«È il business, bellezza!» o di come la cultura sia asservita ai numeri

British Museum Reading Room 1. Questa mattina, prima di uscire per andare al lavoro, ho dato un’occhiata alla home di Instagram. Nei primi due minuti mi sono imbattuto in diverse sponsorizzazioni: a. tre provenienti da social media manager, che spiegavano quali “strategie” impiegare per fare reel di successo; b. uno che – non ho guardato a quale titolo – voleva spiegarmi come ci si possa fidare delle persone, tipo lista della spesa; c. un consulente che spiegava come trasformare i follower in clienti. 2. Credo di essere arrivato a quella fase di vecchiaia mentale per cui tutto ciò mi faccia ribrezzo. E lo so che non c’è nulla di male nel fare sui social il proprio lavoro. È che mi sembra tutta un’occasione sprecata. Invece di veicolare contenuti di sostanza, che vadano in profondità, tutto si riduce ad accalappiare un’audience a fini commerciali, considerando la cultura dal solo punto di vista della merce da sfruttare. E il follower no...