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Visualizzazione dei post da luglio, 2024

Con Flaubert non fermatevi a Madame Bovary. Leggete il dizionario!

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  La stupidità. Un fenomeno quanto mai concreto, che ha tuttavia risvolti fantastici, resi da Flaubert con intelligente ironia. La stupidità può essere una forma della superficialità, che fa uso di frasi fatte e sbrigative.   Il Dizionario dei luoghi comuni è un non-libro per eccellenza: non è inquadrabile in un genere; non è nemmeno stato scritto da Flaubert. O meglio: sì, nella maniera in cui Duchamp trasformava un comune orinatoio in Fontana . Al contempo, il Dizionario è anche un non-finito, che doveva confluire nella seconda parte dell’incompiuto romanzo Bouvard e Pécuchet . Flaubert, componendo o assemblando questo testo, racconta la difficoltà di leggere un’epoca piena di stravolgimenti, tra la diffusione di ideali democratici e l’evento eclatante della Comune di Parigi. Il materiale incompiuto di questo disegno editoriale, di cui il dizionario costituiva la seconda parte, rappresenta una satira al sapere enciclopedico e all’erudizione fine a se stessa.   Definito uno

La refrattarietà della strada di fango giallo. Un libro di Can Xue

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  Una strada fangosa ai limiti di una grande città, circondata da abitazioni fatiscenti. Perché il fango è giallo? Saranno le polveri che piovono dal cielo o è il fondo sabbioso? A ben guardare, è l’ultimo dei nostri problemi. Gli abitanti del luogo si conoscono tutti; conducono vite ignare del mondo esterno e del loro stesso destino. Si parlano sopra l’uno con l’altro; pongono domande che non trovano soluzioni, nemmeno provvisorie. Un giorno, la comparsa del misterioso Wang Ziguang anima la strada, tra teorie del complotto, preoccupazioni per l’avvenire e incurante ironia. Forse Wang non esiste nemmeno: è uno spauracchio, una fantasia per dare significato ai cambiamenti in atto. Cambiamenti calati dall’alto, dai rivoluzionari maoisti e post-maoisti che tuttavia rimangono figure oscure, astoriche, che non toccano davvero le vite di questi derelitti: «Penso che se tutti credono che esista un Wang Ziguang inviato dalle autorità sia perché hanno paura, così hanno creato questa voce sull

Pupille di Musolino e la mia personale esperienza a Idrasca

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  Talvolta tendiamo a generalizzare qualcosa quando in realtà siamo di fronte a un fattore generazionale. Per esempio, io ho ricordi d’infanzia abbastanza forti: avventure inenarrabili con gli amici nei campi di grano del paese in cui sono cresciuto; risse e vere e proprie faide tra gruppi di undicenni; discorsi e dialoghi a dir poco espliciti per la nostra età. Eppure, tra alti e bassi, mi sono divertito e ne “sono uscito tutto intero”. Ora, sono abbastanza certo che le generazioni che mi hanno preceduto (io sono del ‘94) abbiano vissuto infanzie molto più estreme delle mie. Viceversa, ho la sensazione che quelle che sono venute dopo di me siano cresciute in una sorta di bolla, avvolti da una pellicola protettiva che ha finito per soffocare qualcuno. Di generazione in generazione, c’è una domanda che penso ossessioni padri e madri: che cosa fanno i bambini quando i genitori non vedono?   Questo preambolo è una delle considerazioni finali nate dalla lettura di Pupille (Zona42, 2

La mia Storia, le mie Ombre nella lente di un libro di Lucio Besana

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  Scrivo queste parole sul libro Ombre dei vivi e dei morti (Zona42, 2023) di Lucio Besana ponendole sul personale, perché la storia è ambientata in montagna e ho un conto in sospeso con essa. Come il protagonista di questa storia, la cui identità è andata disperdendosi nelle vie della città, distante dalla Valle in cui è nato e cresciuto.   Non lo definirei un folk horror tout court , perché è sì presente un elemento ancestrale, ma non viene radicato in una cultura specifica. Al contempo, sono presenti elementi weird, ma dosati con parsimonia. Ho percepito il libro più come una cronaca familiare, asciutta e minimale, che mette in luce una notevole capacità di disporre con cura i “materiali” narrativi. Da un lato, sembra che non ci sia tempo da perdere: osservando attraverso gli occhi del protagonista, le Storie della Valle appaiono inutili orpelli, potenzialmente pericolosi e quindi da liquidare come retaggio di un passato ormai superato. Dall’altro, la sensazione oggettiva è