La mistificazione di Ultima Generazione in merito alla dichiarazione dell'ICOM

 

Bottega d'Arte Maselli, a Firenze


Il 20 novembre 2022, sulla pagina Instagram di Ultima Generazione, è comparso un post che, in descrizione, riportava anche queste parole:

 

Qualche giorno fa abbiamo letto della lettera aperta firmata da 92 direttorə di musei di tutto il mondo, pubblicata sull’ICOM – International Council of Museum –, e che pregava lə attivistə di tutto il mondo di smetterla di agire nei musei. Leggere nuovamente che la paura principale è la salute delle opere quando ci prodighiamo così tanto per evitare ogni singolo danno, beh, un po’ ci ha sconfortatə. Ecco però che, il giorno dopo, sempre sull’ICOM, appare questo editoriale.

 

Prima ancora di entrare nel merito del post, cercherò di spiegare perché già in queste parole ci sia qualcosa di discutibile. Trascuriamo l’uso improprio dello schwa, per esempio nella parola direttorə, che presupporrebbe un femminile direttora in luogo di un più corretto direttrice. Se non altro, quando i sostantivi femminili sono così diffusi, non vedo perché non impiegarli.

Andiamo oltre. UG sostiene di prodigarsi per evitare il minimo danno alle opere: dichiarazione smentita dal loro post precedente, che pubblicizza la dimostrazione pseudo-ecologista alla Fabbrica del Vapore di Milano, dove gli attivisti hanno ricoperto di farina un’automobile customizzata da Andy Warhol, esposta alla mostra Andy Warhol. La pubblicità della forma. A differenza dei casi a cui siamo ormai assuefatti, qui non è stato attaccato un quadro ricoperto da un vetro: la farina ha raggiunto direttamente la superficie dell’auto. Qualcosa di analogo è accaduto a Parigi, con la statua equestre realizzata da Charles Ray ricoperta di vernice.


Inoltre, la retorica del “c’era un vetro; è stata danneggiata solo la cornice” mira a sminuire il rischio a cui vengono sottoposte le opere. Il vetro certo non è un divisore ermetico e non è così improbabile che una salsa di pomodoro o una vernice possa infiltrarsi nei bordi. Discorso a parte per le cornici, che non sono sempre meri “contorni” a decoro di un quadro: chi ignora la storia dell’arte forse si stupirà di sapere che anche per le cornici esiste una tradizione storica, una ricerca che spazia dal momento della produzione artigianale allo studio della messa in scena.

A tal proposito, suggerisco due testi: Manuale per leggere una cornice di L. Rizzo (EdUP, 2005) e La cornice di D. Ferrari e di A. Pinotti (Johan & Levi, 2018). Per dire che minimizzare questo danno effettivo non rispecchia sempre la realtà delle cose. Anzi, mi convince molto di più l’idea che gli attivisti non vogliano danneggiare direttamente un quadro per gli enormi costi di risarcimento a cui andrebbero incontro.

Alcuni attivisti sono già stati condannati, come i tre membri di Just Stop Oil a cui un tribunale olandese ha comminato due mesi di carcere, di cui uno in libertà vigilata. E il movimento Extinction Rebellion ha annunciato per solidarietà un'ondata di azioni in Belgio e in Olanda per «denunciare la punizione sproporzionata degli attivisti per il clima, mentre i veri criminali del clima vagano liberi.» Questi toni giustizialisti e populisti certo non possono rispecchiare alcun gruppo non-violento e inoltre la dichiarazione sposta il significato presunto delle azioni  la salvaguardia del clima  verso un mero gesto vendicativo.

 

Prima ho impiegato l’espressione “pseudo-ecologista”. Nasce dall’idea che se la tua lotta è eticamente corretta – e l’attivismo contro il cambiamento climatico è (dovrebbe) esserlo – ti sia lecito compiere qualsiasi azione per raggiungere il tuo obiettivo. In altri termini: per UG il fine giustifica i mezzi. Non lo dico io, ma un esponente del gruppo, intervistato in queste settimane da Ivan Grieco, che ha anche aggiunto che l'intento di UG non sia sensibilizzare. Trovate il video qui, ma ve lo anticipo: non è un bello spettacolo, perché quando l’incompetenza si mescola alla declamazione di grandi princìpi morali, la stupidità umana raggiunge vette imbarazzanti. Detto altrimenti: non è sufficiente agire in nome di un ideale; prima di ogni azione avventata, è necessaria una scrupolosa ricerca delle fonti.

Il Dorian Gray di Oscar Wilde dice: «Non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli.» e la frase è l’emblema dell’azione irrazionale di UG. Ora, la massima funziona bene per vendere un marchio di patatine, ma difficilmente potrà adeguarsi a giustificare un principio morale. Anche perché, altrimenti, Wilde non vi avrebbe insegnato nulla. E nemmeno Maccio Capatonda, con il suo video ironico per risollevare il nome del tanto vituperato Tavernello.

 

Ritorniamo comunque al post di Instagram. Nella prima immagine è scritto: L’International Council of Museums commenta positivamente le proteste nei musei. Spoiler: non è scritto da nessuna parte. L’ICOM, come quasi tutti gli enti internazionali, rilascia dichiarazioni in genere molto diplomatiche. Oggi, però, la moderazione e le vie di mezzo non funzionano bene e chi le pratica può essere facilmente frainteso o manipolato. Leggiamo il testo originale (tradotto, ma che potete trovare qui):

 

A seguito delle recenti azioni di attivismo climatico nei musei, l’International Council of Museums (ICOM) desidera riconoscere e condividere sia le preoccupazioni espresse dai musei in merito alla sicurezza delle collezioni sia le preoccupazioni degli attivisti climatici mentre affrontiamo una catastrofe ambientale che minaccia la vita sulla Terra. ICOM vede la scelta dei musei come sfondo per queste proteste climatiche come una testimonianza del loro potere simbolico e rilevanza nelle discussioni sull’emergenza climatica.

 

Che cosa dice l’ente? Usa i verbi riconoscere e condividere: ma che cosa? Non le proteste, ma le preoccupazioni. Espresse da chi? Non solo dagli attivisti climatici, ma dai musei stessi sul tema della sicurezza delle collezioni. ICOM sta dicendo in maniera chiara: siamo anche noi preoccupati per la catastrofe ambientale e ci fa piacere sapere che ritenete tanto importanti i musei.

A quel punto del testo, nella prima stesura, mi immagino un: «Che ne dite, visto che siamo d’accordo sull’emergenza, di collaborare?» E il testo, rielaborato, dice proprio questo!

 

ICOM desidera ricordare il ruolo dei musei come attori chiave nell’avviare e sostenere l’azione per il clima con le loro comunità e loda il loro impegno in questa missione dimostrato attraverso programmi educativi, mostre dedicate, sensibilizzazione della comunità e ricerca.

 

Di nuovo, ICOM afferma: guardate che i musei non sono cimiteri; ci gira intorno una comunità di persone, dai dipendenti all’ultimo dei tesserati con una card “Amici del” nel portafoglio. E abbiamo una serie di programmi educativi e di divulgazione che mirano proprio a sensibilizzare e a studiare. Evidenzio la congiunzione e perché è il discrimine – di cui scrivevo prima – tra la competenza volta al progresso e lo schiamazzare isterico fine a se stesso.

La parte più curiosa è che anche il post di UG riporti il brano appena citato, ma che dopo ricerca inserisca un taglio provvidenziale […]. Che cosa è stato deliberatamente saltato?

 

ICOM richiama l’attenzione sull’impatto che queste manifestazioni potrebbero avere sul lavoro dei professionisti museali e dei volontari che si adoperano per proteggere e promuovere questi preziosi oggetti del patrimonio per il godimento del pubblico. Per raggiungere il pieno potenziale di trasformazione che i musei hanno per lo sviluppo sostenibile, ICOM desidera che i musei siano visti come alleati nell’affrontare la minaccia comune del cambiamento climatico.

 

L’ente dice in maniera esplicita: quanto fate rischia di avere ripercussioni non solo sulle opere, ma anche su chi lavora nei musei, magari pure un volontario o un tirocinante che si beccherà nella migliore delle ipotesi una ramanzina, nella peggiore un allontanamento. Si nomina poi il tema del godimento del pubblico: il fatto che l’opera colpita debba essere ritirata dall’esposizione comporta un danno morale alla cittadinanza e al singolo avventore, con la sua storia personale che lo ha portato in quel luogo per motivi che non sta a noi indagare. Per un gruppo che dovrebbe avere a cuore proprio l’etica pubblica, non può essere irrilevante il danno fatto alla collettività.

Ma torniamo al testo. Nel brano precedente, l’ICOM lasciava intendere quanto qui dice in modo diretto: non siamo noi il nemico; non prendeteci di mira e guardate a noi come alleati.

 

Le immagini del post riportano a chiusura l’invito a leggere il testo ufficiale, sapendo bene che tre quarti di coloro che lo condivideranno sui social non leggeranno affatto la dichiarazione dell’ente. Chi per pigrizia, chi in buona fede. Infine, non manca la richiesta di sostegno economico per affrontare le spese legali e logistiche. Richiesta alquanto strana per un gruppo che vanta il favore dell’ICOM e che quindi non dovrebbe subire alcuna conseguenza per le proprie azioni.

La seconda parte del testo dell’ICOM fa capire che l’obiettivo della dichiarazione era di dire la propria nei giorni in cui a Sharm el-Sheikh si è tenuta la COP27. Citato il vertice, è poi scritto:

 

Il cambiamento climatico rappresenta una minaccia crescente per il patrimonio culturale, tangibile e immateriale, i musei e le loro collezioni, dai disastri naturali alle crescenti difficoltà nel mantenere le condizioni di conservazione a causa di condizioni meteorologiche estreme.

Ricordando la sua Risoluzione n. 1 On Sustainability and the Implementation of Agenda 2030, Transforming Our World (Kyoto, 2019), ICOM ribadisce che tutti i musei, in quanto istituzioni affidabili, hanno un ruolo da svolgere nel plasmare e creare un futuro sostenibile. La società civile è un attore chiave nell'azione per il clima: da ONG, reti e attivisti a istituzioni culturali e musei. Dobbiamo intensificare per il nostro pianeta collettivamente e uniti, perché non esiste soluzione climatica senza trasformare il nostro mondo.

 

Più di dirlo tre volte, che attaccare le opere d’arte non serve a nulla e che meglio sarebbe cooperare, come altro dovevano scriverlo?

Come scritto in grassetto evidenziato in un post Instagram dell'11 novembre 2022, sul profilo dell'ICOM, l'ente si augura che possa esserci un'alleanza, ovvero una cooperazione con gli attivisti, proprio perché hanno preoccupazioni in comune. ICOM non si esprime nettamente contro perché sta cercando di avviare un dialogo costruttivo. E aggiungo: noi tutti stiamo discutendo se sia giusto o meno fare queste azioni, ma non stiamo parlando di questioni ambientali, né abbiamo messo al centro l'ambiente. È stato un mero schierarsi pro o contro il gesto. Forse anche perché nessuno sano di mente è in disaccordo sul tema in sé.

Concludo questa invettiva riportando il significato di mistificazione proposto da Treccani.it. Lascio cogliere a voi tutte le analogie alla luce di quanto è stato scritto:

 

mistificazióne s. f. [dal fr. mystification]. – Distorsione, per lo più deliberata, della verità e realtà dei fatti, che ha come effetto la diffusione di opinioni erronee o giudizî tendenziosi, sia in campo ideologico sia, per es., nel settore del commercio e della pubblicità, al fine di trarre vantaggio dalla credulità altrui: operare una m.rimanere vittima di una m.tentativi di m.le mdella società contemporanea. Con sign. più generico, imbroglio, falsificazione.

 

Post Scriptum: non amo le teorie complottiste, anzi le disprezzo. Avere dubbi, nel limite del ragionevole, è però fondamentale. Ancora non mi è chiaro come la gran parte di queste performance egocentrate sia stata possibile, a fronte dei controlli che si fanno all’ingresso dei musei. Si può immaginare che talvolta sfugga alla verifica un oggetto di piccole dimensioni, ma barattoli di vernice, torte intere alla crema, sacchi di farina è abbastanza inverosimile. Questo potrebbe far pensare male a monte, ma non ha senso speculare al riguardo.

Al momento, vale la pena segnalare le donazioni milionarie di Aileen Getty, nipote di J. Paul Getty, magnate del petrolio e fondatore del Getty Museum di Los Angeles, a gruppi di attivisti ambientali come Just Stop Oil ed Extinction Rebellion, di cui Ultima Generazione è una costola. Mi domando se la lista di ER in merito ai «criminali del clima» in libertà  citati sopra  includa anche figure come il nonno della loro finanziatrice.

Si dice che non bisogna far pesare ai figli o ai nipoti l’eventuale negatività di un loro antenato: un principio che non sembra valere quando si parla di altre figure, Elon Musk su tutte. Certo è che Aileen Getty si è prodigata negli ultimi anni per l’organizzazione Climate Emergency Fund (CEF), da lei fondata nel 2019, e pare non guadagni più dal petrolio di famiglia. [caustic mode on] Sembra che oggi viva in una capanna sperduta nelle Ande, dopo aver donato ogni avere alla causa del clima, con spirito francescano e pieno dispregio dell’immagine pubblica. [caustic mode off] Sarà utile ricostruire, con pazienza, anche i nomi degli altri filantropi, per una maggiore trasparenza.

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