pittore secentesco.

David aveva concluso la tela poco dopo l’uscita dal carcere: per rifarsi della spesa, fece una scelta curiosa per l’epoca, decidendo di esporlo a pagamento, fino al 1805. Il ricavato non servì solo a coprire la spesa, ma anche una nuova residenza.

 

Jacques-Louis David, Le Sabine (1799)
 

Ritratto di Henriette de Verninac (1799)

 

Opera conservata al Musée du Louvre, a Parigi.

Il soggetto è la sorella del pittore Eugène Delacroix. Il gusto neoclassico si era ormai diffuso nella società elegante francese: l’abbigliamento e il mobilio traevano ispirazione dalle suppellettili e dalle pitture emerse dagli scavi di Pompei e di Ercolano.

David rappresenta la donna, l’ambiente e il vestiario con semplicità, qui sinonimo di eleganza classica. Il peplo bianco si stende su un corpo nudo; non ci sono gioielli o ornamenti, ma i fregi dorati sui bordi della sedia di mogano, in stile Direttorio, e la posa statuaria della donna, con un volto tipicamente romano, restituiscono la nitida grandezza antica. La posa infatti è ispirata alla statua di Agrippina seduta al Museo Capitolino.

 

Jacques-Louis David, Ritratto di Henriette
di Verninac
 (1799)


Che cosa accadde con Napoleone al potere?

 

David ritrasse più volte Napoleone, trasmutato in simbolo di speranza per la nazione. Bonaparte valica il Gran San Bernardo mostra un Napoleone dallo spirito “romantico”, un eroe impaziente di agire. L’opera piacque al condottiero e David divenne il pittore ufficiale per tutto il periodo imperiale.

Oltre ai ritratti e alle tele encomiastiche, egli dipinse anche quadri storici come Leonida alle Termopili.

 

Jacques-Louis David, Napoleone nel suo
gabinetto di lavoro
 (1812)

 

Ritratto di Madame Récamier (1800)

 

Opera conservata al Musée du Louvre, a Parigi.

Juliette Récamier era una celebre donna dell’alta società parigina, nota per la sua bellezza e per le doti di spirito e di gusto. Un’aura oscura la avvolgeva, perché aveva sposato l’amante della madre, che si diceva fosse suo padre.

Il ritratto è un non finito, nonostante sia uno dei più celebri ritratti di David e della storia dell’arte. La donna è adagiata su un méridienne; la posa è composta, come in una statua antica, e solo un sottile sorriso la ravviva. Appare come una vestale, il cui corpo girato indica la sua virginità.

L’artista non era soddisfatto della luce dell’ambiente e aveva più volte provato a modificarla: alla fine, Récamier si era rivolta a François Gérard. L’opera di David fu comunque uno dei modelli che ispirò, per esempio, La grande odalisca di Jean-Auguste-Dominique Ingres.

 

Jacques-Louis David, Ritratto di Madame Récamier (1800)

 

Bonaparte valica il Gran San Bernardo (1800-1803)

 

Opera conservata al Musée National du Chateau de Malmaison, a Rueil-Malmaison.

Il re di Spagna Carlo IV commissionò l’opera, in un tentativo di riavvicinamento alla Francia dopo lo scoppio della guerra tra i due Paesi. Napoleone non posò per David, il quale trasse dal personaggio il cosiddetto “genio”, che ne evocasse la figura. Il dipinto ebbe talmente successo da dare vita ad altre quattro versioni.

Napoleone è in groppa a un cavallo impennato, in una posa eroica, che evoca quei condottieri – Annibale e Carlo Magno – che lo avevano preceduto e i cui nomi sono inscritti nella roccia in fondo a sinistra. L’evento storico commemorato è la seconda vittoriosa campagna d’Italia.

La scena è immaginaria, in quanto Napoleone valicò le Alpi sulla groppa di un affidabile mulo, ma i dettagli del vestiario e l’oggettistica sono realistici, poiché l’artista poté studiare dal vivo armi e divisa che Napoleone gli aveva consegnato. David aveva pensato di aggiungere una spada nella mano destra, ma il condottiero non acconsentì: ciò che ne emerge è una figura calma, in contrasto al cavallo imbizzarrito, con la mano destra che indica in avanti, al futuro. Nel complesso, tuttavia, il tono celebrativo, il volto idealizzato e il panneggio convenzionale non lasciano molto spazio a ulteriori elementi di pregio.

 

Jacques-Louis David, Bonaparte valica il Gran
San Bernardo
 (1800-1803)


L'incoronazione di Napoleone (1805-1807)

 

Opera conservata al Musée du Louvre, a Parigi. Altre due copie sono conservate alla Reggia di Versailles e alla Oldway Mansion di Paignton, nel Devon.

Napoleone si proclamò imperatore il 18 maggio 1804: la cerimonia di incoronazione si svolse alla cattedrale di Notre-Dame, alla presenza del pontefice Pio VII, il 2 dicembre dello stesso anno. David ricevette da Napoleone l’incarico di rappresentare l’evento in una tela grandiosa, che lo tenne occupato per quasi due anni.

Bonaparte si autoincoronò, prendendo la corona dalle mani del papa: David aveva pensato di rappresentare quel momento, ma preferì poi mostrare l’imperatore che incorona la moglie Giuseppina Beauharnais.

I disegni preparatori furono numerosissimi: David disegnava le figure nude e poi le vestiva. Tra i personaggi, compare anche la madre di Napoleone, Letizia Ramolino, che non presenziò alla cerimonia. L’intenzione di David era di restituire una scena non solo solenne, ma verosimile: questo emerge dall’equilibrio con cui sono disposte le figure, ma soprattutto dall’attenzione per l’espressione di ogni singolo volto. Gli sguardi si concentrano sulla corona con l’alloro, perno della rappresentazione, e Napoleone è rivestito da un’aria sacrale.

Molti dei presenti entreranno a far parte della nuova nobiltà, fondata sul merito. Tra i personaggi, oltre a quelli citati, si trovano Luigi e Giuseppe Bonaparte, Gioacchino Murat e lo stesso David.

 

Jacques-Louis David, L'incoronazione di Napoleone (1805-1807)

 

La distribuzione delle aquile nel Campo di Marte il 5 dicembre 1804 (1808-1810)

 

Opera conservata al Musée National des Chateaux de Versailles et de Trianon, a Versailles.

David, ormai Primo Pittore di Napoleone, aveva ricevuto una commissione per quattro quadri celebrativi dell’imperatore, di cui la Consacrazione era solo il primo capitolo. La Distribuzione è la seconda tela compiuta (doveva essere la quarta del progetto), mentre le due rimanenti – L’intronizzazione e L’arrivo al municipio – non furono realizzate.

In questo dipinto, il progetto originario fu molto cambiato: la cerimonia ebbe luogo nel Campo di Marzio, a Parigi, tre giorni dopo l’incoronazione. Napoleone ricevette il giuramento di fedeltà dei soldati della Guardia Nazionale, ai quali erano state consegnate le nuove insegne sormontate dalle aquile.

David ritrae uno dei marescialli in un piccolo salto di giubilo e altri ufficiali sono mostrati con eccitazione. Il gruppo di destra è disposto in maniera piramidale, mentre a sinistra vi è una maggiore solennità. Assente invece l’imperatrice Giuseppina, che in origine doveva essere rappresentata, perché i due avevano divorziato. Sul cielo nuvoloso a destra, doveva esserci una Vittoria alata, che fluttuava nel cielo. Curioso un particolare di questa parte, in basso: un soldato di spalle porta una bandiera con la scritta “République”, a ricordare che Napoleone, dal 1810, si dichiarò imperatore per la grazia di Dio e delle costituzioni, abolendo l’espressione “costituzioni della Repubblica”.

 

Jacques-Louis David, La distribuzione delle aquile nel Campo
di Marte il 5 dicembre 1804
 (1808-1810)

 

Leonida alle Termopili (1814)

 

Opera conservata al Musée du Louvre, a Parigi.

David ci lavorava dal 1799: Napoleone stava per morire sull’isola atlantica di Sant’Elena, mentre l’artista era andato incontro alla morte del figlio, Eugène, morto sul campo di battaglia di Lipsia (1813).

Il pittore rappresentò la fase che precede lo scontro fatale tra Leonida, i trecento spartani e i nemici persiani. È il momento del commiato e dei sacrifici, mentre Leonida, in eroica nudità, si stacca dallo sfondo e viene fissato in un istante di immobile totalità. Ogni guerriero è intento a compiere la sua ultima attività prima della battaglia: in particolare, a sinistra uno di loro sta incidendo sulla roccia la storica frase: «Oh tu, che passi per andare a Sparta, di’ loro che siamo morti per obbedire alle sue leggi.» Come per Bonaparte sulle Alpi o la cassa-scrittoio del Marat, anche qui le scritte contribuiscono alla lettura su più livelli dell’opera.

A livello stilistico, ci sono vari rimandi a Le Sabine: le due tele hanno dimensioni quasi identiche e la figura di Leonida richiama quella di Romolo. Entrambe rappresentano una scena che precede la violenza. David realizzò diversi schizzi e disegni preparatori. In particolare, per Leonida si ispirò a medaglie e fregi: il condottiero appare infatti come una statua di carne immobile, fissato in una memoria eroica destinata a lunga fortuna.

Sembra che Napoleone disapprovasse il soggetto, poiché sembrava preludere alla sua sconfitta; di contro, Luigi XVIII acquistò l’opera insieme a Le Sabine, confermando la lettura in dittico di queste tele.

 

Jacques-Louis David, Leonida alle Termopili (1814)

Come trascorse gli ultimi anni?

 

Caduto Napoleone, David andò in volontario esilio a Bruxelles, nonostante – restaurata la monarchia borbonica – gli fosse stato proposto di tornare, purché ne avesse fatto esplicita richiesta. Si rifiutò.

Abbandonò quasi del tutto i dipinti di storia e trovò rifugio nel mito. Uscì indebolito da un incidente in carrozza e morì infine nel 1825.

 

Jacques-Louis David, Cupido e Psiche (1817)


Ritratto di Zénaïde e Charlotte Bonaparte (1822)

 

Opera conservata al Musée d’Art, a Tolone.

Il dipinto raffigura le due figlie di Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, già re di Napoli e poi di Spagna, infine luogotenente generale dell’impero. Dopo la sconfitta di Waterloo, si rifugiò negli Stati Uniti, a Filadelfia: la moglie di Giuseppe, la contessa di Survilliers, commissionò il ritratto a David durante un viaggio a Bruxelles.

L’artista ritrae le figlie abbracciate su un sofà impero: ritrae i loro volti in modo fedele alla realtà, in un misto di tratti infantili e di elementi sontuosi e maturi.


Jacques-Louis David, Ritratto di Zénaïde
e Charlotte Bonaparte (1822)

Marte disarmato da Venere e dalle Grazie (1824)

 

Opera conservata al Musées Royaux des Beaux-Arts, a Bruxelles.

David attribuiva a questo dipinto il valore di testamento artistico: fu il suo ultimo quadro in grande stile storico.

Sullo sfondo di un tempio corinzio tra le nuvole, che appare come un miraggio, si trova Marte, adagiato su un divano impero a forma di barca, con il busto cinto da una fascia floreale. Venere sta per incoronarlo con una delicata corona di fiori, stemperandone ulteriormente lo spirito guerriero. Le Grazie, più in fondo a destra, lo hanno spogliato delle armi; un Amorino gli sta sciogliendo i calzari.

Lontano dai giorni della lotta politica, in esilio, David si rifugiò in un mito delicato e armonico, come aveva fatto l'altro grande maestro del Neoclassismo, Antonio Canova, nel suo ritiro a Possagno, durante i mesi della Repubblica romana, con i suoi dipinti di ispirazione pompeiana.

 

Jacques-Louis David, Marte disarmato da Venere
e dalle Grazie
 (1824)


Bibliografia essenziale

 

° Mazzocca F. (a cura di), David e Caravaggio. La crudeltà della natura, il profumo dell’ideale, Skira – Gallerie d’Italia, Milano – Torino, 2020

° Pinelli A., Il Neoclassicismo nell’arte del Settecento, Carocci, Roma, 2005

° Id., Primitivismi nell'arte dell'Ottocento, Carocci, Roma, 2005

° Pinelli O. R., David e l’arte della Rivoluzione francese, Giunti, Firenze, 1989

° Praz M., Gusto neoclassico, Rizzoli, Milano, 1974

° Thévoz M., David, Rizzoli – Skira, Milano, 2005

° Id., David. Il teatro del crimine, Abscondita, Milano, 2003

Commenti

Post popolari in questo blog

Arnolfo di Cambio e il ritratto di Carlo I d'Angiò

Qual è l'album più compiuto di Fabrizio De André?

La Gipsoteca di Possagno secondo Carlo Scarpa