Lo spiritismo secondo Arthur Conan Doyle
A. C. D. ritratto da Herbert Rose Barraud (1883) |
31 marzo 1848. È
la data con cui la gran parte degli spiritisti convenne di far iniziare la
storia della ricerca sui fenomeni psichici. In quella notte, dopo diversi casi di
poltergeist, una delle tre sorelle Fox, Kate, sfidò uno spirito a ripetere lo
schiocco delle sue dita. La casa stregata era situata a Hydesville, New York. I
vicini furono chiamati a testimoniare l’evento e nei giorni seguenti si formò
una rudimentale comunicazione a suon di battiti, per dire “sì” o “no”. Anni
dopo, nel 1888, un’altra sorella, Margaret, mostrò pubblicamente come riuscivano
a produrre i rumori. In seguito, la donna si pentì della confessione, ma era
troppo tardi: morì in povertà, evitata dai vecchi amici.
Nella sua The History of Spiritualism (1926) in
due volumi, Arthur Conan Doyle accolse la data fondativa del 1848. Scrisse però
che vi erano stati altri tentativi, a partire dal mistico Emanuel Swedenborg:
Doyle respingeva tutta la parte teologica del pensiero swedenborghiano, con la
sua interpretazione della Bibbia rivelata dagli angeli e la formazione di una
nuova chiesa cristiana unitaria. Ma egli rimase affascinato dalla visione di un
aldilà diviso in sfere, sorta di riproduzione della società, dove però non si
trovassero condannati e a cui potessero accedere anche i non battezzati.
Swedenborg ebbe contatti con anime trapassate e con alcune di queste trascorse
intere giornate, riportandone l’esperienza da proto-medium. Secondo Doyle, se
Swedenborg fosse stato vivo ai suoi giorni, sarebbe stato il leader del
movimento spiritista.
Spiritismo e Cristianesimo
A. C. D. con la sua famiglia (1923-25) |
Tra gli altri
precursori, lo scrittore scozzese citò Edward Irving, fondatore della Chiesa
apostolica cattolica. Secondo Doyle, quella comunità era la migliore ricostruzione
della primitiva chiesa cristiana, tanto da scrivere: «Se Pietro o Paolo si
fossero reincarnati a Londra, sarebbero stati disorientati, e forse orripilati,
dalla St. Paul o dalla Westminster Cathedral, ma sarebbero certo stati a loro
agio nelle riunioni presiedute da Irving.»
Nato in una
famiglia cattolica, si era allontanato dalla religione durante gli studi di
medicina all’Università di Edimburgo; per l’ammirazione riservata a Thomas
Henry Huxley, si avvicinò poi all’agnosticismo. Anni dopo, in The New Revelation (1918), disse di
essere sempre stato un teista:
Dire che
l’universo è stato creato ad opera di leggi immutabili non fa che spostare
indietro d’un grado il problema: chi ha inventato queste leggi? Non credevo,
naturalmente, in un Dio antropomorfico, ma credevo allora, come credo adesso,
in una forza intelligente dietro l’azione delle potenze naturali: una forza
così infinitamente grande che il mio cervello limitato non poteva andar oltre
il fatto che esistesse.
Il rapporto con
la religione familiare rimase comunque forte: Doyle divenne sostenitore dello
Spiritualismo cristiano e incoraggiò la Spiritualists’ National Union ad
accettare gli insegnamenti di Gesù di Nazareth come ottavo precetto. Nel saggio
del 1918, citò due libri sullo spiritismo scritti da ecclesiastici: Lo spiritismo è diabolico? del reverendo
Fielding Ould e Il nostro io dopo la
morte del reverendo Arthur Chambers. E altri scritti in materia del
reverendo Charles Tweedale e le lettere ricevute da Doyle da parte
dell’arcivescovo Wilberforce, che lo incoraggiava a studiare l’argomento.
Da un lato, dunque,
Doyle sosteneva che il Cristianesimo delle origini considerasse naturale il
contatto con gli spiriti dell’aldilà; dall’altro, egli aveva la pretesa di
poter spiegare lo spiritismo secondo il metodo scientifico. In modo che la
religione non fosse «più una questione di fede, ma di vera e propria esperienza
e realtà di fatto.»
Nella visione di
Doyle, lo spiritismo non troverebbe alcuna contraddizione con il razionalismo
di Sherlock Holmes, per intenderci. Forse, però, il parallelismo è più riuscito
con l’altro grande personaggio doyleano: il professor Challenger. Questi è uno
scienziato eccentrico, che compie ricerche ai “confini della realtà” e, in The Land of Mist, arriva a convincersi,
su basi (pseudo)scientifiche, che vi sia qualcosa di vero in questo fenomeno.
Massoneria, ricerca psichica, prima guerra mondiale
Frances Griffiths, Fairy Offering Posy of Harebells to Elsie (1917), quarta fotografia |
Molti hanno
sostenuto che la “conversione” di Doyle allo spiritismo fosse dovuta alla morte
di alcuni congiunti nella prima guerra mondiale, tra cui il figlio Kingsley. In
realtà, lo scrittore ne fu incuriosito fin da giovane e nel 1880 partecipò a
una conferenza a tema. Negli anni, visitò molte case infestate e scrisse diversi
racconti di spettri, tra cui Selecting a
Ghost (1883), oltre che storie intrise del gusto gotico, come Rodney Stone (1896). The New Revelation (1918) aprì alla
saggistica a tema spiritico; da segnalare poi almeno The Coming of the Fairies (1922) e The History of Spiritualism, che ho citato e con cui Doyle contava
di lasciare la sua eredità ai posteri.
Dunque, a
livello narrativo il tema gli era già caro, mentre la saggistica cominciò
proprio nell’ultimo anno della PGM. In questo caso, è accettabile pensare che
il dramma bellico lo avesse convinto ad adottare un maggiore attivismo. Così
definì il fenomeno spiritico la “nuova rivelazione”, in continuità con quella cristiana
e decise che non poteva più limitarsi a essere un dilettante ricercatore
psichico:
Ma venne la
guerra, e la sua venuta riempì di serietà il nostro animo, ci spinse ad
esaminare più da vicino le nostre convinzioni, a riordinarne i valori. Davanti
a un mondo in agonia, dove ogni giorno si veniva a sapere della morte del fiore
della nostra gente, reciso ai primi albori d’una giovinezza non vissuta, e
vedendo intorno a me mogli e madri prive di un’idea chiara su dove fossero
andati a finire i loro cari, mi parve all’improvviso di capire che il soggetto
col quale tanto a lungo mi ero baloccato non era semplicemente lo studio di una
forza al di là delle regole della scienza: si trattava di qualcosa di veramente
tremendo, un abbattimento delle mura che separavano due mondi, un messaggio
diretto e innegabile dall’aldilà, un richiamo di speranza e di guida per la
razza umana nel momento della sua profonda disperazione.
Il 1887 è un
anno chiave per capire l’interesse di lunga durata per i fenomeni psichici: a
Southsea, fu influenzato dalle teorie psichiche del maggiore generale Alfred
Wilks Drayson, membro della Portsmouth Literary and Philosophical Society.
Partecipò a venti sedute spiritiche e di telepatia e si definì già allora
spiritista, scrivendo alla rivista tematica Light. Nello stesso anno, fu
iniziato alla Massoneria, presso la Phoenix Lodge N. 257, a Southsea: vi si
dimise nel 1889; vi tornò nel 1902, per rimanervi fino al 1911. All’epoca,
molti massoni si interessavano al fenomeno.
Nel 1889,
divenne membro fondatore della Hampshire Society for Psychical Research; nel
1893 si unì alla Society for Psychical Research di Londra. Seguì con interesse
alcuni famosi casi di medium, che si rivelarono però dei trucchi (il caso di
Julius e Agnes Zancig e quello di Eusapia Palladino e Mina Crandon).
Nel 1916, già
molto famoso come scrittore, cominciò a presentarsi in pubblico quale
spiritista e facendo conferenze sul tema. All’epoca erano già in molti a
parlarne: solo per il 1917, Doyle citò cinque libri sullo spiritismo «sufficienti
a stabilire la realtà dei fatti per qualunque ricercatore ragionevole»: Raymond del professor Lodge, Ricerche psichiche di Arthur Hill, Realtà dei fenomeni psichici del
professor Crawford, La soglia
dell’invisibile del professor Barrett, L’orecchio
di Dionisio di Gerald Balfour.
Il suo The New Revelation uscì nella prima metà
del 1918; il figlio morì mesi dopo, il 28 ottobre, a causa di una polmonite
contratta durante la convalescenza per le ferite ricevute nella Somme. Poco
dopo la guerra, perse due cognati, due nipoti e, a febbraio del 1919, il
fratello e generale di brigata Innes Doyle, anch’egli per polmonite. In
quell’anno, uscì The Vital Message,
per discutere della vita dopo la morte dei cari estinti.
Nuova rivelazione o nuova fede
Harry Houdini con A. C. D. |
Gli anni
seguenti lo videro al centro del dibattito spiritico, tra sostenitori e
detrattori. Si recò in molte parti del mondo per tenere conferenze. Come in
qualche modo anticipavano i suoi scritti letterari, il tema si andava allargando
ad altre figure soprannaturali: The
Coming of the Fairies descriveva le sue convinzioni sull’esistenza delle
fate, riproducendo cinque foto realizzate a Cottingley Fairies, che mostravano
queste creature. Decenni dopo, le cugine Frances Griffiths ed Elsie Wright, che
le avevano scattate, ne ammisero la falsità.
Doyle si
avvicinò anche a diversi maghi, all’epoca molto in voga, tra cui il celebre
Harry Houdini, che tra l’altro era fratello massone. Lo scrittore scozzese
riteneva che Houdini avesse reali poteri soprannaturali, nonostante questi
ripeteva che si trattasse di trucchi. Quando Houdini perse la madre, divenne un
forte oppositore del movimento spiritista e alla fine i due arrivarono a una
rottura pubblica.
A mio modo di
vedere, Arthur Conan Doyle cercò per tutta la vita di far dialogare il
Cristianesimo con una spiritualità che fosse più adatta ai tempi moderni. Il
medico Doyle era passato dall’agnosticismo al teismo: voleva avere fede in
qualcosa, ma allo stesso tempo aspirava a rendere “concreta” quella fede. Gli
parve di trovare nello spiritismo questa occasione.
In un passaggio
di The New Revelation, paragona il
fenomeno a quei saperi scientifici osteggiati nel corso della storia, citando
così la ritrattazione di Galilei, le critiche agli studi di Galvani
sull’elettricità, alle teorie di Darwin e all’uso del cloroformio nel parto
introdotto da Simpson. A queste nobili premesse, faceva però seguire una
dichiarazione di altro segno, che ne denunciava l’inconscio:
Per me è la
religione, la sua essenza fondamentale. Questo non significa che debba
cristallizzarsi in una religione nuova. Personalmente confido che non lo farà:
di sicuro siamo già abbastanza disuniti. Vedo piuttosto lo spiritualismo [sic!]
come una grande forza unificatrice, l’unica cosa dimostrabile in connessione a
tutte le religioni cristiane e non cristiane, fondamento della solida base
comune sulla quale ognuna edifica, se deve proprio farlo, quel sistema separato
che fa appello alle diverse mentalità.
Ritorna ancora
il principio teista, la ricerca di una sovrastruttura spirituale o metafisica
che abbracci i diversi dogmi religiosi in una nuova sintesi. E anche il
Cristianesimo ne esce trasformato: non più solo il ritorno alle origini, perché
la nuova rivelazione richiedeva un salto di qualità. Così ammise che alla luce
dell’evoluzionismo di Darwin non si potesse più parlare di una caduta
dell’essere umano, perché non se n’era mai avuta «alcuna prova». Espiazione,
redenzione, peccato originale: definì tutto ciò «irragionevole». La filosofia
mistica cristiana e la teologia si erano concentrate troppo sulla morte di
Cristo e troppo poco sulla sua vita.
D’altra parte,
la vita vissuta su questo piano avrebbe garantito qualcosa di analogo
nell’aldilà. Doyle non rinunciò a descriverlo: si tratta di una vita
soprattutto della mente; sono scomparsi i bisogni, i dolori, le passioni. La
gente è vestita, perché «non c’è motivo per cui il pudore debba sparire in
questa nuova forma» e ciascuno accresce le proprie conoscenze intellettuali e
spirituali. I vecchi ringiovaniscono; i giovani invecchiano, affinché tutti
raggiungano la propria forma migliore. Gli spiriti affini si attraggono, ma non
esiste più la sessualità “volgare” e non nascono bambini. Per lo stesso
principio di affinità, i popoli rimangono distinti, ma la lingua non è più una
barriera, poiché il pensiero è diventato lo strumento di comunicazione.
Con queste
premesse, ben lungi dall’essere dimostrabili scientificamente, Doyle giunse a
un aut-aut conclusivo simile a certi dogmi religiosi:
Mi pare che la
situazione possa riassumersi in una semplice alternativa: o supporre che c’è
stata un’epidemia di follia che ha colpito due generazioni umane su due grandi
continenti, una follia che assale uomini o donne per altri versi del tutto sani
di mente; oppure in alternativa ammettere che negli ultimi anni ci è giunta da
fonti divine una nuova rivelazione, che costituisce l’evento religioso di gran
lunga più importante dalla morte di Cristo (dato che la Riforma è stata un
riassetto dell’antico, non una rivelazione del nuovo), una rivelazione che
altera completamente l’aspetto della morte e del destino dell’uomo. Tra queste
due ipotesi non esiste un punto di vista intermedio solido. O si tratta di
follia assoluta o di un rivolgimento del pensiero religioso, che ci offre come
conseguenza l’assoluta liberazione dalla paura della morte ed un immenso
conforto quando coloro che ci sono cari passano oltre il Velo.
Conclusione
A. C. D. fotografato dalla fotografa spiritista Ada Deane (1922) |
Il fenomeno
dello spiritismo è facilmente comprensibile nel solco degli stravolgimenti
sociali occorsi a cavallo tra Ottocento e Novecento. In epoca positivista, esso
crebbe inconsciamente nella speranza di dare nuova linfa a una spiritualità
sempre più bistrattata o materialista. Lo spiritismo era nato nel contesto dello
spiritualismo, movimento filosofico e religioso antimaterialista, che riportava
il dialogo sulla metafisica. Nella lettura che ne fece Doyle, però, lo
spiritismo voleva essere, in chiave positivista, una spiegazione scientifica,
razionale e concreta del mondo soprannaturale.
Non a caso,
quando la PGM segnò l’inizio della fine del dominio positivista, emerse sempre
più chiaro l’affinità tra spiritismo e occultismo. Movimento, quest’ultimo,
nato a sua volta nella seconda metà dell’Ottocento, da un travisamento
dell’esoterismo e dalla pretesa di voler riunificare il mondo magico e
soprannaturale in un insieme omogeneo di dottrine.
Ne nacque una
gran confusione, ma almeno due risposte fecero chiarezza su questa storia
culturale. Provennero da due pensatori francesi, tutt’altro che un caso se si
considera il forte interesse che spiritualismo e occultismo ebbero in Francia.
Sul piano filosofico, già nel 1903 Henri Bergson aveva scritto l’Introduzione alla metafisica,
riqualificando il valore di termini come analisi, intuizione e, appunto,
metafisica. Sul piano esoterico, René Guénon scrisse Errore dello spiritismo (1923): ricostruitane la storia e la
correlazione con l’occultismo, l’esoterista dimostra la confutabilità dei
fenomeni spiritici, relegati al limite a espressione di forze psichiche
attirate dal medium.
Bibliografia e sitografia
° Arthur Conan
Doyle, The History of Spiritualism. Vol.
I and Vol. II, CreateSpace, USA, 2014
° Id., La nuova rivelazione, Sellerio, Palermo,
1993
° René Guénon, Errore dello spiritismo, Luni Editrice,
Milano, 2014
° The Arthur Conan Doyle Encyclopedia: qui
° Articolo The True Story of Houdini & Doyle: qui
° Un mio ulteriore approfondimento sul rapporto tra positivismo, spiritismo e occultismo: qui
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