Sulla necessità di dare spazio al dubbio
Qualche giorno addietro, mi è
capitato di inserirmi in una discussione in merito all’efficacia dell’omeopatia.
A dire il vero, l’argomento di partenza era di tutt’altro genere, ma per una
ragione imprecisata, si è giunti a questo tema. Nel mio intervento non sono
affatto entrato nel merito; ho più che altro parlato di metodo. Raramente mi
ritrovo a commentare, ma ero stato mosso dall’arroganza, o supponenza, di una
persona.
La discussione è stata lunga
e infruttuosa – non che mi aspettassi il contrario – tuttavia ripropongo
alcuni concetti base.
Ho ritenuto arrogante il fatto
che il commentatore avesse enunciato di voler boicottare le farmacie che
vendono rimedi omeopatici, dal momento che ognuno deve essere libero di curarsi
e semmai di porre fine alla propria esistenza nella maniera che ritiene più
dignitosa e umana. E non è arroganza la mia – al contrario, come invece mi è
stato contestato – il voler affermare che non possa avvenire un boicottaggio,
poiché il principio di base è che tutti possano usufruire di tutte le alternative.
Una limitazione di scelta – diciamo così – è il vero errore e biasimo.
Una limitazione di scelta – diciamo così – è il vero errore e biasimo.
Questione omeopatia: anche se
essa fosse solamente acqua e zucchero (come era stato commentato con
saccenteria), nulla ci obbliga a giudicare (e nemmeno ad obbligare con il
divieto) le scelte altrui. Il commentatore ha proseguito affermando che nella
scienza le opinioni non contino (e ciò è già di per sé opinabile), ritenendo l’omeopatia
una bufala in quanto la chimica non riesce a spiegarne gli effetti. Ora, non ha
importanza che questi effetti siano reali o meno, proprio perché il nostro
metro di giudizio può arrivare solo fin dove abbiamo coscienza. Questo – si sottolinea
– ad ogni livello, tanto che il problema è semmai quello di ampliare la nostra sensibilità.
Oltretutto, se il commentatore
non fosse stato pretenzioso, a quel punto avrebbe potuto considerare gli esempi
passati in cui la scienza ha confermato fatti prima non rintracciabili: vuoi
per conoscenze, vuoi per parametri sbagliati, o persino condizioni sociali. Se
al contrario si esclude che questo processo sia reale (ovvero l’evoluzione/progresso
della scienza), allora si ritiene la scienza stessa un dato di fatto
indiscutibile (espressione fideistica che il commentatore escludeva e
confermava, nei fatti).
Seguirono commenti che mescolavano
opinioni personali ricoperte da “conoscenze chimiche […] incontestabili”
(sempre per rifarci a quella fede
intramontabile), tanto da essermi sentito in dovere di consigliargli di
scrivere queste verità in un personale “libro della vita”, in modo tale da
essere sicuro che i futuri discepoli non si aggrappino a nuove futili verità
(anche dette “scoperte”).
Più avanti si delineò una
dicotomia che non giovava a nessuno e verso la quale ho sentito l’esigenza di
intervenire, rifacendomi ad una metriotes
che – ho avuto conferma – non importa più a nessuno.
L’aspetto che mi ha fatto
sorridere è che credo che (a livello generale e teorico, s’intende) gli
scienziati stessi siano lontani anni luce dall’avere questa presunzione e
questa esigenza di produrre tali dicotomie: in fin dei conti, in ogni campo del
sapere seriamente affrontato, l’unico obiettivo dell’uomo è quello di trovare
soluzioni. Non di creare divisioni, e questo senza escludere conoscenze della
cui possibile utilità futura è sempre meglio non perdere il ricordo. Il mio
voleva essere un discorso di metodo, o meglio, di attitudine. In fin dei conti
non mi rivolgevo al singolo, ma ad un “modello”: quello dello scienziato ottuso
da un lato; quello del pifferaio magico, dall’altro. Nel rispetto delle
opinioni di tutti, rifiuto senza remore di correttezza quelle che sono le momentanee
certezze fattuali: esse non sono altro che presunzione, di fronte ad una realtà
in divenire, in cui l’uomo ha sola coscienza del vissuto e non ancora dell’ignoto.
Voler lasciare spazio al
dubbio non è affatto una questione di relativismo; è invece l’essenza stessa di
questa umanità. Certo possiamo affermare verità relative ad una determinata
epoca, ed oggi se ne possono riconoscere moltissime e in ogni àmbito, tuttavia
è bene avere coscienza su aspetti essenziali per l’esistenza stessa dell’uomo.
Lasciare spazio al dubbio, in definitiva, significa anche conservare intatto il
proprio aspetto spirituale. Per ogni persona che non lo avverte, o lo rifiuta
per ragioni personali, esiste almeno un’altra persona che a tale aspetto dà
significato e che per questo ha altrettanto valore di esistere. Con quale
arroganza si possa negare una possibilità dell’essere, fatico a comprenderlo, e
ne ho anzi grande timore.
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