Vegetarianismo. Una scelta che cambia il rapporto con il mondo
![]() |
Pieter Paul Rubens, Pitagora sostenitore del vegetarianismo (1619) |
Introduzione
Le precisazioni, prima di iniziare, sono
molte. Questo è il primo articolo “personale” in tanti anni su questo blog,
ovvero dove racconto di una mia esperienza diretta facendone il fulcro del
discorso.
È necessario innanzitutto essere chiari:
non sono vegetariano. Nel senso che dall’inizio di quest’anno ho scelto di non
mangiare più carne di animali di terra, ma mangio ancora pesce e frutti di
mare. Senza saperlo, un giorno una persona mi disse che ero un “pescetariano”:
rimasi un attimo sorpreso da quel termine, per poco non mi misi a ridere. Con
calma, poco dopo, cercai la definizione su Wikipedia e capii meglio.
Le etichette non mi sono mai piaciute,
penso per esempio all’abbigliamento, al taglio di capelli, a determinate scelte
religiose, politiche, anche alimentari. Dare etichette è facile in due sensi:
da un lato, delimita un fenomeno e lo rende gestibile, talvolta persino più
facile da criticare. Dall’altro, chi rientra in un’etichetta si identifica, si
sente parte di un gruppo, di uno schieramento, e questo ha sempre motivato
molto le persone. Dire “sono contro la vivisezione” piuttosto che “sono a
favore dei matrimoni gay” o molto altro ci porta a sentirci parte di qualcosa
di più grande. Va da sé che ogni scelta dovrebbe essere fatta per convinzione e
prima di tutto per se stessi: se poi questo combacia con il pensiero di altre
persone, tanto di guadagnato. Sembra un’ovvietà, ma era necessario precisarlo,
per esperienza.
Così, dunque, mi ritrovai ad essere
pescetariano senza che lo avessi mai chiesto. Tutto cominciò in realtà prima di
gennaio: una persona a me molto cara era diventata vegetariana e la cosa mi
incuriosì molto. Oltretutto, amo tanto mangiare quanto cucinare, così mi
interessai a nuove ricette e soluzioni che non prevedessero l’utilizzo di
carne. Scoprii un mondo, nel senso che sapevo già che esistesse, ma non ne
avevo mai fatto diretta esperienza, che – credetemi – è fondamentale in ogni
àmbito per comprendere meglio di che cosa si stia parlando.
Passarono alcuni mesi e, dopo le feste
natalizie, una mattina mi svegliai e nella mia testa si formò un pensiero: “da
oggi basta carne”. In effetti, da quando quel pensiero prese forma (quasi) dal
nulla, non ho più mangiato carne di animali di terra. E sono trascorsi ormai
undici mesi. Molti vegetariani, nei primi tempi, sentono la mancanza della
carne: non c’è nulla di male in questo, soprattutto di fronte all’odore di
certe carni e all’aspetto talvolta succulento. Altri invece riescono ad essere
più rigorosi e anche solo la vista di una tagliata li può infastidire. Ora, lo
ripeto: non amo le etichette, quindi non mi sento parte di nessuna di esse.
Semplicemente, alcune mie scelte di vita rientrano in parte o del tutto in
determinate categorie, ma è più un accidente che la sostanza.
Questo per dire che da gennaio non ho
mai davvero sentito la mancanza della carne; sarà che dipende molto dal
carattere di ognuno, nel senso che quando mi convinco di qualcosa riescono ad
essere molto rigoroso. Non mi infastidisce chi mangia la carne davanti a me, ma
non amo se qualcuno esagera scherzando sull’argomento, dal momento che io per
primo non ho mai chiesto ad una singola persona di “convertirsi” a questa
scelta. In ogni caso, mese dopo mese, mi sono accorto che dove prima apprezzavo
l’odore di una grigliata, oggi quello stesso odore non mi attira più in alcun
modo e, anzi, l’odore del grasso animale e del relativo prodotto per pulirlo mi
dà quasi la nausea. Come potrebbe essere un qualunque altro odore spiacevole.
C’è però la questione del pesce. Forse è
anche perché lo continuo a mangiare che riesco a non sentire la mancanza della
carne di terra. Dico che rinunciare a quest’ultima è stato più semplice di
quanto pensassi – io stesso rimango stupito – ma con il pesce è diverso, perché
mi piace particolarmente. Ho però fatto dei passi avanti anche in quella
direzione: meno pranzi e cene al ristorante di sushi e riduzione al minimo di
tutti quei pesci predatori o in via di estinzione, come il tonno e il salmone.
Prediligo dunque i piccoli pesci non predatori, che inoltre accumulano meno
metalli pesanti, e i frutti di mare, prestando attenzione proprio ai metalli,
controllando la provenienza. Un vegetariano rigorista troverà da ridire anche
su questo, ma penso che nel mio piccolo io abbia fatto grandi progressi e che
la mia alimentazione abbia una sua etica, un valore per l’ambiente e anche per
lo spirito.
Il mio prossimo obiettivo è quello di
riuscire ad escludere ogni altro pesce, o comunque di mangiarlo solo di tanto
in tanto; diverso il discorso per i cosiddetti “frutti di mare”: ne faccio una
questione di coscienza dell’animale e – come sottolinea il termine “frutto” –
penso siano più vicini al regno vegetale in termini logici (non certo
scientifici, si intende). Non starò nemmeno a sottolineare quanto siano ridicole
le persone che affermano che anche le piante soffrono, dicendolo con evidente
ironia: bisogna come sempre utilizzare un po’ di buonsenso, a volte non servono
tante spiegazioni filosofiche. E Wilde ci insegna bene quanto sia dannoso per
se stessi abbassarsi al livello di discussione di un idiota.
Veniamo quindi al dunque. Quali sono –
se ci sono – i vantaggi di essere vegetariani? In che modo esserlo cambia il
rapporto con il mondo in cui viviamo? E infine: essere vegetariani ci rende
persone non solo diverse, ma in qualche modo migliori rispetto a ciò che
eravamo prima?
Ci sono varie ragioni per compiere
questa scelta, che ho riassunto in quattro aspetti: ambientale, razionale,
etico, spirituale. Prima di analizzarli, sottolineo che le ragioni possono
essere le più svariate, ma che aderire anche ad uno solo di questi quattro
aspetti è più che sufficiente a giustificare (se mai ce ne fosse reale bisogno)
questa svolta. Oltretutto, si tratta di aspetti intimamente collegati tra loro.
L’aspetto ambientale
Partirò dalla necessità di diventare vegetariani, quasi come se stessimo parlando
di un dovere. Un dovere verso chi? Verso noi stessi, l’ambiente in cui viviamo
e le persone che un giorno si troveranno a vivere su questo pianeta. Retorica?
Non lo è, per quanto ormai faccia parte di una serie infinita di frasi fatte.
Consiglio la visione del documentario Cowspiracy: The Sustainability Secret
(2014) prodotto e diretto da Kip Andersen e Keegan Kuhn, che vede come
produttore esecutivo anche Leonardo DiCaprio, produttore e voce narrante del
documentario Before the Flood (2016),
degno complemento a Cowspiracy, di
cui costituisce un dittico ideale.
Se nel secondo caso si parla dei
cambiamenti climatici provocati soprattutto dall’uso di inquinanti derivati dal
petrolio e dal carbone, nel primo caso si mette in luce come il consumo di
carne, a livello globale, si sia accentuato a un punto tale da essere
insostenibile per l’ambiente.
Non starò qui a fare riassunti o ad
elencare dati che sono facilmente reperibili in rete, ma faccio una
precisazione di capitale importanza: documentari di questo genere mettono in
luce una visione scientifica che non è certo perfetta (non potrebbe essere
altrimenti), ma che si fonda in ogni caso su una realtà di fatto. Possono
cambiare le cifre, le percentuali, ma il problema è reale e non è utile a
nessuno soffermarsi solo sui dati, quando il problema ambientale richiede una
reazione immediata.
È curioso come di pari passo all’aumento
globale del consumo di carne sia aumentato anche il numero di vegetariani e
vegani. Si parla in generale di una moda, affermando che molti siano oggi
vegetariani poiché “fa tendenza”: di certo è in parte così, ma dopotutto è una
scelta che non fa del male a nessuno e che – di questo sono convinto – diventi con
il tempo parte di chi la compie, moda o non moda.
Quel che è certo è che ogni anno vengono
uccisi miliardi di animali a scopo alimentare o perché coinvolti in questo
commercio (come per esempio per gli squali che finiscono nelle reti da pesca).
Il problema non è solo il depauperamento della fauna internazionale, che spesso
rischia di tramutarsi in estinzione, ma anche il fatto che per produrre
prodotti a base di carne è richiesta un’ingente quantità di risorse, a partire
dalle materie prime come l’acqua.
Ad oggi, la zootecnia è non solo
deleteria per l’ambiente, ma anche ingiusta sul piano sociale: il mondo
fornirebbe infatti tutte le materie prime necessarie a sfamare l’umanità, se
solo queste materie non finissero ad allevare animali da macello, destinati
agli stomaci degli occidentali e di chi, nelle aree più povere del mondo, rientra
in una fascia di reddito medio-alta.
Ripeto l’invito a guardare Cowspiracy, dove sono forniti molti dati
che vi lasceranno stupiti. E sottolineo ancora una volta che i dati possono
essere discussi, ma la sostanza è chiara e semplice: attraverso la zootecnia, l’essere
umano sta distruggendo interi ecosistemi. Il mio pensiero è che se è quasi
impossibile immaginarsi un mondo di soli vegetariani (a meno che le persone non
siano costrette da una crisi alimentare), basterebbe in realtà ridurre il
consumo di carne settimanale. Sia chiaro: il problema rimarrebbe serio, ma si
aprirebbero molti spiragli di miglioramento. Già solo il passaggio dalle carni
rosse alle carni bianche sarebbe un primissimo passo.
Ciò di cui c’è bisogno è un atto di
buonsenso e di buona volontà, che tenga conto del nostro ruolo e del futuro
delle prossime generazioni. Una persona potrebbe anche scegliere di riservare
la carne a giorni particolari (per esempio le feste, un giorno della settimana)
e già il suo contributo all’ambiente sarebbe significativo.
L’aspetto razionale
Leonardo da Vinci scriveva: «Se
realmente sei, come ti descrivi, il re degli animali – direi piuttosto re delle
bestie, essendo tu stesso la più grande! – perché non eviti di prenderti i loro
figli per soddisfare il tuo palato, per amor del quale ti sei trasformato in
una tomba per tutti gli animali? [...] Non produce forse la natura cibi
semplici in abbondanza che possano sfamarti? E se non riesci ad accontentarti
di tali cibi semplici, non puoi preparare infinite pietanze mescolando tra loro
tali cibarie?» (Quaderni d’Anatomia
II, 14).
Non si può dire con totale certezza che
l’ingegnere e artista toscano fosse vegetariano. La sua idea però era semplice:
evitare inutili sofferenze agli animali, che egli rispettava e indagava insieme
ai vari fenomeni naturali. Vasari raccontò che un giorno, a Firenze, Leonardo acquistò
e liberò i volatili che trovò in vendita. Inoltre, in una lettera inviata da
Andre Corsali al duca di Nemours, Giuliano de’ Medici, l’autore affermò che in
India vivesse una comunità, i Gujarati, che non mangiavano nulla con sangue e
non permettevano che fosse ucciso alcun animale, facendo un paragone esplicito con
lo stile di vita di Leonardo.
Le persone scettiche sull’adesione al
vegetarianismo da parte di Leonardo sottolineano che alcune liste della spesa
scritte da Leonardo includessero la carne. Questo, tuttavia, è facile da
spiegare: Leonardo viveva insieme ai domestici e agli allievi, che erano
numerosi. Si può dunque intuire il perché fosse acquistata anche la carne, ad
ulteriore testimonianza di come Leonardo seguisse un modello senza per questo
volerlo imporre con la forza ad altri.
Il punto quindi è che si può benissimo mangiare
altro rispetto alla carne e che la sofferenza inflitta agli animali sia priva
di logica e umanità. Oltre a questo, rientra sotto l’aspetto razionale anche la
questione della salute. Anche qui, non starò ad elencare dati e percentuali che
si possono trovare in rete. La sostanza è che ci sono sempre più evidenze
scientifiche che collegano il consumo di carni (soprattutto rosse e conservate)
all’insorgenza di malattie di vario genere, non ultimo il cancro.
Al contrario, siamo di fronte a dati
molto chiari per i vegetariani e vegani: minore rischio di obesità e
sovrappeso, di malattie del cuore, di alcune tipologie di tumori (prostata,
colon-retto, stomaco, per citare solo alcuni esempi), di diabete, morbo di
Alzheimer e molto altro.
Si apre quindi la parentesi delle diete
vegetariane (poiché ne esistono appunto più di una): non starò qui ad
elencarle, perché in ogni caso c’è bisogno del parere di una persona
specializzata. Ciò che però una persona può fare da subito è iniziare ad
introdurre nuovi piatti e nuovi ingredienti nella propria alimentazione,
tenendo o escludendo ciò che non piace o che gli crea disturbi digestivi.
Ognuno è fatto in modo unico e ciò che può fare bene ad una persona può essere
dannosa per un’altra: non resta dunque che provare e riprovare, essere curiosi.
Personalmente ho impiegato circa quattro mesi per individuare la mia “settimana
ideale”, con un menù più o meno stabile, in cui – come è ovvio – possono esserci
delle eccezioni.
Poi c’è la parentesi di coloro che adducono
pretesti, del genere “il mio corpo ha bisogno di questo e lo posso trovare solo
nella carne” o “io ho provato la dieta vegetariana, ma ho trovato i valori del
sangue fuori controllo”. È semplice: avete seguito male la dieta, oppure non
era quella adatta a voi. Per quanto riguarda i problemi di salute, un buon
medico saprà sempre offrirvi la giusta alternativa alla carne per risolvere il
vostro problema: inoltre, ormai esistono sul mercato un’infinità di prodotti
vegetariani che possono ampiamente sostituire l’apporto nutrizionale della
carne. Lo stesso vale per le donne in gravidanza: è un falso mito che si debba
per forza mangiare carne, è sufficiente farsi seguire dal medico e come si
rinuncia a fumo e alcool in gravidanza, così si può fare con la carne.
Bisogna solo volerlo e sì, spenderci del
tempo, ma dopotutto stiamo parlando di salute e di mangiare, qualcosa che
arricchisce la nostra vita non solo dal punto di vista fisico, ma anche dell’umore
e della socialità.
Quindi, la domanda che mi pongo sempre
è: posto che la ricerca scientifica ha confermato i pesanti danni provocati
dalle carni sulla salute, come si può continuare a mangiarla con la stessa
spensieratezza? Forse è un po’ come con le sigarette: si conoscono i danni
provocati dal fumo, ma è un vizio. Come però si può smettere di fumare o
ridurre il numero di sigarette giornaliere, così si può smettere di mangiare
carne e guadagnarci in salute.
L’aspetto etico
Il discorso appena fatto rientrava nella
parte razionale, quindi non si basava su nient’altro che la logica e la scienza.
Ma certamente esiste anche un’etica dietro il vegetarianismo, che ci dà la
misura di quanto possiamo in effetti definirci umani.
Gli animali sono in grado di provare
dolore e noi questo lo sappiamo, dunque provocarglielo è un atto deliberato di
malvagità nei confronti di un essere vivente, il cui diritto alla vita è stato
negato per un atto – il consumo alimentare – che è di fatto inutile all’esistenza
umana. In parole semplici, oggi si uccidono animali per un mero fattore di gola,
non per un reale bisogno.
Scegliere di non consumare carne muta
anche profondamente la nostra coerenza di individui e la nostra sensibilità. Praticare
il rispetto verso gli animali è un’ottima palestra di vita per riuscire ad
essere persone migliori anche con i nostri simili. Inoltre, la sensazione che
si prova, da vegetariano, davanti ad animali da macello è particolare: si
possono accarezzare vitelli, maiali e altri animali senza quel contrastante pensiero
per cui poi sappiamo che finirà a pezzi nel nostro stomaco.
La vera vittoria sarebbe quella di non
dover parlare, un giorno, di vite animali salvate, ma solo di animali che in
libertà condividono una vita pacifica in questa terra.
L’aspetto spirituale
Su questo punto si potrebbe parlare per
giorni, tanto più che è un tema che spesso tratto non solo in questo blog:
cercherò dunque di essere sintetico, fornendo al contempo una guida pratica per
ulteriori approfondimenti.
Nella storia dell’umanità ricorre spesso
il racconto di una mitica età dell’oro, che ha attraversato più o meno tutte le
antiche civiltà. Un tempo indefinito in cui l’essere umano viveva senza alcuna sofferenza
e non era necessario uccidere gli animali per sopravvivere. Così tramandavano,
per esempio, le tradizioni sumera, greco-romana e giudaica.
In seguito alla caduta e alla
degenerazione, l’essere umano cedette alla tentazione e cominciò a consumare
carne. Rimase però viva la tradizione di non mangiarla, che fu riproposta, per
esempio, in àmbito pitagorico, orfico, indù e buddhista: il concetto generale
alla base di ognuno di queste tradizioni è che non bisogna recare danno ad
alcun essere vivente. Per i pitagorici, sacrificare un animale era qualcosa di
empio, mentre il sacrificio puro non richiedeva altro che elementi come l’olio,
il miele, le focacce e la frutta.
Pitagora era vegetariano anche perché
credeva nella metempsicosi, ovvero che l’anima sopravvivesse alla morte fisica
trasmigrando in un altro corpo, fino a quando, iniziata alla verità divina, non
riscoprisse la propria origine superiore.
In àmbito giudeo-cristiano, vegetariani
erano nientemeno che Adamo ed Eva: l’umanità cominciò a mangiare carne solo in
seguito al diluvio universale, quando Dio concesse a Noè e alla sua famiglia di
cibarsi di carne. Questa decisione era mossa probabilmente dal fatto che il
diluvio avesse distrutto tutte le colture, quindi per necessità, un motivo che
ritorna anche nella cultura indù e che rappresenta piuttosto un’eccezione e non
la regola.
Lo capirono bene i monaci cristiani, che
nelle regole monastiche ridussero al minimo o del tutto il consumo di carne:
nella pratica, la realizzazione variò molto a seconda del monastero. Molti
uomini di Chiesa si accorsero però che non consumando carne era per loro più
facile comunicare con Dio, come se il consumo di carne potesse invece vincolare
l’essere umano alla materia. Non si trattava d’altra parte di una novità: già
pensatori antichi come Eraclito si ritiravano sulle montagne per meditare,
cibandosi solo di piante. O ancora, lo storico Giuseppe Flavio, in riferimento
alla comunità degli Esseni, scrisse: «Si tratta di un gruppo che segue un
genere di vita che ai Greci fu insegnato da Pitagora». Così altri gruppi
giudeo-cristiani, come i Catari, furono vegetariani, per ragioni legate al
concetto di purezza.
Il vegetarianismo di oggi si ispira
spesso a queste grandi figure e alle tradizioni a cui a loro volta fecero
riferimento: l’obiettivo è in parte quello di riuscire a recuperare la purezza
dell’età dell’oro, in cui l’umanità viveva nell’abbondanza e nella pace.
Il Buddha affermò: «Chi mangia carne
uccide il seme della grande compassione» (Buddha Sákyamuni, Mahāyāna Mahāparinirvāṇasūtra, Capitolo
VII). La superiorità dell’uomo non si dovrebbe esplicare nella schiavizzazione
e nell’uccisione di animali, ma proprio nella concezione opposta, che ne
garantisce la libertà e la convivenza pacifica con l’essere umano. Si tratta di
un atto materiale di compassione, che apre le porte ad una comprensione più
profonda dell’esistenza.
Commenti
Posta un commento
Grazie per aver visitato "La Voce d'Argento"! Condividi il tuo pensiero o lascia un commento: ogni opinione è importante e arricchisce la conversazione. Ti ricordo di rispettare le opinioni altrui e di evitare linguaggi inappropriati: i commenti sono moderati per garantire un ambiente costruttivo e piacevole. Buona lettura e grazie per il tuo contributo!