Cronaca personale di un morto qualunque
Ieri pomeriggio, come forse qualcuno saprà, un ragazzo è
stato investito da un treno nel tratto tra il bivio di Aurisina e Monfalcone
(1). Per caso, quello stesso pomeriggio stavo tornando a Trieste e come molte
altre persone sono rimasto bloccato per più di un’ora a causa di questo
“imprevisto”. Così, per passare il tempo, dopo essere arrivato a quasi metà del
libro che sto leggendo, ho pensato di riposare la vista e ascoltare ciò che si
diceva intorno a me…
Un primo annuncio era arrivato già mentre aspettavamo il
treno. Un po’ di sbigottimento; qualcuno che sbuffava, niente di più. Al
contrario, giunti all’incirca a San Giorgio di Nogaro, il capotreno avverte i
passeggeri del ritardo imprecisato
che si accumulerà da quel momento a causa di un investimento. E lì scatta un
applauso, quando meno te lo aspetti, così, senza ragione. Fai finta di niente,
sarà l’idiota di turno. Chissà che ha capito.
Il treno riparte, forse un po’ incerto, si intuisce che il
ritardo non si limiterà a quei dieci minuti appena trascorsi. Qualcuno, al
telefono, già si lamenta. Sì, è successo ora; no, non so niente, ma vediamo a
che ora torno… - segue una risata sterile – “Ma non poteva buttarsi sotto una
macchina?”. Un po’ come dire: “Vai a crepare da un’altra parte, devo andare a
casa a cenare”.
Il piccolo e lungo viaggio continua fino a Cervignano. Lì
rimaniamo bloccati per più di un’ora, o quasi; il tempo era dilatato. Il
capotreno fa l’ennesimo annuncio e conclude dicendo: “… ci scusiamo per l’inconveniente” e, sì, lo so che non
c’era niente di cosciente in quella parola, ma – forse troppo sensibile – ho
pensato che uno sciopero è un inconveniente; un guasto è un inconveniente; una
morte che cos’è? Mi vengono in mente tante parole, ma un inconveniente…
L’attesa per alcuni è pesante; altri trovano persino la
voglia di ridere, e fanno bene, se non ami leggere, stare al computer o fare a
maglia (c’era una ragazza simpatica a farlo), fare battute con i propri amici è
la più naturale delle azioni. Altrimenti puoi riprendere in mano il telefono;
continuare a fare la cronaca di quello che sta succedendo e di cui tu, in
realtà, non sai proprio niente. Caspita, avrei già cenato se fosse andato sotto
una macchina, ma… “Fai pure la pipì con calma… sisi, sono belli quei jeans!, te
l’avevo detto”.
Poi il treno riparte, siamo tutti un po’ assonnati, c’è chi
tornava dal lavoro e chi invece aveva solo voglia di dormire. Rallentando
passiamo il luogo fatale: c’è ancora la polizia, un'ambulanza e qualche figura
che si perde nell’ombra.
Gli animi allora si distendono; qualcuno ci abbandona a
Monfalcone. Ormai la notte è nera, non ci sono stelle in cielo, ma qualche luce
da terra ci annuncia che Trieste è vicina. Tiriamo un sospiro di sollievo, ci
domandiamo che cosa sia successo, ma in realtà è dura capire a chi importi. Le nostre vite vanno avanti nell'indifferenza per gli altri.
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