Il ciclo del professor Challenger di Arthur Conan Doyle
Il professor Challenger interpretato da Wallace Beery nel film The Lost World (1925) |
Allo scrittore
scozzese ho già dedicato una biografia, che si concentra su alcuni particolari meno noti, e un approfondimento dedicato a Sherlock Holmes.
Dopo
quest’ultimo, il professor Challenger rappresenta il personaggio più riuscito
di Doyle. Lo scienziato è presente in cinque storie: The Lost World (1912), The
Poison Belt (1913), The Land of Mist
(1926), The Disintegration Machine
(1927), When the World Screamed
(1929).
Il primo e il
terzo sono romanzi; gli altri racconti: in particolare, gli ultimi due sono
testi brevissimi, dei veri e propri one-shot.
I personaggi principali
I membri della spedizione di The Lost World, sul frontespizio della prima edizione. Da sinistra a destra: Edward Malone, il professor Summerlee, il professor George Challenger, Lord John Roxton |
Sul sito ufficiale dell’associazione The Conan Doyle Estate ci sono informazioni complete e minuziose su gran parte dei personaggi creati dallo scrittore: da lì ho tratto alcuni spunti per le descrizioni che seguono.
Il protagonista
che dà nome al ciclo è George Edward Challenger, nato nel 1863 a Largs,
Ayrshire, un villaggio scozzese. Studioso di medicina, zoologia e antropologia
all’Università di Edimburgo, il professore è un brillante scienziato che
esplora campi del sapere non convenzionali. Al contrario di Sherlock Holmes, Challenger
è un prevaricatore, pecca di presunzione ed è irascibile, per quanto sia di
buon cuore. Doyle modellò il personaggio su due figure reali: l’amico
esploratore Percy Fawcett e il professore di fisiologia William Rutherford, che
aveva conosciuto all’Università di Edimburgo quando era ancora studente di
medicina.
L’aspetto fisico
si lega bene a un simile carattere: stazza imponente, testa grande e taurina,
occhi grigio-azzurri sotto ciuffi neri, grosse mani pelose e una voce ruggente.
A livello familiare, Challenger era sposato a Jessica, donna verso la quale era
molto legato, fino alla sua morte per un’influenza. Dai due era nata Enid,
giornalista freelance del Daily Gazette, che sposò in seguito Edward Malone,
giovane amico del professore.
Nel luglio 1908,
Challenger e Malone, insieme ad altri compagni, organizzarono un viaggio alla
foce del Rio delle Amazzoni, spingendosi fino alle Highlands della Guyana,
presso la montagna che ospitava animali preistorici ancora in vita.
Tre anni dopo
quella prima avventura, il gruppo si riunì nella casa di Challenger, nel
Sussex, per assistere al passaggio di una nuvola di etere interstellare,
apparentemente letale per gli esseri umani.
Grazie a un
lascito milionario, il professore proseguì i suoi studi. Nel 1921, incaricò una
società di costruzioni di perforare un terreno: scoperta una sostanza
protoplasmatica, che a suo dire indicava che la Terra fosse un organismo
vivente, proseguì la perforazione scatenando il terribile urlò del pianeta.
Mesi dopo,
Challenger e Malone furono le ultime persone a incontrare Theodore Nemor,
inventore lettone che aveva scoperto come smembrare la materia per poi
riconfigurarla. Prima di scomparire, stava prendendo accordi con i governi
britannico e sovietico per vendere la sua invenzione.
In quella fase
della sua vita, Challenger perse la moglie e iniziò così un’indagine sui
fenomeni psichici, spronato anche dalla figlia Enid e da Malone, che si erano
nel frattempo avvicinati allo spiritismo. Scettico su questo fenomeno,
Challenger tentò di dimostrarne la non scientificità, ma finì per ricredersi.
Come si può
capire da questa ricostruzione biografica, l’ordine di pubblicazione dei testi
non corrisponde a quello cronologico degli eventi, che è questo: The Lost World, The Poison Belt, When the
World Screamed, The Disintegration
Machine, The Land of Mist.
Un altro
scienziato del ciclo è il professor Summerlee, che fa da contraltare
all’eccentricità di Challenger: è uno studioso di anatomia comparata e membro
della Royal Society, che ha la funzione di mettere in dubbio qualsiasi proposta
di Challenger, riportandolo con i piedi per terra, a quel metodo scientifico
che accompagna l’entusiasmo della scoperta.
Summerlee è
alto, magro, con «l’aspetto avvizzito di un teologo»: il contrario dell’energico
e vigoroso Challenger. Nonostante i suoi sessantasei anni, il professore è
insensibile alla fatica e, in nome del sapere, è pronto a superare i propri
limiti fisici.
Un personaggio
pieno di energie è invece Lord John Roxton, ispirato al diplomatico britannico
e nazionalista irlandese Sir Roger Casement, amico di Doyle. Si tratta di un
esploratore e di uno sportivo, noto in tutto il mondo: cacciatore esperto e
conoscitore del Sud America, non esita a offrirsi volontario per la spedizione
di Challenger. Occhi di ghiaccio, capelli scuri e rossicci, «fortemente
costruito», ha un’espressione quasi feroce, l’aria pulita e modi primitivi.
Uomo d’azione per eccellenza, parla in modo laconico, non senza una vena
umoristica. Figura necessaria nel contesto di The Lost World, in The Land
of Mist finisce per risultare inutile.
La forza di Lord
Roxton è soprattutto metatestuale: Casement aveva denunciato gli abusi sui
popoli indigeni del Congo e del Perù; così Roxton aveva condotto una campagna
contro la schiavitù in Brasile. Lo stesso Doyle, in veste di giornalista,
scrisse The Crime of the Congo
(1906).
Infine, Edward “Ned”
Malone è il personaggio più importante dopo Challenger, ed è il narratore di The Lost World. Quando lo incontriamo
per la prima volta, è un ventitreenne irlandese, già giocatore della nazionale
di rugby, reporter per il Daily Gazette di Londra. Inviato dall’editore della
Gazette a intervistare Challenger, riceve da questi un pugno sull’occhio: non
sporge denuncia e finisce poi per prendere parte alla spedizione in Sud
America.
Malone è un
giornalista del suo tempo, pronto a girare il mondo per riportarne sketch,
disegni e reportage. Egli non si sente particolarmente coraggioso, ma avverte
su di sé la pressione sociale che, all’epoca, imponeva ai giovani uomini di non
essere codardi.
Malone è il
personaggio più completo del ciclo del professor Challenger, ancora più del
protagonista: il giovane matura in ogni storia; ascolta senza presunzione gli
esperti, ma non dimentica di seguire il proprio istinto, quando necessario. In
lui si assiste a una crescita personale, in cui diversi lettori possono
riconoscersi.
Le tematiche e lo sviluppo del ciclo
Illustrazione tratta da When the World Screamed |
Uno dei primi
temi di The Lost World riguarda la
percezione sociale del prossimo. Malone è innamorato di una donna, che vorrebbe
rendere sua moglie, ma questa è restia, perché vorrebbe riflettersi in un uomo
famoso, ovvero vorrebbe vivere attraverso il marito, in una concezione
femminile tradizionale. Malone, che al contrario non è dotato di particolare coraggio,
si sente così obbligato a mostrare la sua virilità: racconta di come aveva
aiutato dei minatori a fuggire da un incidente sul lavoro, ma il suo racconto è
prosaico, privo di una genuina spinta eroica. La donna rimane interdetta e
Malone, per convincerla, promette di lanciarsi nell’avventura più spericolata.
Raggiunge il direttore del giornale per cui lavora, si potrebbe dire “chiedendo
un caso”, ma il direttore lo deride dicendo che i tempi in cui vivono non danno
più spazio ad avventure romanzesche.
Un altro tema è
la metafora coloniale. Doyle racconta una guerra tra gli indigeni e una tribù
di creature simili a scimmie, abitanti dell’altopiano amazzonico popolato da
dinosauri. La lotta si fa sempre più violenta e gli indigeni, favoriti da una
maggiore intelligenza e dagli strumenti a disposizione, riescono non solo a
prevalere, ma a umiliare la tribù preistorica. In quelle pagine, la critica
anticolonialista è forte e riprende la seconda campagna di riforma contro la
schiavitù – promossa da Casement – nella parte amazzonica del Perù, di cui
aveva parlato a una conferenza della Royal Geographical Society, il 13 febbraio
1911. Doyle vi prese parte e chiese all’amico dettagli sulle terre esplorate:
parlando di tracce mostruose sul terreno, di serpenti giganti e della
possibilità che sopravvivessero animali ancestrali, fornì gran parte del
materiale su cui si basò il romanzo.
Infine, l’idea
del “mondo perduto” non era una novità, perché ne aveva parlato già Jules Verne
in Viaggio al centro della Terra.
Doyle aveva dato il nome a questo sottogenere, seguito presto da altri
scrittori, come lo scienziato russo Vladimir Obruchev, che ne propose una sua
versione in Plutonia (1915),
riprendendo la teoria della terra cava. Nel 1918 fu la volta di Edgar Rice
Burroughs – l’autore del ciclo di Tarzan – con The Land That Time Forgot, in cui il mondo perduto viene scoperto
dai sottomarini tedeschi in Antartide. Decenni più tardi, nel 1995, Michael Crichton
pubblicò il romanzo The Lost World,
séguito di Jurassic Park (1990): i
personaggi di Doyle ritornano con nuovi nomi e caratterizzazioni; sopravvive il
nome di John Roxton, menzionato come paleontologo.
L’opera di Doyle
aveva conosciuto diversi adattamenti cinematografici, a partire dal 1925, ma fu
con la mediazione di Crichton e la regia di Steven Spielberg che il soggetto si
trasformò in un fortunato franchise.
In The Poison Belt l’argomento principale è
la fine del mondo, in una commistione tra destino religioso e fatalità
scientifica. Di fronte alla stoica rassegnazione del professor Challenger, che
non vede vie di fuga, Lord Roxton rappresenta la figura che non si arrende mai
ed è pronto a lottare anche quando la situazione si fa disperata.
Chiusi nella
casa del professore, fuori Londra, e muniti di ossigeno, per contrastare la
cintura di etere velenoso, il gruppo attende la morte. Lord Roxton continua a
sollecitare i presenti con domande, non accettando la fine. Eppure il mondo
precipita nell’abisso: giungono notizie da Sumatra e da altre parti del globo;
le persone e gli animali vivono stati di eccitazione e di follia, per poi
morire. Terminato l’ossigeno, aprono le finestre per andare incontro alla fine,
ma non accade nulla. La campagna intorno è silenziosa, morta, ma la nube è
passata oltre. Solo in seguito scopriranno che l’etere non era mortale, aprendo
a un lieto fine, ma in realtà il cuore del racconto è nel dialogo tra solidali
sul tema della morte, con i diversi approcci dei personaggi e con la constatazione
della fragilità umana di fronte agli immensi movimenti cosmici.
Nel 1944, la BBC
mandò in onda una versione radiofonica del racconto: in piena seconda guerra
mondiale, l’ascolto di questa apocalisse astronomica, in cui l’essere umano non
aveva voce in capitolo, fu una scelta drammatica quantomeno curiosa.
Anni dopo, Doyle
tornò al ciclo con il romanzo The Land of
Mist, del tutto incentrato sul tema dello spiritismo. Anzi, il testo si
mostra una vera e propria apologia: in forma narrativa, lo scrittore mette in
scena un processo, con accusatori da ogni parte, che mette in luce le verità (a
suo dire) incontestabili di questo fenomeno.
Il professor
Summerlee, ormai defunto, viene richiamato dai medium, con grande rabbia di
Challenger. Fa poi la sua comparsa la figlia di quest’ultimo, Enid, che si
avvicina sentimentalmente a Malone. I due indagano il fenomeno dello spiritismo
e ne restano affascinati, al punto da convincere Challenger a studiare il
fenomeno in chiave scientifica. L’obiettivo di Doyle, nella vita reale, era
proprio questo: in linea con un filone di pensiero tardo-positivista, in cerca
di rassicurazioni spirituali, per lui lo spiritismo era qualcosa di
verificabile attraverso il metodo scientifico (ne ho parlato anche qui e qui).
Nel complesso,
il romanzo ha un pregio dal punto di vista letterario e le parti delle sedute
spiritiche risultano le più riuscite; al contrario, pesa l’attivismo personale
di Doyle sul tema, che trasforma alcune pagine in una lezione che ha solo la
pretesa di essere scientifica.
Gli ultimi due racconti
(brevissimi) del ciclo recuperano la dimensione più autentica,
fantascientifica, di Challenger.
When the World Screamed fu pubblicato
per la prima volta sulla rivista Liberty, ed è raccontato in prima persona dal
signor Peerless Jones, un esperto di perforazioni artesiane. Oltre a
Challenger, rimane soltanto Malone. La storia ha al centro la concezione del
pianeta come un essere vivente, che il professore intende “sollecitare”,
rendendogli nota la presenza dell’essere umano. Il tema portante è l’ardire o
l’arroganza dell’uomo nei confronti della natura, che si risolve in
un’imponente reazione distruttiva della Terra.
The Disintegration Machine fu pubblicato
per la prima volta su The Strand Magazine. Torna il tema della potenza (auto)distruttiva
dell’umanità, accecata dal potere della tecnica e della scienza, ma anche dal
denaro, dal momento che l’obiettivo dello scienziato Theodore Nemor era di
arricchirsi vendendo la propria scoperta al governo di turno, ben sapendo che
l’avrebbe impiegato per scopi bellici. Il racconto, che non manca di una certa
ironia, propone una soluzione: Challenger, forse conscio dell’atto di tracotanza
che aveva compiuto ferendo la Terra, disintegra Nemor, considerandolo
necessario per il bene superiore. Come a dire che la scienza al servizio della
guerra sia una strada da evitare a ogni costo.
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